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Una lettrice racconta: «L’azienda costruttrice è fallita, rischiamo di perdere la nostra casa»

Tribunale Gr 2023

ISTIA D’OMBRONE – Una casa pagata oltre 300mila euro e ora rischia di perderla. Una nostra lettrice, Maria Cristina Minichini, ci ha scritto per raccontare la propria storia. Di seguito le sue parole.

«Nell’anno 2008 abbiamo acquistato una casa in costruzione ad Istia d’Ombrone, nel comune di Grosseto. La casa fa parte di un complesso residenziale formato da 30 appartamenti. Per l’acquisto dell’immobile abbiamo dato un anticipo di 260 mila euro (suddiviso in varie trance in corso d’opera)».

«Per anni i lavori rimangono fermi, la ditta costruttrice non ha più soldi per andare avanti e noi insieme ad altre sette famiglie rischiamo di perdere tutti i soldi dati fino ad allora, l’unica soluzione è far subentrare, tramite tribunale, con un concordato, un procuratore fallimentare che ci permetterà nell’aprile del 2014 di effettuare i rogiti. Presenti all’atto il procuratore fallimentare e il notaio, firmiamo, con una postilla però: perché nel corso dei mesi antecedenti, veniamo a conoscenza che la ditta costruttrice non ha saldato il debito con i proprietari delle terre, quindi i nostri muri pagati sorgono su di un terreno che per legge risulta non essere il nostro».

«firmiamo perché siamo davanti ad un rappresentante dello stato il notaio e davanti ad un rappresentante del tribunale, quindi pensiamo di essere tutelati e per non rischiare di perdere tutto procediamo, versiamo i rimanenti 50mila euro (paghiamo il valore complessivo dell’appartamento compreso di terreno concordato al compromesso) alla società venditrice nascente dal decreto ingiuntivo emesso dal tribunale di Grosseto» prosegue la lettrice.

«Nel corso degli anni a seguire, i proprietari del terreno non trovando risposte dalla società costruttrice iniziale (ormai fallita), se la rifanno con noi e le sette famiglie, chiedendoci i soldi del terreno, nel mentre però il tribunale li liquida concedendo loro 13 appartamenti del complesso residenziale (che hanno venduto), riprendendo così tutto il valore della terra».

«In questi anni, seguiti da un avvocato affrontiamo diverse cause, sembra assurdo ma per la legge dobbiamo pagare, un anno fa le altre sette famiglie si accordano e a malincuore pagano cifre tra 30mila e 50mila euro; noi non ce li abbiamo, mettiamo in vendita la casa per poter pagare la nostra quota (€60.000), non vendiamo, le banche arrivano a concederci fino 45 mila euro, loro non accettano, non fanno sconti, le sentenze vanno avanti noi sembriamo avere sempre più torto, fino ad arrivare all’ultima del 24 aprile scorso: o paghiamo i 60mila euro di questa terra entro il 30 aprile 2024 o veniamo buttati fuori casa, fuori dalla nostra casa, tra l’altro ci vive mia mamma malata oncologica e mia sorella con una bambina di neanche due anni d’età».

«L’ufficiale giudiziario ci concede un altro mese di tempo fino al 30 maggio per lasciare la nostra casa, ma noi non ci arrendiamo, il 30 aprile stesso torniamo in banca e con l’aiuto di tutta la nostra famiglia riusciamo ad avere i 60mila euro richiesti, ma ci vogliono almeno 15 giorni per far sì che vengano accreditati, la settimana scorsa arrivano e tramite il nostro avvocato contattiamo questi signori per poter concludere la transazione, non rispondono! Il 30 maggio si avvicina, noi adesso abbiamo i soldi per concludere tutta questa situazione e rischiamo tra qualche giorno di essere buttati fuori casa per tutta questa cattiveria gratuita. Con tutti i soldi dati dove andiamo? Mi chiedo questa è la giustizia?» conclude Maria Cristina Minichini.

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