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Da Lorenzo Costa a Caravaggio al museo Orsini di Pitigliano la mostra Juana Coeli

Evento Terminato

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palazzo Orsini Pitigliano

PITIGLIANO – La Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello nel proprio Museo di Palazzo Orsini a Pitigliano, dal 16 settembre al 12 novembre 2023 ospiterà una mostra inedita e di grande spessore, dedicata alla figura del Battista interpretato da due opere reali di altrettanti autori di assoluto rilievo: Lorenzo Costa (1460-1535) e Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610). La mostra è stata organizzata dall’Ufficio beni culturali e museo di Palazzo Orsini della diocesi pitiglianese e curata da Roberta Lapucci, Storica dell’arte e restauratrice (www.robertalapucci.com).

L’inaugurazione sarà preceduta da una breve conferenza presieduta da S.E. Mons. Gianni Roncari vescovo diocesano alle ore 11 del 16 settembre presso la Sala Ildebrando (Piazza Fortezza Orsini, di fronte all’ingresso del museo). Dopo i saluti delle autorità seguiranno un intervento della curatrice e del Direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi Don Marco Monari.

La mostra è stata organizzata anche in anticipazione del V Convegno internazionale “Le porte del Mediterraneo”, sempre organizzato dalla Diocesi, dal 10 al 12 ottobre 2023.

Le due opere esposte vogliono concentrare lo sguardo, appunto, sulla scena del passaggio tra la promessa e il compimento, come anche tra il definitivo incontro tra il cielo e la terra che il Battista
proclama e indica in Gesù di Nazareth, Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo.

L’attenzione è concentrata sulle mani dei due soggetti, che indicano – da una parte con naturalezza e dall’altra con chiarezza – dove l’uomo deve concentrare l’attenzione, lo sguardo, la vita. È lo stesso Battista ad affermare: «Io non sono il Cristo» (Gv 1,20) e «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29).

Tuttavia, i due dipinti ammirati insieme, svelano una profondità e un senso teologico inauditi. Il Battista è il testimone dell’evento unico e irripetibile, in cui cielo e terra, realtà divina e umana, si
congiungono. Per sempre.

È anche quanto le grandi architetture basilicali dei primi secoli inizieranno a testimoniare. Il presbiterio, luogo della celebrazione del Mistero, sovrastato dalla cupola, diviene visione, proiezione e misura del congiungimento tra le due realtà divino-umana nel Cristo-Sacrificio e con Lui, nell’estensione, a tutta l’umanità.

San Giovanni di Lorenzo Costa (databile 1520-25, olio su tela) è di proprietà della Parrocchia di Porto Ercole e appena rientrato dalla mostra a Ferrara, Palazzo dei Diamanti (Rinascimento a Ferrara.

Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa, curata da Vittorio Sgarbi e Michele Danieli). Si tratta di un’opera di grande raffinatezza esecutiva. La scheda del dipinto è stata curata da Stefano L’Occaso.
Il Battista è seduto e con il braccio sinistro alzato con naturalezza, indica il cielo puntando curiosamente l’indice appena sopra la linea dell’orizzonte che marca il confine fra cielo e terra verso la quale alcune persone si sono messe in cammino, in un paesaggio luminoso, incorniciato da un arco di roccia.

L’opera, finora esposta nella chiesa di San Paolo della Croce a Porto Ercole, viene mostrata per la prima volta nel museo diocesano.

Il San Giovannino giacente attribuito a Caravaggio (databile 1609-10, olio su tela) appartiene ad una collezione privata maltese ed è tutt’oggi al centro di un dibattito critico e – questa – è la settima esposizione pubblica (Monte Santa Maria Tiberina, 2018; Giappone, 3 sedi, 2019-2020; Camaiore, 2021; Ragusa e Alba, 2022-2023; Pitigliano). L’opera è documentata già a partire dal 1641 quando si trovava nella Villa Medici di Poggio Imperiale, descritta come «quadro in tela entrovi un S. Giovanbattista nel deserto che giace sopra un panno rosso nudo di mano del Caravaggio […] lungo braccia 23/5 alto braccia 2 con sua copertina d’Ermesino verde» e con «a piedi di detto la croce di canna». Per ordine del Gran Principe, nel dicembre del 1698 fu inviato nel Palazzo dei Medici a Livorno; tornò poi a Palazzo Pitti in Firenze nel 1723. Con l’estinzione della casata Medicea, finì nell’oblio, finché non fu imbarcato per gli Stati Uniti d’America sulla nave Susquehanna, acquistato dal capitano Rittenhouse.

Nel 1860 Henry Benjamin Humphrey acquistò il San Giovannino da Rittenhouse a Boston ad un’asta pubblica e nel 2009 fu acquisito dall’attuale proprietario.

In questo San Giovannino l’attenzione è posta sulla postura giacente, naturale, e in particolare sull’indice della mano destra che accompagna delicatamente l’occhio, la mente e lo spirito verso un’altra realtà. Però, nel “caso” Caravaggio, lo sguardo è accompagnato poco sotto l’orizzonte, verso – potremmo dire – la realtà terrena, la carnalità (cf Gv 1,14: «Il Verbo si fece sarx»). Sono la carne, la profondità dell’uomo, la storia il luogo unico della salvezza.

Quindi, se da una parte gli autori sembrano chiarire e definire la natura del Cristo attraverso la figura del Battista e delle sue mani, dall’altra offrono l’opportunità di guardare alla realtà umana,
certamente debole, ma oggetto da sempre dell’amorevole e delicata attenzione di Dio che, anche mediante San Giovanni, indica nel Cristo-Figlio la via, la verità e la vita (cf Gv 14,6).

«Nel dispiegarsi delle immagini, i due Giovanni indicano insieme e aprono la comprensione alle parole stesse del Cristo: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 1,9-10)» conclude don Marco Monari direttore ufficio beni culturali della Diocesi.

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