
GROSSETO – «Dopo via Almirante a Grosseto, non sorprende che ora si voglia intitolare un’area verde anche a Giovanni Gentile, un altro protagonista del fascismo» a dirlo l’Anpi, comitato provinciale di Grosseto”Norma Parenti”.
«Perché non farlo, ci si potrebbe chiedere, se ormai si è imboccata la strada della riscrittura della storia, dove i carnefici diventano eroi e i complici del regime vengono celebrati? Gentile fu uno degli ideologi principali del fascismo, colui che teorizzò la subordinazione dell’individuo allo Stato totalitario e celebrò Mussolini come interprete della volontà etica nazionale. Fu il promotore e redattore del Manifesto degli intellettuali fascisti».
«Da ministro dell’Istruzione, nel 1923 firmò la riforma che porta il suo nome: autoritaria, classista, centrata sulla disciplina. Non assunse mai una posizione di critica pubblica nei confronti delle leggi razziali del 1938, fornendo così una copertura culturale a uno dei capitoli più vergognosi della storia fascista. Rimase fino all’ultimo un convinto sostenitore della dittatura. E allora, già che ci siamo, perché non ricordare con una targa anche un partigiano? Lucio Parigi, detto Gavroche, artista ma anche ardimentoso combattente, instancabile presidente dell’Associazione “Amici dei Garibaldini”, ha sempre trasmesso la sua vocazione alla libertà, conquistandosi rispetto e affetto da tutta la nostra comunità. Così, in una squallida operazione di “uno a me, uno a te”, si pongono fianco a fianco Almirante e Berlinguer, Gentile e Gavroche. Due per celebrare chi sostenne e legittimò il fascismo; due per ricordare chi, con coraggio, difese la democrazia e la libertà, durante la Resistenza e nella costruzione della Repubblica antifascista» prosegue Anpi.
«Un accostamento che travisa la storia e mescola valori opposti, trasformando la memoria in un inganno. Passo dopo passo – oggi un nome, domani un altro – si costruiscono narrazioni tossiche, destinate a insinuarsi nella coscienza collettiva. La toponomastica diventa così strumento per normalizzare il fascismo, offuscare la memoria e deformare la percezione dei cittadini e delle cittadine. Chi teme la verità storica appartiene alla parte sconfitta: quella che durante la Guerra di Liberazione si schierò contro la libertà, contro l’uguaglianza e contro i principi su cui si fonda la Costituzione. Il nodo resta sempre lo stesso: la legittimazione politica di chi ha seminato morte e terrore. Forze che sostennero Mussolini e, anche dopo il 1945, continuarono a insanguinare la Repubblica: Piazza Fontana, il treno Italicus, Brescia, Bologna…Stragi che ancora chiedono giustizia e memoria».
«Per questo è fondamentale conoscere la storia e distinguere chi da una parte costruì la democrazia con sacrificio, sangue e vita e chi dall’altra trascinò il Paese nel baratro e tenta ancora oggi di farlo. Lo vediamo nelle ostilità verso chi denuncia il genocidio a Gaza, nella criminalizzazione della Global Sumud Flotilla, nell’incapacità di riconoscere lo Stato di Palestina e nell’arroganza di fornire armi a chi commette crimini contro l’umanità. Una narrazione tossica serve a manipolare chi ignora il passato del nostro Paese; la narrazione autentica permette ai cittadini di essere critici, consapevoli e capaci di costruire un futuro di pace, più giusto e libero. La verità è scomoda. Comoda, invece, è la menzogna».