
ROCCASTRADA – Quella del maestro Camillo era un’orchestrina rinomata nella Roccastrada degli anni 40. Suonavano alle feste, ai matrimoni, dove si ballava. Violino, mandolino, chitarra. Tutti allievi del maestro.
La foto che vedete è stata scattata alla Pieve di Caminino, dove gran parte degli orchestrali vivevano. Partendo da sinistra si riconosce Patrizio Innocenti che suonava il mandolino, Franco Micheli con il banjo, Irmo Innocenti (nipote di Patrizio) con il violino, l’altro violino lo aveva il maestro Camillo, che aveva insegnato a suonare agli altri, Febo Ticci (banjo?) e infine Aldo Bencioli con la chitarra.
A inviarci la foto Angela Innocenti, figlia di Irmo. «Mio padre qui aveva circa 18 anni. Era nato nel ’21, quindi siamo a cavallo tra il 39 e il 40. Uno dei loro cavalli di battaglia era la canzone “Ambasciatore”».
«Quando si appassionò al violino la famiglia, i genitori, acquistarono lo strumento a fronte di grossi sacrifici, facendolo venire da Roma».
Quando scoppiò la guerra Irmo fu imbarcato per la Tunisia. «Le navi precedenti alla sua furono bombardate. Loro invece riuscirono ad attraccare, ma appena sbarcati furono fatti prigionieri e portati nel Marocco francese, verso Casablanca. Qui venivano fatti lavorare. Forse riuscivano a guadagnare anche qualcosa perché tutti assieme, i prigionieri italiani misero insieme i soldi per comprare da un marocchino un violino che mio padre suonava per allietare le serate di tutti. Quando la guerra finì e lo liberarono il violino lo riportò a casa con sé».
Irmo qualche anno dopo andò a lavorare nella miniera di Ribolla.
Se qualcuno sa qualcosa in più di questa fotografia o riconosce le persone ritratte può scriverci o contattarci a [email protected] o su whatsapp al 334.5212000.
Chi invece avesse vecchie immagini da mandare (anche degli anni 70-80-90) ce le invii per la nostra rubrica Maremma com’era ai contatti sopra. Raccontateci cosa ricordate di quella foto, chi sono le persone ritratte o a chi appartiene la fotografia. Raccontateci un pezzetto di quella Maremma com’era.
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