
TALAMONE – «Il progetto di rifacimento del porto di Talamone potrebbe comportare il blocco dell’attività della darsena per uno o due anni: ne consegue un potenziale danno economico complessivo stimato tra 3,2 milioni e 6,5 milioni di euro, con pesanti ripercussioni su tutta l’economia del Gioiello della Maremma». È quanto emerge da una simulazione realizzata dal Centro studi di Unimpresa basata sui 900 posti barca attualmente presenti nello scalo turistico della frazione di Orbetello, in provincia di Grosseto.
«Secondo i calcoli e le proiezioni, ipotizzando un tasso di occupazione stagionale medio dell’80% (pari a 720 barche attive) e un canone stagionale medio per ormeggio di 3.000 euro, il solo mancato incasso legato all’ormeggio ammonterebbe a 2,16 milioni di euro l’anno. A questi si aggiungono i servizi accessori connessi alla presenza delle imbarcazioni – come rimessaggio, manutenzione, carburante, cambusa, ristorazione ed escursioni – che generano una stima prudenziale di almeno 1.500 euro per barca all’anno, per un totale annuo di 1,08 milioni di euro. Il blocco dell’approdo per un solo anno determinerebbe quindi una perdita diretta e indiretta di circa 3,24 milioni di euro, mentre nel caso di due anni di cantiere, la cifra salirebbe a 6,48 milioni di euro, senza contare i danni d’immagine, l’impatto sul turismo, le perdite fiscali e le ripercussioni sulle attività commerciali della zona. I danni stimati per l’economia di Talamone si concretizzano in due direzioni principali: da un lato, la perdita diretta dei canoni di ormeggio, che rappresentano la voce più consistente delle entrate per l’intero sistema portuale e per le imprese concessionarie; dall’altro, la mancata attivazione dell’indotto economico generato dalle imbarcazioni, che ogni anno alimentano una rete di servizi locali — dalle officine nautiche ai rimessaggi, dai rifornimenti di carburante alla ristorazione, fino alla spesa alimentare e turistica. Ogni posto barca inattivo significa meno barche ormeggiate, meno personale impiegato, meno turisti in circolazione e quindi meno consumi sul territorio».
«La darsena di Talamone non è soltanto un’infrastruttura: è un volano economico fondamentale che sostiene decine di attività e famiglie. Il suo blocco, anche temporaneo, per uno o due anni, significherebbe mettere in ginocchio l’intero tessuto produttivo e sociale del borgo, già fragile e oggi messo alla prova da criticità strutturali mai risolte. Il progetto di rifacimento del porto, oltre a essere lungo e incerto nei tempi di realizzazione, correrebbe il concreto rischio di bloccare l’utilizzo della darsena di Talamone per almeno uno o due anni, paralizzando completamente l’attività nautica, turistica e sportiva che rappresenta la principale risorsa economica del Gioiello della Maremma. Un’eventualità gravissima per il tessuto sociale e imprenditoriale locale, già messo a dura prova da criticità strutturali irrisolte, come la frana sulla spiaggia del Cannone, la mancata messa in sicurezza della Rocca aldobrandesca e il degrado delle discese a mare, a cominciare da quella del Bagno delle donne. Invece di destinare risorse ed energie a un cantiere invasivo e divisivo, l’amministrazione comunale dovrebbe concentrarsi sulle emergenze reali che minacciano quotidianamente l’incolumità di residenti e villeggianti e compromettono il valore ambientale e culturale dell’intera area» spiega il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
«L’atteggiamento del Comune di Orbetello è ormai chiaro: non c’è alcuna volontà di mediazione, ma solo la determinazione cieca a portare avanti un disegno contestato da cittadini, imprese, associazioni e giudici. Altro che ripartenza condivisa: questo ricorso è la prova definitiva che chi governa Orbetello non intende costruire una soluzione equilibrata, ma vuole imporre un modello fallimentare, fondato sull’imposizione, sull’esclusione e sulla complicità con interessi di parte. Continueremo a denunciare ogni forzatura, ogni abuso, ogni tentativo di aggirare la volontà della legge e della cittadinanza. Questo territorio merita rispetto, non accanimento. La decisione della giunta Casamenti di impugnare la sentenza del Tar Toscana e ricorrere al Consiglio di Stato è un atto che sconcerta e indigna. Una scelta grave, che tradisce non solo la linea indicata dalla giustizia amministrativa, ma anche la parola data pubblicamente alla comunità locale appena pochi mesi fa. Il sindaco Andrea Casamenti e l’assessore Luca Teglia, all’indomani della pronuncia del Tar che ha annullato l’intera procedura per la trasformazione del porto di Talamone, avevano parlato di nuovo dialogo e coinvolgimento di tutti gli operatori. Parole che oggi suonano vuote, alla luce dell’appello presentato dal Comune insieme alla Società Porto Turistico di Talamone, la stessa società che i giudici avevano ritenuto favorita da una procedura “radicalmente illegittima”. Continuare a difendere in sede giurisdizionale ciò che è stato sonoramente bocciato sul piano della legalità, della trasparenza e della correttezza amministrativa è una sfida al buonsenso. È l’ennesima dimostrazione che l’amministrazione comunale ha scelto di ignorare la realtà dei fatti, continuando a forzare la mano pur di portare avanti un progetto che esclude l’80% degli attuali operatori e rischia di bloccare il porto per anni, con danni economici incalcolabili per l’intera comunità» aggiunge il presidente di Unimpresa.