
GROSSETO – «Avevo 12 anni quando mio fratello è stato ucciso» così Lara Palazzoli, presente oggi in piazza Dante per la Festa della Liberazione, ha raccontato, commossa, la morte del fratello Elvio, oltre 80 anni fa.
«Lo stavamo cercando con mia madre. Mi sono affacciata dalle Mura in fondo a via Solferino e ho visto i pantaloni grigi di mio fratello. Il volto era coperto con il giornale. I tedeschi l’hanno ammazzato; l’hanno ferito e gettato ancora vivo di sotto dalle Mura. Chi abitava vicino l’ha sentito chiamare “mamma” prima di morire».
È un ricordo vivido quello di Lara. A dispetto di tanti anni il dolore pulsa ancora sotto la sua pelle sottile. Si appoggia a Giuseppe Corlito, a cui ha consegnato le sue memorie che sono diventate un libro. Gli occhi sono liquidi, delle molte lacrime piante. Ma la voce riesce ad uscire asciutta e chiara, mentre viene travolta da quelle stesse emozioni. 92 anni, forse il corpo non sempre risponde, ma la sua mente lucida non vacilla.

Il ricordo va indietro. «Mio fratello era un militare, ma era scappato l’8 settembre da vicino Savona, dal fronte italo-francese. Era arrivato a piedi sino a Grosseto. Qualcuno, durante il tragitto, gli aveva dato degli abiti civili per non rischiare se avesse incontrato i tedeschi. Camminò da Albenga a Grosseto. A piedi. Noi eravamo nascosti al rifugio e venne a trovarci. A maggio è entrato tra le fila dei partigiani. Il 14 giugno è stato ucciso. Ricordo che mia mamma era andata a prendere il carbone in San Martino. Mi chiese se mio fratello avesse dormito a casa ma io non l’avevo visto. Dormivamo in tre in una stanza. L’avrei visto».
«Quando è venuto ho detto che mamma lo cercava. Elvio però ha detto che andava a fare il suo dovere di militare: “Ho giurato: vado a difendere Grosseto per difendere anche voi” ha detto. Alle nove e mezzo hanno detto che erano passati i tedeschi, che la guerra per noi era finita. La mia mamma mi ha preso per mano, io dodicenne, mi ha detto “Lara andiamo a cercare Elvio”. Siamo passati in fondo a via Solferino e arrivati in fondo alle Mura abbiamo girato verso piazza del Sale».

«Lì c’era un partigiano che mi pare si chiamasse Paolo. Era corponi, aveva una bomba in mano e dietro un fucilino che sembrava quello dei bambini. L’ho girato e non era Elvio. Siamo saliti alla Cavallerizza e siamo andati verso via Solferino passando per andare alle carceri. Quando sono stata lungo il muro mi sono affacciata alle Mura e ho visto di sotto mio fratello. Ho riconosciuto i suoi pantaloni grigi. Sopra il viso aveva un giornale. Una volta a casa sono scappata e sono andata alla chiesa di San Pietro nel corso. Ricordo il funerale, le sei bare sul camion e io dietro. Poi sono svenuta».
«Cosa provo in un giorno come quello di oggi? Oggi è la giornata più bella della mia vita».
(nella foto sotto Lara e il giovane Baptiste Guyon promotore del Comitato antifascista studentesco)
