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Il centro storico di Grosseto, il grande assente

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Il centro storico di Grosseto, il grande assente
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C’è un grande assente nella narrazione di Grosseto. Ed è il suo centro storico.

Non perché non esista, ma perché da troppo tempo sembra aver perso l’orientamento. Non ha un’identità riconoscibile, non ha un progetto, non ha una visione. E nel marketing, come nella vita, se non sai chi sei, fai fatica a convincere chiunque.

In un momento in cui i centri storici dovrebbero essere la carta d’identità di una città – la parte più autentica, più vissuta, più simbolica – quello di Grosseto appare spento. Non completamente morto, certo, ma sicuramente smarrito. Passeggi per le vie principali e ti accorgi che c’è qualcosa che non torna: troppi fondi sfitti, troppe serrande abbassate, troppi locali che aprono e chiudono in un soffio. È il segnale di un ecosistema commerciale che non riesce più a sostenersi.

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Una politica commerciale disorientata

In questi anni si è provato un po’ di tutto: bandi, sgravi, eventi, arredi, luci, qualche kermesse. Ma tutto in ordine sparso, senza un piano organico. La politica commerciale del centro è sembrata più una collezione di tentativi che una strategia. Nessun posizionamento chiaro, nessun racconto convincente da offrire a cittadini e visitatori. Si è cercato di rianimare il paziente, senza chiedersi quale fosse la diagnosi.

Nel frattempo, fuori dalle mura il mercato corre: centri commerciali, supermercati, catene. Diciamolo chiaramente: la gente va al centro commerciale perché sa cosa trova. Ha parcheggio, negozi conosciuti, aria condizionata e – cosa non da poco – un’identità coerente. Non deve piacerti, ma sai cosa aspettarti.

Il centro storico di Grosseto, invece, non promette nulla. Non è accogliente, non è comodo e in alcuni angoli neppure troppo bello. E questo, nel 2025, con un cliente sempre più selettivo, semplicemente non basta.

No, non è solo una questione di concorrenza sleale. È anche – e forse soprattutto – un problema di attrattività. Se il centro non propone un’esperienza diversa e memorabile, non ha speranze di competere. Non bastano le luci a Natale, serve una narrazione che duri tutto l’anno.

La vera emergenza è l’identità

Il problema più profondo del centro storico di Grosseto non è economico. È identitario. Il centro non ha ancora deciso cosa vuole essere. Un salotto culturale? Una galleria commerciale a cielo aperto? Qualsiasi cosa va bene, purché sia chiara. Invece oggi il centro è tutto e niente. Un contenitore in cerca di contenuti.

Guardiamoci attorno. In Toscana ci sono esempi virtuosi che dimostrano quanto conti avere una visione. Peccioli, piccolo paese noto per una discarica trasformata in leva culturale, turistica ed economica. Pistoia, rilanciata con cultura, verde urbano e qualità dell’offerta. Lucca, che da anni ha fatto del centro un salotto vivo. Colle di Val d’Elsa, che ha riscoperto dignità puntando su artigianato e narrazione. Hanno fatto delle loro peculiarità una forza. Hanno deciso chi volevano essere.

Soluzioni vere. Solo tre. Ma fatte sul serio

Basta con le liste infinite. Se vogliamo cambiare le sorti del centro storico di Grosseto, servono pochi obiettivi chiari, misurabili e immediati. Tre. Ma veri.

1. Taglio netto ai “negozi-fotocopia”
Serve un regolamento commerciale che dica chiaramente cosa può aprire in centro e cosa no. Niente più bar-fotocopia, niente più bazar generalisti, niente attività “mordi e fuggi” che svalutano l’identità urbana. Chi vuole entrare nel cuore della città deve portare un’idea forte. Il centro non è una zona franca: è un luogo selettivo, e dev’essere trattato come tale.

2. Un piano per riportare le persone a vivere e lavorare in centro
Il centro può rinascere solo se torna ad essere vissuto tutti i giorni, non solo nei weekend. Servono agevolazioni fiscali, affitti calmierati, incentivi per studi, coworking, botteghe, laboratori. Riportiamo funzioni vive dentro le mura. Senza gente, nessun centro funziona. Nemmeno il più bello.

3. Un’identità tematica forte, riconoscibile, ricorrente
Non servono dieci iniziative una diversa dall’altra, né eventi mordi e fuggi messi su in fretta. Serve una scelta chiara di posizionamento tematico per il centro storico. Qual è il suo tratto distintivo? Cultura? Artigianato? Cibo? Design? Qualsiasi cosa va bene, purché sia coerente e riconoscibile. Solo così si può costruire una programmazione continua, solida, ricorrente, fatta di eventi che non siano episodi isolati, ma parte di un racconto più grande. Un’identità che metta in rete chi lavora nel centro, che attragga pubblico da fuori e che dia finalmente senso a ogni iniziativa. Perché un centro con un’identità chiara non ha bisogno di stupire ogni mese: basta che sia sé stesso, sempre. 

O si cambia o si perde

Non possiamo più accontentarci di piccoli ritocchi estetici o slogan pieni di entusiasmo e vuoti di contenuti. Se il centro di Grosseto non cambia pelle ora, non lo farà mai più. E lo archivieremo come una bella occasione persa. 

Ma, sia chiaro: non può dipendere solo dalla politica. Le istituzioni possono contribuire a dare una direzione. Ma poi serve anche l’iniziativa privata. Serve che chi ha idee le metta in campo. Che chi ha fondi sfitti apra alla sperimentazione. Che i commercianti si mettano in rete. Che la cittadinanza torni a vivere il centro come luogo proprio.

Serve un cambio di mentalità collettivo. Non possiamo continuare a dire che “non c’è nulla” se poi, quando c’è qualcosa, non ci andiamo. Il centro non si salva da solo. Ma nemmeno lo salverà un regolamento o una campagna di Natale.

Lo salviamo tutti insieme.
O lo perdiamo tutti insieme.

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Marketing Antipatico

In questa rubrica parliamo di come l’innovazione può prendere forma in modi inaspettati, scoprendo le storie e le persone che la rendono possibile. Perché innovare non è solo un compito per le grandi multinazionali: è qualcosa che può partire da chiunque, anche dal tuo angolo di mondo. Restate sintonizzati, e chi lo sa? Magari la prossima grande idea potrebbe arrivare proprio da voi. Hai qualche riflessione da condividere? Scrivimi a [email protected]

Marco Gasparri, 49 anni, è il Managing Director di Studio Kalimero. Formatosi nel settore del marketing, dalla fine degli anni Novanta si dedica con successo a costruire percorsi per dare valore alle imprese e può contare su un’esperienza con centinaia di aziende nel pubblico e nel privato. Creativo, poliedrico e razionale, ha collaborato con agenzie nazionali, ha lavorato in Toscana e in Italia e ha dato vita nel 2000 a Studio Kalimero, riuscendo sempre ad anticipare le istanze economiche della società e a creare servizi e prodotti adatti al mercato.

Formatore, spin doctor, consulente politico, marketing strategist, esperto in tecniche di comunicazione, business coach ha firmato numerosissime campagne di successo: Marco Gasparri è tra i professionisti più accreditati nel campo della promozione non solo in Toscana.

Marco Gasparri
17 Aprile 2025 alle 6:00
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