
Viviamo in un’epoca in cui ogni prodotto, per attirare l’attenzione, si auto-incorona premium. Un tempo il lusso si distingueva per qualità, materie prime, esclusività. Oggi basta un’etichetta nera, una scritta dorata e un nome altisonante per giustificare un prezzo più alto.
Il risultato? L’inflazione del lusso. Un mercato in cui premium non significa più nulla, perché ormai tutto è premium. Ma se tutto è premium, niente è premium.
E questa non è solo una questione di parole: è un problema di credibilità.
L’invasione del premium marketing
Oggi il marketing si basa sempre più sulla suggestione e sempre meno sulla sostanza. Ci siamo abituati a prodotti e servizi che cercano di sembrare migliori solo attraverso il linguaggio, senza migliorare davvero. Ecco alcuni esempi lampanti:
- L’acqua “deluxe” – Sì, avete letto bene. Acqua. La stessa che esce dal rubinetto, ma con una bottiglia più pesante e un nome evocativo.
- Il caffè “exclusive blend” – A volte è lo stesso caffè che compravamo prima, solo con una confezione più scura e un prezzo più alto.
- La pizza “gourmet” – Basta aggiungere un ingrediente insolito e il prezzo può salire alle stelle.
- Gli hotel “luxury experience” – Se devi specificare che offri lusso, forse non lo offri davvero.
Ma il peggio non è solo nel cibo o nei servizi. Oggi tutto viene trasformato in un’esperienza esclusiva, persino gli oggetti di uso comune:
- Carta igienica “supreme softness” – Quella normale ora non è abbastanza morbida?
- Crocchette gourmet per cani – Perché anche Fido deve avere una dieta da chef stellato.
- Lampadine “premium light” – Non fanno più solo luce, ora offrono un’esperienza illuminante (letteralmente).
Siamo arrivati al punto in cui persino le cose più semplici hanno bisogno di un’aria di superiorità. Ma il problema è chiaro: se tutti i prodotti si definiscono premium, nessuno lo è davvero.
Se devi scriverlo, non lo è
La regola è semplice: più un brand ha bisogno di dichiarare la sua esclusività, meno è credibile.
Guardiamo i marchi veramente di lusso. Apple non scrive “Luxury iPhone” sulla scatola. Rolex non tappezza i suoi orologi con scritte dorate che dicono “Prestige Collection”. Ferrari non ha bisogno di specificare che è premium: lo si capisce da ogni dettaglio. Non vendono un’etichetta, vendono un’esperienza percepita.
Al contrario, quando un brand inizia a usare parole come exclusive, premium, luxury, spesso sta cercando di coprire una mancanza di sostanza. Se un ristorante deve ripetere ovunque che è gourmet, è perché non lo capisci dal piatto. Se un hotel si presenta come “Luxury Resort”, probabilmente ti aspetta un materasso scomodo e un minibar sovrapprezzato.
Il consumatore moderno non è stupido. Ormai siamo tutti assuefatti a questi termini e ci siamo sviluppati una sorta di immunità. Leggere premium su un pacco di biscotti non ci impressiona più, anzi, spesso genera il sospetto opposto: cosa stanno cercando di vendermi esattamente?
Vuoi essere premium? Dimostralo.
Se un brand vuole essere percepito come esclusivo, deve costruire il proprio valore su basi reali, non su parole vuote.
1️ Dimostrare il valore, non proclamarlo
- Se un prodotto è davvero di qualità, lo capisci dal design, dai materiali, dall’esperienza d’uso. Non ha bisogno di scritte dorate o packaging appariscenti.
2️ Essere coerente su ogni punto di contatto
- Se vendi un servizio di lusso, anche il customer service deve essere all’altezza. Non puoi definirti premium e poi avere un servizio clienti che risponde dopo 40 minuti di attesa con un messaggio automatico.
3️ Evitare il linguaggio inflazionato
- Se tutti dicono premium, tu distinguiti con la concretezza. Parla di qualità, di esperienza, di dettagli reali. Il vero lusso si riconosce, non ha bisogno di essere dichiarato.
Un prodotto premium non è tale perché lo dice l’etichetta, ma perché il cliente lo percepisce come tale. E se il tuo cliente ha bisogno di chiedersi cosa renda il tuo prodotto speciale, allora probabilmente non lo è.
Il marketing antipatico dice:
La credibilità di un brand non si costruisce con parole ad effetto, ma con la realtà dei fatti. Se hai bisogno di scrivere premium su ogni prodotto per farlo sembrare speciale, forse dovresti chiederti se lo è davvero. Perché il vero lusso non urla: si fa riconoscere.
Marketing Antipatico
In questa rubrica parliamo di come l’innovazione può prendere forma in modi inaspettati, scoprendo le storie e le persone che la rendono possibile. Perché innovare non è solo un compito per le grandi multinazionali: è qualcosa che può partire da chiunque, anche dal tuo angolo di mondo. Restate sintonizzati, e chi lo sa? Magari la prossima grande idea potrebbe arrivare proprio da voi. Hai qualche riflessione da condividere? Scrivimi a [email protected]
Marco Gasparri, 49 anni, è il Managing Director di Studio Kalimero. Formatosi nel settore del marketing, dalla fine degli anni Novanta si dedica con successo a costruire percorsi per dare valore alle imprese e può contare su un’esperienza con centinaia di aziende nel pubblico e nel privato. Creativo, poliedrico e razionale, ha collaborato con agenzie nazionali, ha lavorato in Toscana e in Italia e ha dato vita nel 2000 a Studio Kalimero, riuscendo sempre ad anticipare le istanze economiche della società e a creare servizi e prodotti adatti al mercato.
Formatore, spin doctor, consulente politico, marketing strategist, esperto in tecniche di comunicazione, business coach ha firmato numerosissime campagne di successo: Marco Gasparri è tra i professionisti più accreditati nel campo della promozione non solo in Toscana.