
GROSSETO – Pierpaolo Micci, segretario generale di Filcams Cgil, valuta il quadro di riferimento del comparto turistico in provincia di Grosseto, dove le imprese continuano ad avere problemi a reperire personale con competenze specifiche per la stagione.
«Le aziende del comparto turistico della provincia di Grosseto – spiega Pierpaolo Micci – continuano ad avere un elevato livello di difficoltà a trovare addetti qualificati da assumere. Valutata dal punto di vista di chi rappresenta i lavoratori dipendenti come Filcams, questa difficoltà ormai strutturale e di medio/lungo periodo ha più di una causa. Dal momento che oramai il reddito di cittadinanza è stato abolito da tempo, mi pare evidente che diminuire i percettori di sostegno al reddito e abbattere il tetto del contributo si sia rilevato sostanzialmente ininfluente rispetto al problema delle assunzioni. C’è poi una questione generazionale, che dipende dalla forte contrazione di giovani lavoratori in termini demografici e incide pesantemente sullo stock dell’offerta di lavoro».
«Ma soprattutto – aggiunge il sindacalista di Filcams – mi pare che il vero tema sia quello della bassa attrattività del comparto turistico per chi cerca lavoro. Stagionalità sempre più breve, ammortizzatori sociali ridotti alla metà del periodo di contrattualizzazione, bassi livelli retributivi e orari spezzati oltre che disagevoli, dal dopo cena al weekend, vengono evidentemente percepiti come ostacoli a lavorare in ambito turistico. I contratti collettivi nazionali di lavoro, che meno male ci sono, mitigano purtroppo solo in parte la perdita di potere d’acquisto dei salari per le resistenze dei datori di lavoro ad alzare i tetti delle retribuzioni».
«Questa situazione, a sua volta, mette in evidenza un altro tema. Il turismo, al quale è ascrivibile l’11-12% del prodotto interno lordo nazionale, produce evidentemente valore aggiunto. Solo una parte residuale del quale però viene redistribuita ai lavoratori che ne determinano il successo».
«Infine – conclude Micci – al netto di diverse realtà solide e sane che rispettano le regole, c’è un problema di competitività del nostro territorio nell’attrarre personale qualificato, dovuto prevalentemente ai livelli retributivi e al dumping contrattuale col ricorso a contratti “pirata”. Molti lavoratori specializzati, infatti, a parità di mansione e di inquadramento contrattuale guadagnano di più se emigrano in altri territori a vocazione turistica della Toscana, o di fuori Regione. Penso alle province di Siena e Livorno, o a quelle della Riviera adriatica. Le persone cercano lavoro, e noi lo vediamo con gli open e recruiting day dai quali dirottiamo molte persone all’ente bilaterale per il turismo. Per cui la narrazione che dalle nostre parti prevale, col racconto di troppe persone poco disponibili a lavorare, mi pare sia piena di falle. Perché descrive una realtà immaginata, ma non realistica. Non a caso sol il 50% degli studenti del turistico-alberghiero, conclusi gli studi, poi lavora nel comparto turistico. Ma, dopo due anni, la metà di questi cambia proprio ambito lavorativo, oppure si trasferisce in altre zone fuori provincia».