
GROSSETO – Immaginate la scena: l’ufficio è in piena attività. C’è chi scrive relazioni, chi risponde a mail, chi compila fogli di calcolo. Ma dietro lo schermo di molti computer, c’è un alleato segreto, silenzioso e potentissimo: l’intelligenza artificiale. Già, perché oggi più di quanto si creda, nelle imprese si lavora a braccetto con l’AI, ma spesso lo si fa di nascosto.
Molti dipendenti stanno utilizzando strumenti come ChatGPT, MidJourney o software di automazione per migliorare il proprio lavoro. Redigere documenti, risolvere problemi tecnici, persino trovare idee creative: l’AI può fare tutto questo in una frazione del tempo. Ma perché allora lo si fa in segreto?
La risposta sta nella paura. Paura che l’azienda li giudichi pigri o che interpreti l’uso dell’intelligenza artificiale come un segnale di scarsa competenza. O peggio ancora, paura che il proprio lavoro diventi superfluo e che il capo decida di rimpiazzarli con una macchina. Così, tra un clic e l’altro, l’intelligenza artificiale diventa un’alleata clandestina, un moderno “amico invisibile”.
Questo fenomeno mette in luce una dinamica interessante: i dipendenti spesso vedono l’AI come una risorsa per semplificare la loro routine, mentre i datori di lavoro temono che essa possa minare la percezione dell’impegno umano. Ma allora, a chi giova questo clima di sospetto? Certamente non alle aziende che, inconsapevolmente, frenano l’innovazione interna.

L’ipocrisia delle aziende: AI sì, ma non troppo
Eppure, l’ironia è lampante. Molte aziende stanno investendo milioni di euro in soluzioni di intelligenza artificiale per automatizzare processi, ridurre costi e migliorare l’efficienza. Ma quando è un dipendente a introdurre l’AI nel suo flusso di lavoro, il discorso cambia: “Non ci si fida della tecnologia”, “Non è approvato dall’alto”, “Non sappiamo se è etico”.
Il paradosso è che spesso il dipendente, nel suo piccolo, sta facendo ciò che ogni bravo manager dovrebbe fare: innovare, migliorare la produttività, risparmiare risorse. Ma anziché essere applaudito, rischia di essere messo sotto accusa. Pensate a quante ore di lavoro vengono risparmiate grazie a un tool che analizza i dati in pochi minuti o a un software che genera contenuti in modo rapido. Eppure, molti preferiscono nascondersi e fingersi più lenti e meticolosi di quanto realmente siano.
Inoltre, questa “AI nascosta” genera un’altra problematica: le aziende perdono l’opportunità di standardizzare e ottimizzare l’uso di queste tecnologie. Invece di formare il personale e integrare gli strumenti in modo strategico, si lascia che tutto avvenga nell’ombra, perdendo controllo e potenziale.
Un problema culturale: il tabù dell’efficienza tecnologica
Alla base di questa dinamica c’è un problema culturale. In Italia, ma non solo, l’idea che “lavorare tanto” coincida con “lavorare bene” è ancora profondamente radicata. Chi utilizza l’AI per fare in due ore ciò che altri impiegano una giornata intera viene spesso visto con sospetto, come se stesse barando.
E qui sta il grande paradosso del nostro tempo: mentre le aziende parlano di innovazione e digital transformation, sono spesso le prime a ostacolare l’adozione di strumenti che potrebbero realmente fare la differenza. Si preferisce il controllo alla crescita, la tradizione alla trasformazione.
Cosa possiamo imparare e cosa possiamo cambiare
Questa realtà ci racconta due cose fondamentali. Primo, che l’intelligenza artificiale non è un futuro lontano: è qui, ora, e sta già trasformando il modo in cui lavoriamo. Secondo, che molte aziende non sono pronte ad accettare questo cambiamento. Invece di abbracciare l’innovazione, preferiscono nascondersi dietro paure e pregiudizi.
La verità è questa: l’AI non è un nemico. È uno strumento, e come ogni strumento, il suo valore dipende da come lo si utilizza. I dirigenti dovrebbero iniziare a creare ambienti di lavoro dove i dipendenti si sentano liberi di sperimentare con l’intelligenza artificiale, senza paura di ritorsioni. E i dipendenti, dal canto loro, dovrebbero essere più trasparenti sull’uso di queste tecnologie, dimostrando come possono portare benefici concreti.
Le imprese che comprenderanno l’importanza di integrare l’intelligenza artificiale nel lavoro quotidiano non solo saranno più competitive, ma avranno anche una forza lavoro più motivata e consapevole. Formare i dipendenti all’uso di questi strumenti, valorizzarne i risultati e renderli parte attiva della trasformazione è il primo passo per costruire un futuro in cui tecnologia e umanità coesistano in armonia.
In un mondo in cui l’AI è destinata a diventare sempre più centrale, il vero vantaggio competitivo non sarà avere accesso alla tecnologia, ma saperla utilizzare nel modo giusto. Questo richiede una leadership coraggiosa, disposta a mettere in discussione i vecchi paradigmi e ad abbracciare il cambiamento.
Il lavoro non sarà mai più lo stesso. E forse è ora di smettere di pensare all’intelligenza artificiale come a una minaccia e iniziare a vederla per quello che è: una straordinaria opportunità. Ma per farlo, dobbiamo cambiare mentalità, accettare il cambiamento e soprattutto smettere di nasconderci. L’AI è qui per restare. La domanda è: siamo pronti a collaborare con lei alla luce del sole?
Marketing Antipatico
In questa rubrica parliamo di come l’innovazione può prendere forma in modi inaspettati, scoprendo le storie e le persone che la rendono possibile. Perché innovare non è solo un compito per le grandi multinazionali: è qualcosa che può partire da chiunque, anche dal tuo angolo di mondo. Restate sintonizzati, e chi lo sa? Magari la prossima grande idea potrebbe arrivare proprio da voi. Hai qualche riflessione da condividere? Scrivimi a [email protected]
Marco Gasparri, 49 anni, è il Managing Director di Studio Kalimero. Formatosi nel settore del marketing, dalla fine degli anni Novanta si dedica con successo a costruire percorsi per dare valore alle imprese e può contare su un’esperienza con centinaia di aziende nel pubblico e nel privato. Creativo, poliedrico e razionale, ha collaborato con agenzie nazionali, ha lavorato in Toscana e in Italia e ha dato vita nel 2000 a Studio Kalimero, riuscendo sempre ad anticipare le istanze economiche della società e a creare servizi e prodotti adatti al mercato.
Formatore, spin doctor, consulente politico, marketing strategist, esperto in tecniche di comunicazione, business coach ha firmato numerosissime campagne di successo: Marco Gasparri è tra i professionisti più accreditati nel campo della promozione non solo in Toscana.