PUNTONE – «Sarà una battaglia lunga e una lotta dura». Riccardo Tosi, Rsu Cgil, con poche parole riassume nel suo intervento la crisi che sta vivendo ormai da tempo la Venator del polo industriale del Casone. La situazione della fabbrica di biossido di titanio a Scarlino è stata analizzata oggi durante la seduta del consiglio comunale aperto e dedicato proprio alla vertenza Venator (le foto sono curate da Giorgio Paggetti).
Un consiglio comunale molto partecipato che ha visto la presenza dei lavoratori dello stabilimento del Casone, i rappresentanti dei sindacati e anche tanti amministratori delle Colline Metallifere: erano presenti, oltre al sindaco di Scarlino Francesca Travison e a tutto il consiglio comunale, i sindaci di Gavorrano, Massa Marittima, Follonica, Monterotodno Marittimo Stefania Ulivieri, Irene Marconi, Matteo Buoncristiani, Giacomo Termine, il vicesindaco di Roccastrada Stefania Pacciani, il vicepresidente provinciale Valentino Bisconti, e assessori e consiglieri comunali di tutti i comuni, l’onorevole Marco Simiani.
Tutti hanno espresso grande preoccupazione, ma anche la ferma convinzione di non poter gettare la spugna e continuare a chiedere da una parte garanzia all’azienda e dall’altra aprire tavoli istituzionali di confronto con Regione e Ministero. Certo il tempo non aiuta perché a gennaio gli ammortizzatori scoiali finiranno il futuro dei lavoratori, più di 200, rimane molto incerto.
«Sappiamo – ha detto il sindaco Travison – che le decisioni di un’azienda privata sfuggono spesso al controllo delle istituzioni. Ma questo non ci impedisce di mantenere alta l’attenzione, di attivare tutti i canali disponibili e di gridare il nostro dissenso. Voglio condividere con tutti voi due azioni da fare nell’immediato per far arrivare il nostro messaggio al Cda di Venator. Prima, non fermiamo qui la discussione. Organizziamo consigli comunali aperti ogni due o tre settimane, ospitati a rotazione in tutti i Comuni della zona. Tenere alta l’attenzione è la nostra arma più potente. Seconda, scriviamo una lettera aperta alla direzione generale di Venator. In quella lettera dobbiamo esprimere con forza la nostra contrarietà alla chiusura dello stabilimento, la nostra indignazione per il silenzio in cui ci hanno lasciati, e la nostra pretesa di risposte chiare».
«Se l’azienda vuole vendere – ha aggiunto Travison -, che lo dica apertamente. Se ci sono trattative in corso, che ci informi. Se Venator non crede più nel nostro territorio, che lasci spazio a chi è pronto a investire con coraggio e visione. Se invece vuole rimanere, che lo dimostri: riavviando subito l’attività, richiamando i lavoratori, investendo nel futuro. Questa incertezza deve finire. E finché non avremo risposte, continueremo a farci sentire: qui, nei nostri Comuni, a Roma, e ovunque sia necessario per amplificare la nostra voce. Questo territorio ha bisogno dell’industria, così come ha bisogno del turismo. Sono due anime che devono convivere, non in opposizione, ma in equilibrio. Come amministratori, abbiamo già dimostrato il nostro impegno, anche prendendo decisioni difficili. Ora tocca a Venator fare la sua parte».