
SATURNIA – «Non ce la faccio più, sono in sedia a rotelle da un mese e la situazione è ancora bloccata» Giovanna, 53 anni di Saturnia, comune di Manciano, racconta piangendo la situazione assurda di burocrazia kafkiana in cui si trova a vivere dal 21 di ottobre.
Un mese in cui ha perso totalmente la propria autonomia a causa di una protesi sbagliata e che non può usare.
«Nel 2018 ho subito l’amputazione della gamba destra – racconta – ho una protesi della parte di arto mancante». Alla protesi si aggiunge quello che si chiama invaso, ossia quella parte che unisce il moncone alla protesi e che, soggetta a usura, viene rifatta ogni sei mesi.
«Ho fatto la nuova invasatura in un centro protesi specializzato di Viterbo, poi, come è da procedura, sono andata dal fisiatra per il collaudo, ma il fisiatra mi ha detto che l’invasatura è fatta male, e che non dovevo portarla. Ovviamente non ha dato il via libera e la situazione si è completamente bloccata».
Il centro protesi vuole il pagamento del lavoro fatto (che ammonta a quasi 4mila euro) e non accetta di riprendersi la protesi e farne una nuova a proprie spese visto che quella fatta è sbagliata. Di contro la Asl non paga per una protesi che non ha passato il collaudo.
«Sono andata a informarmi a un altro centro ma risulta che c’è questa invasatura in corso e quindi non possono rifare il lavoro. Abbiamo provato a parlare con il centro protesi “veniamoci incontro in qualche modo” abbiamo detto ma ci siamo trovati di fronte un muro. Io sono bloccata in sedia a rotelle da un mese e sono disperata. La Asl continua a mandarmi da un ufficio all’altro e nessuno mi dice che devo fare. Ho questa protesi che non va bene per me, non posso usarla e non so a chi portarla, come restituirla. A Viterbo non ne vogliono sapere, per loro il lavoro è stato fatto, e vogliono il pagamento della Asl».
Alla fine, vaso di coccio tra vasi di ferro, a rimetterci è Giovanna, che è stata costretta in sedia a rotelle e non vede la luce in fondo al tunnel di un braccio di ferro che rischia di stritolarla.
«Non so più che fare, mi devo incatenare da qualche parte perché qualcuno mi ascolti? Non so più a chi rivolgermi, vi prego aiutatemi».