
GROSSETO – La Corte costituzionale ha esaminato i ricorsi di quattro Regioni che hanno richiesto la dichiarazione di incostituzionalità della legge Calderoli e, mentre “ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024)”, ha invece considerato “illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo”, come afferma il comunicato rilasciato dalla Consulta.
«Naturalmente andrà letta la sentenza con le sue motivazioni – spiega il gruppo dei portavoce di No Ad composto da Daniela Castiglione, Marzia Maestrello e Francesco Bertelli –. Di certo possiamo affermare come Comitato No Autonomia Differenziata della provincia di Grosseto che il Governo, il ministro Calderoli e la maggioranza parlamentare escono malconci dalle dichiarazioni di illegittimità di punti significativi della legge. Basta richiamare alcune disposizioni della legge Calderoli dichiarate incostituzionali per coglierne la portata, ovvero la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la Regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, e non solo specifiche funzioni. La mancata prescrizione di una legge delega che stabilisca i criteri direttivi per emanare i successivi decreti con la legge Calderoli che li indica nella legge di bilancio 197/2022 e che la Corte giudica incostituzionale, ravvisando in questo una lesione delle competenze del Parlamento».
«E non ultima – concludono i portavoce – la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito. È inoltre utile ricordare che la Corte afferma che il Parlamento non può essere spogliato delle sue prerogative di emendare le Intese, e che la distinzione tra materie Lep e non-Lep non può pregiudicare la garanzia dei diritti civili e sociali; che la clausola di invarianza deve collocarsi in un quadro di valutazione complessiva della finanza pubblica, e dunque vanno definiti i fabbisogni per i Lep e, su questa base, decidere le poste finanziarie. La Corte infine pone al Parlamento il compito indefettibile di intervenire per colmare i vuoti creati con la dichiarazione di incostituzionalità di disposizioni-chiave della legge 86/2024».
«Certo, la Corte afferma che la legge Calderoli non è illegittima nel suo complesso, perché tale legge è volta a disciplinare l’attuazione del comma 3 dell’art 116 della Costituzione, frutto della sciagurata riforma del Titolo V del 2001. I Comitati contro l’Autonomia Differenziata, insieme a sindacati, associazioni e partiti che fanno parte del comitato referendario, attraverso il referendum abrogativo totale, chiedono invece che siano cittadine e cittadini a decidere se la legge Calderoli violi o no gli articoli 2, 3, 5 della Costituzione italiana, portando ad una frantumazione dell’unità e indivisibilità della Repubblica ledendo il principio di solidarietà e di uguaglianza dei cittadini, che si troverebbero a godere di diritti differenziati secondo il luogo di residenza. Per questo il Comitato No Autonomia Differenziata della provincia di Grosseto è certo che, anche qualora il Parlamento intervenisse per sanare le illegittimità costituzionali, il referendum di abrogazione totale sarà ammesso e la legge Calderoli, attraverso il voto referendario, sarà cancellata».
«Con la Costituzione, è chiaro, non si gioca. Ora – dichiara Barbara Pinzuti, vicesegretaria del Pd provinciale di Grosseto con delega per la riforme – il governo Meloni pensi a ricucire unità e solidarietà in un Paese messo a dura prova dalle sue scelte avventate. Hanno avuto ragione le Regioni che si sono appellate alla Corte costituzionale, hanno avuto ragione le centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato i quesiti referendari: l’autonomia differenziata voluta dalla Lega è proprio uno spacca Italia. Ma ad uscire spaccata dal vaglio della Consulta è stata la riforma bandiera della Lega barattata da Giorgia Meloni con un progetto di premierato altrettanto sciagurato. Sulla pelle dei cittadini. Il destino dei referendum sarà deciso dalla Cassazione alla luce della sentenza che deve essere ancora depositata ma sin da ora è evidente che quel che resta della legge Calderoli – emendata dei sette cruciali e deleteri punti che negavano i principi costituzionali di solidarietà e sussidiarietà – sarà inapplicabile. Non si tratterà di trovare “correttivi”, come sostiene il ministro che con presunzione e disprezzo della Consulta ancora riunita aveva avviato la trattativa con le “sue” Regioni impazienti di gestire interi comparti come protezione civile o commercio estero. Si tratta di accantonare un progetto che avrebbe allargato la forbice delle differenze e ingiustizie tra zone ricche ed aree più svantaggiate del Paese. Non abbiamo bisogno di un regionalismo competitivo ma di solidarietà. Si tratta di ripensare un progetto Paese che guardi al futuro senza lasciare indietro nessuno perché si cresce solo tutti assieme. E si tratta di farlo non accentrando ulteriori poteri nelle mani del governo – come accadrebbe col premierato – ma affidandosi, con umiltà e disponibilità al confronto, al Parlamento oggi solo ratificatore di decisioni prese a Palazzo Chigi. Con che risultati si è visto. Ma da ieri abbiamo avuto la conferma che la Consulta è un baluardo di legalità e che, come è scritto nella nota di ieri, continuerà a vigilare. Come farà il Pd che, con le Regioni che governa, con le altre forze di opposizione e il sostegno di centinaia di migliaia di cittadini ha chiamato la Corte a pronunciarsi”.
“La sentenza della Corte Costituzionale sulla legge Calderoli per l’autonomia differenziata – afferma Giacomo Termine, segretario provinciale del Partito Democratico – è una pesante sconfitta per il Governo Meloni e per i leghisti. La Corte, confermando quanto il Pd sta sostenendo da mesi insieme al Comitato promotore toscano del referendum abrogativo, ha definito quella legge incostituzionale e pur non rigettandola completamente, pone dei limiti rigorosi alla sua applicazione. Con una lettura che mette al centro la tutela del principio di sussidiarietà e dei diritti costituzionali, ribadisce il ruolo del Parlamento nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e delle aliquote di compartecipazione, viene di fatto destrutturato l’impianto stesso della Legge Calderoli”.
“Per il momento è fallito il tentativo del Governo di dividere l’Italia tra cittadini di serie A e di serie B, tra regioni ricche e territori svantaggiati – prosegue Giacomo Termine -. Per il Partito Democratico è una vittoria politica, dopo mesi di battaglie durissime portate avanti dai nostri parlamentari alla Camera e le prese di posizione sui territori. Possiamo per il momento ritenerci soddisfatti ma resta aperta l’incognita del Referendum”.