GROSSETO – «“La colpa è dei genitori!”. Ormai è un riflesso incondizionato, una scusa come tante per evitare la domanda che preme sui fatti che la cronaca ci ha presentato in questi ultimi giorni» ad intervenire con una lettera aperta rivolta ai cittadini sono i genitori della “Scuola per genitori” de L’Altra città.
«Un ventiduenne, ancora non sappiamo in quali condizioni di equilibrio psichico, ha bullizzato un ragazzo con disabilità, servendosi anche della rete e cercando visibilità in un modo sconsiderato anche con altre persone. La madre del ragazzo colpito e offeso ha rilasciato un’intervista chiedendo giustizia. Ora siamo soli con i fatti in mano e una domanda: perché?»
«“La colpa è dei genitori!”. È un’accusa generica alla quale chi la pronuncia si sottrae. Puntare il dito contro generici genitori non sposta il problema di un millimetro. Questi genitori sono una massa indistinta che fa da parafulmine all’evidente disagio che tocca la vita di molte famiglie. La comunità è una realtà complessa che nel campo educativo presenta molti attori. Le forze dell’ordine, la Polizia municipale, la scuola, gli esercizi commerciali, le associazioni dello sport e del tempo libero, teatri, discoteche, etc… La domanda: perché? Interroga la coscienza di ciascuno di noi e non è lecito delegare. Le ferite di una comunità o le prendiamo in carico tutti o non siamo autorizzati a parlarne. Il tarlo che corrode e lacera i rapporti è l’individualismo dilagante degli adulti nel quale i giovani si specchiano, con l’aggiunta di un narcisismo amplificato dal culto del corpo» prosegue la lettera aperta.
«Non mancano i genitori, mancano le relazioni e un alfabeto nuovo per queste nuove situazioni che vedono il passaggio da un rigido patriarcato a una confusione che ha disorientato tutti. Tra due generazioni che faticano a parlarsi esiste un luogo dove possono per lo meno incontrarsi, tentare di intendersi e tenere vivo il dialogo? Da un lato si registra l’invadenza non richiesta degli adulti per sapere tutto dei figli, dall’altra la pretesa, non sempre dichiarata, di continuare ad avere i propri svaghi e i propri spazi. Fino a circa trent’anni fa c’era un tacito accordo tra genitori e figli, uno spazio dove nessuna delle due parti osava avventurarsi, rispettando quel mistero per proteggere la relazione e allentare la tensione reciproca. La sfera affettiva sia degli adulti che dei ragazzi era parte intima, nella quale nessuno osava mettere piede. L’adolescente poteva muoversi in questa zona franca dove l’adulto, volendo scoprire cosa ci stesse dentro, allenava un’attenzione rispettosa».
«Oggi, come i pacchi ordinati on line, i figli sono tracciabili, avvelenando quel tempo che completamente libero non lo è più. In questo gioco tra guardie e ladri, come è possibile per un adolescente coltivare la fiducia nelle relazioni? Che spazio ha un giovane per crescere nella responsabilità e nella libertà? Si concede tanta libertà, ma vigilata. Il telefono dei figli è gestito come un braccialetto elettronico in uso ai carcerati. Avvertiamo, per istinto, che qualcosa non va».
«Siamo un piccolo gruppo di genitori che, di fronte a queste fratture tra generazioni, abbiamo capito che è necessaria una formazione permanente per vivere meglio, sbagliando il meno possibile. Cambiando i contesti sociali le nostre coordinate rischiano di non esserci più d’aiuto come solo dieci anni fa. Genitori si diventa in un continuo movimento di accompagnamento che non lascia spazio a qualsivoglia pigrizia educativa. Non esiste una stagione uguale a un’altra e non possiamo permetterci di ignorare i contesti dove vivono i nostri figli».
«Per questo motivo stiamo cercando di colmare il vuoto che ci separa dagli altri, qualunque altro, compresi i figli, affinando l’arte delle relazioni, a cominciare dalle nostre insufficienze. Lo scambio dei nostri tentativi testimonia la semplice fantasia che la realtà suscita. Grazie agli spazi offerti dalla Fondazione L’Altra Città e alla fondamentale guida di una persona di grande umanità ed esperienza, cerchiamo di entrare nel mistero che ogni persona rappresenta. Questa “Scuola per genitori” è un tentativo che ha l’ambizione di tenere insieme un tessuto comunitario e sociale che subisce quotidianamente strappi molto dolorosi» prosegue la nota.
«Una relazione cercata è già iniziata. Questa fiducia nella persona è alimentata dalla coscienza che la vita di ognuno consiste nell’accoglienza di quel fascio di relazioni che annodiamo nella nostra esistenza. Questa originale combinazione offre la sua ricchezza al patto di offrire il meglio di noi. Nell’Altra Città vogliamo raccontare altri fatti, mettere insieme storie che allo stesso tempo sono ferite e balsamo che le cura. Ci anima il desiderio di rispondere coi fatti a quella inutile frase “È colpa dei genitori!” che ancora non ha salvato la vita di nessuno».