GROSSETO – Può raccontare la sua storia perché è arrivata in tempo. Perché la ricerca e la medicina, insieme al suo scrupolo, l’hanno salvata.
Sarebbe bastato attendere qualche giorno in più per l’operazione, e la grossetana Marta Buccelli avrebbe perso la vita per colpa di una forma rara e aggressiva di tumore ovarico. Lo stesso che ha colpito recentemente Bianca Balti e, qualche anno fa, anche Angelina Jolie. A differenza loro, Marta non fa parte del mondo dello spettacolo ma per raccontare la sua esperienza è recentemente approdata su Rai1 ospite a “La volta buona” di Caterina Balivo. È inoltre uno dei testimoni Airc che promuovono la ricerca in campo oncologico. La sua forza, le permette di essere più vicina alle persone di qualsiasi star del jet-set internazionale ed è questo, alla fine, quello che conta davvero.
Oggi Marta è una sportellista in uno degli uffici postali della città, dietro al suo sorriso limpido c’è l’amarezza di una grande rinuncia ma al tempo stesso la consapevolezza che la speranza e la ricerca possano salvare il mondo.
Una diagnosi impossibile e la scelta di farsi operare
La discesa di Marta nell’abisso è iniziata nel dicembre 2020. Mese in cui, purtroppo, è morta sua mamma. Da quel periodo, ha iniziato ad accusare alcuni dolori. “Tutti dicevano che ero molto sotto stress per la perdita di mia mamma e che tutto quello che sentivo era dovuto a questo – ricorda Marta – Ma non era così. Avevo difficoltà a rimanere incinta e accusavo dolori al ventre, in basso, al lato dell’appendice”.
Allora Marta, il 20 febbraio 2021 torna dal ginecologo dove era già stata 4 mesi prima per un ulteriore controllo, convinta che il suo non fosse solo stress. “A 20 anni ero inciampata in un melanoma – racconta – anche per questo forse a volte sono scrupolosa per quanto riguarda la mia salute. Come sospettavo, questa volta non si trattava di stress. Le analisi del sangue avevano valori della tiroide altissimi e il ginecologo, dall’ecografia e dal controllo delle ovaie notò qualcosa di strano”.
Da lì è iniziata la corsa. Marta ha fatto l’analisi dei marcatori tumorali, altre analisi, la risonanza magnetica con contrasto e infine, ha firmato per l’operazione. Perché solo con quella il dottore poteva accertare che si trattasse o meno del tumore che temeva: ad oggi non ci sono altre diagnosi valide. Il 9 marzo 2021 Marta entra in sala operatoria. “Per fare l’operazione ho dato il consenso a togliere tutto in caso i dottori avessero accertato che si trattasse di un tumore – racconta – Quando sono uscita dalla sala operatoria ho visto che il cerotto era più grande dei classici che mettono per le operazioni in laparoscopia”.
“Non potrò più fare figli ma dono comunque il mio amore alle persone che hanno più bisogno”
La grandezza di quel cerotto stava a dimostrare che i timori di Marta, purtroppo, erano fondati. “Si trattava di un tumore ovarico al primo stadio A, sarebbe stato impossibile da trovare e l’intervento mi ha salvato la vita, potevo rischiare una recidiva fatale – racconta – Di solito questo tipo di carcinoma viene riconosciuto a stadi avanzati, lo chiamano “the big killer” proprio perché silente e letale. Non ho più la possibilità di fare figli, l’idea di diventare mamma è svanita ma sono viva, posso raccontare quanto sia preziosa la vita e quanto mi è successo mi ha insegnato davvero tanto”.
Dopo l’operazione Marta ha dovuto affrontare alcune sedute di chemioterapia, per 5 mesi, senza mai dubitare dell’amore di Nicola, il suo compagno di vita (che nel frattempo è divenuto suo marito) che è sempre stato al suo fianco.
Il desiderio di Marta di diventare mamma però dovrà aspettare. “Purtroppo, la recente legge sull’oblio oncologico non mi aiuta per le adozioni – precisa – Devo attendere 10 anni dal termine delle terapie. Potrò fare la richiesta quando avrò 42 anni. Questo può essere un limite ma si può essere mamme in tanti modi e l’amore che ho dentro cerco di impegnarlo nell’aiuto alle altre persone e nel racconto della mia esperienza”.
Come succede con gli incontri promossi da La Farfalla, che il 12 ottobre porta il suo salotto itinerante, dopo la tappa di Grosseto, fino a Marsiliana. “In questo salotto trovano spazio diverse professionalità – racconta Marta – dalla psicologa al farmacista e ci tengo a portare la mia testimonianza perché è stata proprio la speranza degli altri che mi ha aiutato quando stavo male. Mi ha aiutato a trovare coraggio per risalire dall’abisso”.
“La prevenzione salva la vita e non ha età, fatela sempre”
Ora Marta sta bene, le analisi hanno valori standard e si impegna affinché la vita rientri nei canoni di normalità. “Benché la vita mi abbia insegnato che in un momento, improvvisamente, possa cambiare tutto, adesso posso dire di vivere tutto sommato in modo normale – racconta – mi tengo comunque sempre sotto controllo”.
Proprio i controlli e la prevenzione sono le due armi che Marta consiglia di affilare bene per contrastare i tumori. “Consiglierei prima di tutto di fare degli esami genetici – dice – Per capire la necessità di screening di ciascuno. Bianca Balti aveva un tumore dato dalla sua genetica, non come il mio. Magari intercettare alcune possibili patologie già con un primo esame, può essere importante”.
“Il corpo è una macchina e come tale va controllata – precisa Marta – non esiste un tempo in cui iniziare i controlli. Le diagnosi dei tumori parlano chiaro, non c’è età o ceto sociale che tenga, e alcuni tipi diagnosticati sono davvero strani e rari. Siamo tutti molto stressati, viviamo immersi in situazioni che ci logorano, dovremmo volerci più bene controllandoci anche di più, per fugare ogni dubbio”.
“A volte ci vuole fortuna – conclude – ma il controllarsi o meno parte da noi. La fortuna va aiutata. Non possiamo dire di essere stati fortunati se non ci facciamo visitare. Anche tra noi donne, dobbiamo volerci più bene, nel quotidiano cerchiamo di parlare tra noi senza evitare argomenti impegnativi. Ben vengano meno cavolate e più domande tipo “quando è l’ultima volta che hai fatto il pap test?”. Ascoltiamoci, e fidiamoci dei professionisti e della ricerca”.