GROSSETO – In Italia ci sono 250mila precari su 950mila docenti totali. L’età media di immissione in ruolo è 45 anni.
Dal 2019 l’Italia è sotto procedura di infrazione della Ue per uso prolungato e sistematico dei contratti a tempo determinato, in violazione delle direttive sul lavoro che impongono la stabilizzazione dopo 3 anni di servizio.
In Toscana, al 12 settembre, i precari risultano essere 15314, in provincia di Grosseto 950. In Regione, su 3.572 posti disponibili per i docenti, solo 2.367 sono stati contingentati per l’immissione in ruolo (66%). «Dobbiamo sottolineare anche che, per il concorso Pnrr 2023, alcuni candidati devono ancora sostenere la prova orale – sottolinea Alessandra Vegni – E chi ha partecipato a concorsi precedenti è stato scavalcato da quelli che hanno superato il concorso Pnrr. In Toscana, per esempio, dal concorso ordinario 2020, per le classi di concorso AAAA e EEEE avremmo potuto assumere circa 500 idonei per ognuna delle 2 classi di concorso».
La situazione in cui versa il settore del sostegno è drammatica. I dati provinciali parlano di un fabbisogno di 590 insegnanti. «280 sono i posti di sostegno dedicati al ruolo, 205 quelli destinati ai precari – sottolinea Vegni – la media di chi non ha un contratto stabile è del 51,73%».
L’algoritmo e le 150 preferenze: il rischio di risultare rinunciatari per un piccolo errore
Il meccanismo dell’immissione in ruolo più contestato negli ultimi giorni, è quello che viene più comunemente chiamato con “algoritmo”, ovvero un sistema che seleziona i docenti precari in base a 150 preferenze. «La procedura di solito viene fatta a luglio – dice Vegni – i candidati però selezionano le preferenze senza conoscere la disponibilità dei posti, questo 2024 addirittura non sono riusciti a vedere neanche quale posto in graduatoria ricoprivano».
Il meccanismo che segue la compilazione delle preferenze e fino a far ottenere il posto precario, è simile a quello di u videogioco. «È come giocare a Super Mario Bros – sottolinea Vegni – cercando di superare ogni volta il livello superiore, gli aspiranti supplenti devono esprimere le proprie preferenze cercando di districarsi tra incarichi annuali, incarichi al 30 giugno, spezzoni, cattedre interne, cattedre esterne, scuole lontane, scuole vicine, corsi diurni, corsi serali, cattedre esterne stesso comune o diverso comune, selezionare variabili di ore di insegnamento e altro».
«Può succedere si sbagliare un parametro o dimenticare di inserire anche una sola eventuale scelta possibile – dice Vegni – quando il famoso algoritmo arriva ad assegnare il posto, se per esempio lo sbaglio è proprio su quello che il candidato non ha scelto, allora risulta rinunciatario, e viene scartato dal sistema».
L’assurdità dell’algoritmo: a ogni rinuncia dei primi subentra qualcuno in coda alla graduatoria
Se un candidato, per motivi personali, finisce per rinunciare alla cattedra assegnata, quella non andrà mai al successivo candidato in graduatoria che l’ha richiesta. «Nemmeno a uno dei candidati che sono rimasti a mani vuote nella prima assegnazione – sottolinea Vegni – Quella cattedra viene riproposta a chi, non avendo abbastanza punteggio, non era stato chiamato al primo turno, cioè a candidati con punteggi bassi, situati in fondo alla graduatoria e spesso senza alcuna esperienza».
Come se non bastassero le difficoltà precedenti, ad aumentare le ingiustizie si inseriscono non di rado fatti “inspiegabili”.
«Come quelle cattedre non presenti nel primo bollettino di nomine e quindi mai proposte ai primi in graduatoria, che appaiono però nel secondo bollettino o nel terzo e diventano così disponibili solo per chi ha meno punteggio», dice Vegni.
Se queste cattedre arrivano da rinunce del primo bollettino ma anche per colpa di altri errori, non viene specificato, lo si può sapere solo tramite un accesso agli atti. Un passo che la Flc Cgil Grosseto per alcuni casi recenti ha richiesto.
L’algoritmo conosce i docenti solo come un numero di posizione in graduatoria o un punteggio e le cattedre solo come un codice di classe di concorso.
«Ma noi della Flc Cgil vediamo i volti e gli sguardi di chi non ha ottenuto il posto di lavoro e deve ogni mese pagare un mutuo che aumenta ad ogni passo d’inflazione – dice Vegni – Vediamo i volti e gli sguardi dei genitori che ogni anno vedono cambiare l’insegnante di sostegno dei propri figli. Ascoltiamo le loro storie e anche per questo crediamo che vadano raccontate costantemente per far capire, anche a chi non conosce il mondo della scuola, la gravità di quello che sta succedendo».
«Come Flc Cgil proponiamo da tempo il sistema delle convocazioni in presenza. In quel modo la cattedra tocca per forza a chi ha più punteggio. Senza algoritmi di sorta – dice Vegni – Così, procedendo in presenza i docenti possono riuscire anche a garantire una continuità didattica. Proseguendo con questo sistema, invece, per un dettaglio rischia di saltare tutto»
Le vittime dell’algoritmo: lasciati a casa, assunti con meno ore o mandati in scuole lontanissime
Il sistema dell’algoritmo ha lasciato a casa giovani che credevano che esperienza e laurea fossero la strada giusta per iniziare un lavoro stabile. Allo stesso modo ha riservato il medesimo trattamento o dato solo qualche ora di docenza a chi, dopo anni di esperienza nel campo, credeva che non ci fossero problemi a trovare una cattedra anche vicino casa. Come capitato a Rosanna, con esperienza nel sostegno, che dopo anni di insegnamento questo anno non ha un lavoro.
Così è successo anche altre classi di concorso. «Ho preso la laurea di storia dell’ arte in Germania e conseguito il dottorato di ricerca – racconta Stefanie – Dopo nove anni di precariato, lavorando sempre e solo per un istituto, all’inizio come madrelingua tedesca e poi per sette anni come docente di sostegno, non sono riuscita a farmi riconoscere i miei titoli esteri».
«Per il ministero risulto “non qualificata” – prosegue – Adesso ho 60 anni, e quest’anno sono stata sorpassata nella graduatoria da un collega che come me è in seconda fascia ma con un posto e punteggio inferiore al mio. Ho fatto reclamo per mancata chiamata annuale via Pec il 5 Settembre, ma ad oggi non ho ricevuto risposta».
Chiara, una giovane, ha fatto richiesta per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella primaria, e sono anni che aspetta un contratto stabile. «Capisco che non ho finito l’università da molto e in tanti dicono che sono giovane – racconta con rammarico – ma sono anni che insegno nel settore e anche questo anno, che ho finito con gli studi, mi ritrovo di nuovo precaria nell’incertezza più totale. Ad aspettare uno stipendio che magari arriva dopo mesi, sorpassata in graduatoria magari da chi ha un diploma conseguito molti anni fa e zero esperienza. Non lo trovo giusto, non siamo numeri, non è possibile che possa succedere questo».
«Per qualsiasi pensiero sul futuro che possa fare, dall’acquisto di una macchina all’affitto di una casa, c’è un continuo e doveroso ritorno alla realtà delle cose – conclude – non ho un contratto stabile, non so quanto guadagnerò di preciso né quando arriverà lo stipendio. L’indipendenza è un sogno, come a volte cercare di farsi strada in questo settore. Per i giovani che vogliono fare dell’insegnamento un mestiere, è davvero difficile».