GROSSETO – «Chiariamo subito una cosa: la festa nazionale di Casapound è un raduno di carattere fascista, non una festa». Esordisce così Luciano G. Calì, presidente del comitato provinciale dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), in occasione della conferenza stampa svoltasi questa mattina, 9 agosto, in Sala Pegaso, per presentare la petizione “Mai più fascismi” con l’obiettivo di sciogliere tutte le organizzazioni neofasciste, in particolare Casapound.
L’iniziativa nasce a Grosseto proprio in vista del raduno annuale di Casapound, la cosiddetta “festa nazionale di Casapound” in programma da 5 all’8 settembre e comprende una raccolta firme e un appello per “vietare manifestazioni pubbliche e private di organizzazioni che si richiamano al fascismo o al nazismo, esortando al contempo le autorità a disporne lo scioglimento”.
L’appello è stato pubblicato sul sito http://www.anpigrosseto.it/ mentre la petizione si può firmare sul sito Change.org a questo link.
Non solo: gli organizzatori, ovvero la “Grande Alleanza Democratica ed Antifascista per la persona, il lavoro e la socialità”, costituito da associazioni, sindacati, comitati e partiti, hanno deciso di organizzare una specie di “contro-festa” a settembre, negli stessi giorni in cui si svolgerà il raduno dell’organizzazione politica.
L’idea è quella di un grande evento in piazza Dante l’8 settembre con interventi e dibattiti. Il programma è ancora in fase di definizione, ma alcuni nomi dei partecipanti, come lo storico Mauro Canali; Agnese Pini, direttore Quotidiano Nazionale; lo storico Davide Conti sono già stati confermati.
Tra gli ospiti ci sarà anche Andrea Joly, il giornalista de La Stampa aggredito dai militanti di Casapound lo scorso mese di luglio a Torino.
L’appello nazionale è riferito anche agli artisti con lo slogan “Agitiamoci”.
Alla conferenza stampa, coordinata da Luciano G. Calì, presidente del comitato provinciale dell’Anpi, hanno partecipato Monica Pagni, Cgil; Beppe Corlito, Coordinamento Democrazia Costituzionale; Mauro Pasquali, Partito Socialista Democratico Italiano; Daniela Castiglione, Rete dei Numeri Pari, Working Class Hero OdV e in collegamento video l’ex presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini (Pd) e gli onorevoli Riccardo Ricciardi (vicepresidente M5S) ed Elisabetta Piccolotti (Avs).
«Casapound – ribadisce Luciano G. Calì nel suo intervento – non è semplicemente una formazione politica, ma un’organizzazione fascista. Tramite questo appello richiamiamo anche l’attenzione della Prefettura, quindi anche il Ministero dell’Interno perché non possiamo permettere che la Maremma, una terra che ha vissuto gli orrori del nazifascismo sia sede di una cosiddetta “festa”. Perché, lo ripeto, non è una festa, ma un raduno fascista»
«Grosseto non merita di essere conosciuta come casa di Casapound – afferma anche Laura Boldrini – e per questo dobbiamo cercare dare voce alla città democratica che non vuole questo aspetto. Uniamo le forze e facciamo in modo che questa petizione diventi nazionale».
Anche Riccardo Ricciardi sostiene l’iniziativa che parte da Grosseto e si augura che «possa estendersi a tutta l’Italia. Sappiamo tutti – dice – che lo loro è una maschera, ma che di fatto si tratta di un partito neofascista che usa violenza».
«È necessario – sono le parole di Elisabetta Piccolotti – evitare una normalizzazione della presenza di una organizzazione neofascista, come se fosse una realtà qualsiasi tra le altre nel panorama politica. La Costituzione vieta organizzazioni di questo tipo e inoltre è stato accertato che molti protagonisti di Casapound si sono resi protagonisti di azioni violente».
«Dobbiamo spezzare l’indifferenza del territorio – ne è convinta anche Monica Pagni -. Un’amministrazione comunale che intitola una via a Giorgio Almirante ignorando le proteste massicce della cittadinanza e una prefettura che ignora la nostra raccolta firme, sono sintomi di un sistema di potere che non si riconosce nei valori della Costituzione. Negli anni passati abbiamo evitato di dare visibilità a Casapound, parlandone poco, in fondo stavano lì rinchiusi, ma ora la situazione è cambiata. Ora la violenza è diventato uno strumento politico e quindi è arrivato il momento di dire “basta”».