
MAIANO LAVACCHIO – Dove fu morte, ora fiorisce l’arte. La Casa della Memoria al Futuro diventa residenza artistica.
L’odio e la violenza indiscriminata hanno la capacità intrinseca di fare breccia ovunque, macchiando i luoghi sui quali si abbattono e lasciando un segno indelebile. È il caso dell’eccidio di Maiano Lavacchio, dove il 22 marzo 1944 undici giovani furono brutalmente fucilati dai fascisti repubblicani, passando alla storia come i Martiri di Istia. A distanza di 80 anni dalla strage di questi giovani, e sulla scia dello spirito di associazione e comunità capace di animare il tributo a coloro che persero la vita perseguendo un’ideale di fratellanza e lotta non violenta, prende vita il progetto “Resistenza d’artista”.
L’iniziativa, promossa dall’Isgrec e dall’Accademia del libro di Montemerano, e resa possibile grazie ai finanziamenti del consiglio regionale e del comune di Magliano in Toscana, si pone come obiettivo la creazione un luogo dove le arti e la memoria possano prosperare.
La Casa della Memoria al Futuro, sorta a pochi passi dal podere dove avvenne il massacro, cambia così veste, pur mantenendo intatta la sua anima profondamente legata alla memoria storica. Nelle stesse sale dove sono conservati i volumi della biblioteca Tullio Mazzoncini, è stato infatti allestito uno spazio abitativo, capace di ospitare artisti da tutta Italia e dar loro un luogo dove riunirsi e creare.
L’inaugurazione della residenza artistica, con i primi cinque partecipanti al progetto “Resistenza d’artista”, è avvenuta lunedì 8 luglio, per la durata di due settimane. Il 16 luglio, a circa metà del percorso, l’amministrazione comunale di Magliano in Toscana e i rappresentanti dell’Isgrec, incontreranno ufficialmente gli artisti presso la biblioteca e avranno modo di visionare il lavoro svolto. Gli artisti chiamati a fare da apripista sono lo scenografo romagnolo Enrico Mele, responsabile della sezione Ombre Dolci dell’Accademia del Libro di Montemerano; lo sceneggiatore piemontese Matteo Bellonio, ricercatore dell’Accademia del Libro; i due musicisti e compositori campani Chiara Carnevale e Fulvio Di Nocera, e Manuela Martino, responsabile dell’Archivio Popolare della Memoria Maremmana che nasce grazie al progetto Circolare – finanziato dal Gal FarMaremma grazie al bando Leader per la Rigenerazione di Comunità.
I cinque artisti collaboreranno alla realizzazione dello spettacolo “I Tigrotti di Maremma”, nato grazie alle ricerche effettuate all’Isgrec da Enrico Mele con la collaborazione di Martino e Bellonio. Le micronarrazioni sono particolarmente sensibili ai processi di disgregazione storica, affondano le radici nella cultura popolare e contadina, e sono spesso prive di una documentazione scritta. Ci sono atti di eroismo, però, che non soffrono di questo deperimento e penetrano con disperazione, la disperazione di voci che necessitano di essere ascoltate, e risultano capaci di plasmare l’identità stessa di un luogo. La coscienza collettiva e la memoria nascono come diretta conseguenza di tali atti, ma necessitano di un percorso più complesso per radicarsi e diventare parte viva, seppur immateriale, del territorio. Quando la rabbia svanisce, la necessità di farsi portavoce delle atrocità perpetrate assume i contorni di una lotta, o meglio, di una resistenza contro il tempo, che deteriora il ricordo e conduce inevitabilmente verso quel bacino di racconti di “memoria divisa” che costellano la cronistoria della Resistenza in Toscana.
Lo spettacolo porterà in scena, attraverso il Teatrino delle Ombre del maestro burattinaio e pedagogo Mariano Dolci, un altro episodio di resistenza locale. Seguendo le vicende del Tenente Gino – nome di battaglia del partigiano Luigi Canzanelli, che perse la vita insieme al giovane attendente montemeranese Giovanni Conti durante un rastrellamento nel maggio del 1944 – si ripercorrerà la storia della brigata partigiana conosciuta come “I Tigrotti di Maremma”.
Grazie all’eroico gesto di Canzanelli e Conti, i compagni Tigrotti ebbero il tempo per fuggire e continuare il proprio operato nella lotta contro la Repubblica Sociale. Nel luogo dove la storia si è consumata nella violenza dell’eccidio di Maiano Lavacchio, assumendo le sembianze mostruose di un atto criminale e disumano, nuove narrazioni fioriscono. Perché la strage, che voleva essere monito per tutti coloro che avevano rifiutato la chiamata alle armi – operai, studenti, artigiani, ragazzi che credevano in un futuro senza guerra – non sia ricordata unicamente per il dolore di queste vite drammaticamente tolte, ma renda omaggio alla vita che questi giovani coltivavano mentre l’odio imperversava attorno a loro, finendo per stringerli in una morsa senza scampo nonostante la semplice richiesta di una vita senza costrizioni e con la possibilità di esprimere il loro talento.