ROCCASTRADA – Un nuovo documento (che trovate integrale in fondo alla pagina), di cui è difficile ricostruire la provenienza, sarebbe stato ritrovato «in un archivio alleato» come racconta (definendolo sconcertante) l’Associazione nazionale vittime delle marocchinate. Nel documento si menziona il pozzo sprofondatoio, nel territorio di Roccastrada, in cui sarebbero stati gettati alcuni corpi durante il tempo di guerra.
Il documento risalirebbe al settembre 1944, e sarebbe stato stilato da un carabiniere. Secondo la sua testimonianza scritta “due ufficiali partigiani” avrebbero a lui comunicato l’esistenza di questo pozzo. Difficile da capire il perché se le vittime sono, come ipotizzato dal documento, nazisti e fascisti.
Racconta Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione vittime marocchinate: «È il 5 settembre del 1944, il fronte di guerra ha da pochi mesi attraversato la provincia di Grosseto, e il maggiore dei Carabinieri Guido Verde scrive al prefetto, alla Procura e alla Questura di Grosseto, segnalando la presenza di cadaveri nel podere “S. Giorgio”, nel territorio del comune di Roccastrada».
«Ieri, 4 settembre, verso le ore 16 – relaziona l’ufficiale – in seguito a notizie avute da due ufficiali partigiani il sottoscritto accertava l’esistenza di un pozzo detto “pozzo sprofondatoio”. Ha forma circolare del diametro di circa 5 metri: è privo di rivestimento all’interno o di ripari alla superficie che è pertanto a fior di terra. Nell’acqua, il cui pelo è a circa 4 metri dall’orifizio, si notano confusamente forme di corpi umani. Un fetore insopportabile affiora dal pozzo».
«A mezzo di un gancio, fissato ad una pertica, è stato possibile accertare l’esistenza di due cadaveri – prosegue il documento – uno sembra indossi divisa militare, l’altro calza scarpe e gambali e indossa giacca borghese. Secondo notizie avute sul posto si troverebbero nel pozzo una quindicina di cadaveri, secondo altre notizie raccolte in Roccastrada il numero sarebbe notevolmente superiore. Sembra si tratti di ufficiali e militi della milizia fascista e anche di militari tedeschi giustiziati dai partigiani».
«Il pozzo, secondo i contadini della zona, avrebbe una profondità imprecisata. In altra occasione sarebbe stato tentato il sondaggio a mezzo di corde di oltre 30 metri, ma senza riuscire a toccarne il fondo. Per quanto compete l’Arma, lo scrivente ha ordinato siano svolte le indagini necessarie – conclude – sarebbe opportuno accertare, a mezzo di tecnico, le condizioni del pozzo e, a mezzo di periti, i dati relativi ai cadaveri ivi contenuti».
Il documento termina qui. Non si sa se queste indagini siano state fatte. Se i cadaveri fossero due o di più (visto che se ne vedevano due soltanto), a quando possa risalire la morte: il fronte era appena passato, plausibile che fossero le vittime di uno scontro a fuoco in tempo di guerra, così come furono uccisi, durante la guerra, i martiri di Maiano Lavacchio, solo perché renitenti, gli 80 minatori di Niccioleta, che volevano solo difendere il posto di lavoro, Norma Parenti, una madre con un figlio piccolo, e tanti partigiani morti in battaglia sui monti e nelle pianure di Grosseto. O ancora gli ebrei per cui, proprio a Roccastrada, fu allestito un campo di concentramento fascista da cui transitarono decine di persone dirette ai campi di sterminio in Germania, tra cui la piccola Gigliola Finzi, nata in Maremma e morta ad Auschwitz a soli tre mesi di vita.
Sulla nota dell’associazione vittime marocchinate risponde anche Ilaria Cansella direttrice dell’Isgrec, l’istituto storico grossetano della resistenza e dell’età contemporanea.
«Si torna su un caso che è già noto da tempo. Intervenendo sulla stampa nel 2016 e poi nel 2017, l’ex direttrice dell’Isgrec Luciana Rocchi ha già precisato che un cosiddetto “pozzo sprofondatoio” in Roccastrada “esiste. Ha una precisa localizzazione, si conoscono i nomi di uomini che vi furono gettati. Fatti che vanno inquadrati in quella che fu una guerra civile”, in merito ai quali chiese di farsi avanti presso l’Isgrec a chi avesse memorie da poter mettere a confronto con le poche fonti disponibili sull’episodio» afferma Cansella.
«Sul pozzo roccastradino esiste un riferimento nella testimonianza che Vito Guidoni, ex milite grossetano della Repubblica di Salò, consegnò a una pubblicazione del dopoguerra (Vito Guidoni, Cronache grossetane: settembre 1943-giugno 1944, a cura di Associazione famiglie caduti e cispersi della R.S.I., 1995). Pubblicazione assolutamente non neutra, se consideriamo che, in merito alla strage di Maiano Lavacchio in cui furono uccisi i “martiri d’Istia” (11 renitenti alla leva, non armati, rastrellati dopo una spiata e giustiziati dopo un processo farsa, alla presenza dei familiari), Guidoni vi scriveva: “non fu un delitto, ma l’applicazione rigida di leggi e norme preesistenti”».
«Guidoni nel volume in questione, si riferiva a “otto ex militari isolati nel comune di Roccastrada” “gettati nel pozzo dello sprofondo tra Roccastrada e Civitella Marittima” e nell’elenco di nominativi riportati in fondo alla pubblicazione ritroviamo undici fascisti dispersi o uccisi nella zona di Roccastrada fra cui gli otto dovrebbero essere ricompresi (non tutti, infatti, risultano uccisi in località L’Aratrice, distante dal paese alcuni km). In ogni caso, gli undici presenti nell’elenco sono morti tutti fra il maggio e il giugno 1944, tranne due: di uno non si ha certezza sulla data di morte, l’altro è Lorenzo Brocchi, classe 1892, nativo di Campagnatico, residente a Pari, squadrista nel 1921-1922, capitano della Guardia nazionale repubblicana, che fu ucciso il 6 luglio 1944 in località Aratrice».
«Dato che Roccastrada venne raggiunta e liberata dagli alleati il giorno 24 giugno, fino a quel momento siamo nel contesto della guerra di Liberazione e ogni supposizione su dinamiche che non stiano in quelle del combattimento fra le diverse parti in lotta rimane quello che è, una supposizione, anche considerando che nel nuovo documento in questione il pozzo risulterebbe segnalato da “ufficiali partigiani”» continua la nota dell’Isgrec.
«Rimarrebbe fuori con certezza da questo schema solo l’uccisione di Lorenzo Brocchi un paio di settimane dopo il passaggio del fronte, che andrebbe quindi collocata nel contesto delle violenze e delle vendette dell’immediato dopoguerra che seguirono gli scontri veri e propri fra bande partigiane ed esercito nazifascista, violenze che sono state più volte ricostruite dagli storici e che furono uno strascico della guerra civile che, citando Claudio Pavone, era una delle componenti della guerra di Liberazione dall’occupante nazifascista».
«Se è doveroso, dunque, che si cerchi ancora di far luce su episodi oscuri o dai contorni incerti di quel complesso periodo della storia italiana, come la ricerca storica continua del resto a fare, è discutibile isolare documenti che riportano anche notizie non verificate (si troverebbe… sarebbe… recita il documento in riferimento al numero dei corpi), senza il rigore storico che è necessario per ricostruire gli eventi, a partire dall’incrocio e dalla verifica delle fonti. Se è certo una notizia l’emergere di nuovi elementi da aggiungere al quadro di conoscenze sulla storia del nostro territorio (un impegno su cui è attivo anche il Comune di Roccastrada che, insieme a Isgrec, ha avviato il riordino dell’Archivio storico comunale), è un po’ sensazionalistico, invece, parlare senza alcuna attendibilità di decine di corpi e definire il documento “sconcertante”, considerando che quell’episodio di violenza su cadaveri si inserisce nel contesto della guerra, dei nove mesi della durissima lotta di Liberazione maremmana, con le tante uccisioni di partigiani (a volte dopo sevizie e torture), i morti fra la popolazione civile e anche, ovviamente, fra i nazifascisti» conclude Cansella.