GROSSETO – “Disegno bambini per mandare un messaggio alla nuova generazione: voglio che chi nasce e chi ha attraversato la guerra trovi la felicità”. Sono parole semplici quelle che Olena Sydorova usa per spiegare il proprio lavoro di artista; parole che invitano, però, alla riflessione su concetti molto più complessi, come la pace e la felicità.
Nelle opere di Olena Sydorova, colorate, sgargianti, luminose, dominano spesso due colori: il giallo e l’azzurro. Dipingono edifici, campeggiano nel cielo, sono i petali di un fiore splendente, sono le piume di una colomba di pace. Sono i colori della bandiera Ucraina, la patria che Olena e suo figlio si sono lasciati alle spalle nel marzo dello scorso anno quando, dopo l’inizio dell’assedio di Mariupol, una delle città simbolo del conflitto, hanno capito che per salvarsi la vita avrebbero dovuto abbandonare la loro casa. Olena, infatti, è una delle rifugiate ucraine giunte nell’ultimo anno in Maremma.
Con la sua famiglia – il figlio di dieci anni e i genitori – ha trovato accoglienza dalla zia che viveva, già da tempo, a Castiglione della Pescaia. Olena Sydorova ha dato la propria disponibilità a raccontare la sua esperienza di rifugiata per un progetto ambizioso che sta portando avanti l’Isgrec, l’Istituto storico grossetano della Resistenza e dell’età contemporanea, e che mira a realizzare una serie di interviste per testimoniare la risposta della Maremma, immediata e solidale, allo scoppio del conflitto e all’arrivo dei primi rifugiati. Un modo per provare a fotografare una realtà, quella dei rifugiati, che spesso dopo i primi momenti di attenzione viene, lentamente, dimenticata e diventa fatica quotidiana per ritagliarsi uno spazio in una nuova comunità e nostalgia struggente per la propria gente e la propria terra.
Per arrivare a Castiglione della Pescaia, Olena ha affrontato un viaggio lungo, pericoloso e doloroso. E alla domanda su cosa è riuscita a portare di suo, con sé, quando è stata costretta a fuggire, risponde, laconica, “Me stessa”. Ma la forza di questa giovane donna emerge, evidente, dal suo sguardo e dal portamento fiero: “Ho trovato lavoro come cameriera, faccio lezioni di disegno online ad alcuni bambini ucraini e vorrei organizzare corsi per ragazzi qui, ma è difficile”.
Perché c’è lo scoglio della lingua italiana, che Olena sta imparando e studiando nel suo tempo libero, e perché non è semplice, in un luogo nuovo, riuscire a intessere le relazioni giuste per dare avvio a progetti. La sta aiutando in questo don Stepan Tkhoryk, della chiesa cattolica ucraina: “Vorremmo permettere ai bambini ucraini – spiega – di elaborare le loro emozioni con il disegno, di ritrovarsi, di socializzare ed è questo il nostro primo obiettivo. Ma ci piacerebbe estendere l’iniziativa anche a bambini italiani, perché l’arte è un mezzo di espressione universale”.
Da quando è arrivata in Italia, Olena ha esposto le sue opere in due occasioni – una mostra a Milano e una a Firenze – finalizzate a raccogliere fondi per l’Ucraina. E le sue tele colorate hanno portato un messaggio forte, in contrapposizione al dramma di una guerra a due passi dal nostro Paese alla quale, però, ci stiamo, ogni giorno di più abituando. In attesa di poter tornare nella sua terra, non appena le condizioni lo consentiranno, Olena dipinge e disegna. E cerca di portare il suo messaggio, forte, di pace attraverso la sua arte: “Qui sto bene, il clima è buono, ma vogliamo tornare a casa”. Anche se la sua casa, adesso, non esiste più e se la sua città natale, dopo essere stata rasa al suolo, viene ricostruita dagli occupanti russi: “Lo farò quando la vita di mio figlio non sarà più in pericolo; quando non dovrò inventare per lui un gioco che non lo costringa a prestare attenzione al rumore degli aerei e dei missili”.
Intanto il progetto dell’Istituto storico di raccolta di testimonianze prosegue: chi volesse raccontare la propria esperienza può scrivere a [email protected]