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Cronaca

Truffato mentre si trova ricoverato in ospedale

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Truffato mentre si trova ricoverato in ospedale
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GROSSETO – Una truffa in un momento di maggior fragilità, mentre si trovava ricoverato in ospedale. La vittima un uomo della provincia di Grosseto che si è visto sfilare oltre mila euro.

Mentre il marito era ricoverato in ospedale, la moglie aveva ricevuto dalla banca un messaggio che segnalava un bonifico anomalo, chiedendo i dati del coniuge. E al marito, nel letto d’ospedale, era arrivata la telefonata del truffatore –  apparentemente da un numero del servizio bancario – chiedendo di bloccare l’operazione sospetta inserendo l’opt, la password monouso. Così facendo, però, era stato autorizzato un bonifico da 7.665 euro in favore dei malviventi.

La moglie si era accorta del bonifico pochi minuti dopo controllando l’home banking, era corsa allo sportello chiedendo di revocare l’operazione ma, ricevendo risposta verbale negativa, aveva subito sporto reclamo e denuncia penale.

Nelle settimane successive i coniugi si erano rivolti alla Confconsumatori di Grosseto. La banca, nonostante il tentativo di conciliazione paritetico, ha negato ogni rimborso e la coppia ha deciso di adire il tribunale con rito sommario. Dopo pochi mesi di causa, con il solo esame degli atti, il Tribunale di Grosseto – giudice Frosini, con ordinanza decisoria del 16 maggio 2023 – ha condannato l’istituto di credito al rimborso della somma di 7.665 euro e al pagamento delle spese di lite, sancendo corretti e giusti principi.

«La possibilità della sottrazione dei codici del correntista, attraverso tecniche fraudolente – si legge nella pronuncia del tribunale – rientra nell’area del rischio di impresa, destinato ad essere fronteggiato attraverso l’adozione di misure che consentano di verificare, prima di dare corso all’operazione, se essa sia effettivamente attribuibile al cliente. Ai fini del rigetto della domanda risarcitoria non è sufficiente dare rilievo ad un incauto comportamento dell’utente che avrebbe consentito la sottrazione dei codici. Su tali basi, pertanto, si è concluso che, al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (ciò che rappresenta interesse degli stessi operatori), appare del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore di servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici da parte di terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo, e ciò conformemente al principio secondo cui l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al soggetto obbligato richiede la dimostrazione di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore».

E ancora: «Al correntista abilitato a svolgere operazioni online che agisca per l’abusiva utilizzazione delle sue credenziali informatiche, spetta soltanto la prova del danno riferibile al trattamento del suo dato personale, mentre l’istituto creditizio risponde, quale titolare del trattamento di dato, dei danni conseguenti al fatto di non aver impedito a terzi di introdursi illecitamente nel sistema telematico mediante la captazione dei codici d’accesso del correntista».

«La decisione conferma pertanto la bontà delle iniziative di tutela dei correntisti avviate da Confconsumatori in ogni possibile sede – dichiarano dall’associazione – sia a livello locale che nazionale».

Barbara Farnetani
21 Maggio 2023 alle 9:03
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