GROSSETO – «Era il 26 aprile del 1986. Un guasto al reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl cambiò il corso della storia e l’esistenza di intere generazioni. È stato classificato come il più grave incidente nucleare con circa 4mila vittime stimate dall’Onu (secondo altre fonti sono molte di più) e 116mila sfollati dalla regione circostante».
Con queste parole Angelo Gentili della segreteria nazionale di Legambiente, interviene il giorno dell’anniversario del disastro.
(Foto Loriano De Angelis)
«Le particelle radioattive trasportate dalle masse d’aria raggiunsero un’area vastissima e arrivarono addirittura in Europa. La quantità di radiazioni era altissima. A peggiorare la situazione è stata poi la mancanza di informazioni tempestive nei confronti delle popolazioni coinvolte che ha drammaticamente contribuito all’esposizione. A distanza di decenni, le conseguenze della contaminazione nucleare sono ancora tangibili. Basti pensare che il disastro di Chernobyl rilasciò una quantità di radiazioni almeno 100 volte in più rispetto alle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Il fall-out nucleare interessò l’Ucraina, la Russia e per il 70% la Bielorussia, Paese più colpito dalla catastrofe. A lasciare la zona furono solo 350.000 persone. Gran parte della popolazione colpita rimase nelle zone colpite complice, oltre alla disinformazione, l’impossibilità a spostarsi a causa delle difficili condizioni economiche».
«Gravissimi gli effetti a lungo termine anche sull’ambiente, a carico di ecosistemi, flora e fauna. La contaminazione del suolo avvenne principalmente per mezzo di alcuni elementi radioattivi come lo Stronzio-90 e gli isotopi del Cesio, il 134 e il 137. Sotto il profilo sanitario, nel corso degli anni, oltre all’abbassamento delle difese immunitarie e all’aumento di numerose patologie legate a una dieta fortemente contaminata da radionuclidi, si è palesato un fortissimo incremento di casi di tumore alla tiroide che ha colpito soprattutto i più piccoli a causa dello iodio radioattivo fuoriuscito dalla centrale nella prima fase del disastro. A questo si sono aggiunte una serie di gravi patologie di natura psicologica legate alla cosiddetta “sindrome di Chernobyl” che hanno presentato sintomi connessi alla consapevolezza di vivere in un territorio fortemente contaminato e senza futuro per sé e per la propria famiglia».
«La preoccupante situazione emergenziale ha portato Legambiente ad attivarsi sin dai primi anni sia per sensibilizzare l’opinione pubblica circa l’assurdità della scelta del nucleare che per fornire un supporto concreto alle popolazioni colpite. Grazie alla nostra rete di circoli locali e famiglie e a una incredibile gara di solidarietà siamo riusciti ad accogliere oltre 25mila tra bambine e bambini provenienti dalle zone più contaminate di Bielorussia, Russia e Ucraina, consentendo loro di effettuare percorsi terapeutici di un mese in Italia. La solidarietà ha poi preso la forma di “Rugiada”, un progetto attraverso il quale viene garantita ospitalità in un centro specializzato e totalmente sostenibile realizzato in un’area priva di radioattività a bambine e bambini bielorussi provenienti dalle zone più contaminate».
«I piccoli ospiti del Centro Speranza a Vilejka possono contare su un soggiorno durante il quale vengono sottoposti a controlli medico-sanitari e a un regime alimentare sano e privo di contaminazioni. Grazie all’aiuto dei nostri circoli e dei donatori, mai venuto meno nel tempo, e alla collaborazione dei nostri referenti in Bielorussia, il progetto Rugiada continua senza sosta a donare speranza. Un vero e proprio presidio legambientino in Bielorussia, un segnale concreto di solidarietà verso le popolazioni colpite, vittime innocenti del disastro nucleare».
«Il disastro di Chernobyl è avvenuto trentasette anni fa, ma ancora oggi più di 5 milioni di persone vivono nelle aree contaminate, mangiano cibo e bevono acqua radioattivi. Cereali, ortaggi, carne, latte, selvaggina, funghi e frutti di bosco conservano ancora oggi una presenza significativa di radionuclidi».
«A ciò si aggiunge la grave crisi economica che affligge la Bielorussia e la disastrosa guerra in Ucraina che coinvolge proprio quell’area. Sia il sito di Chernobyl che le altre centrali nucleari ucraine attualmente in funzione rappresentano obiettivi sensibili e il rischio di una ennesima catastrofe nucleare è altissima».
«Non ci stancheremo mai di ripeterlo: non ha alcun senso continuare a spingere sul nucleare. É una scelta pericolosa, assurda e ha tempi lunghissimi di realizzazione. Serve al contrario promuovere con decisione le rinnovabili e portare avanti con coraggio e concretezza le trattative per la pace in Ucraina affinché eventuali rischi di trasformare le centrali attualmente attive in bersagli venga definitivamente archiviata».
«Ricordare oggi la durissima lezione di Chernobyl – conclude Gentili – significa guardare a un futuro senza nucleare per il Pianeta. La definitiva chiusura delle ultime centrali in funzione in Germania ci fa ben sperare. Si vada tutti in questa direzione».