ERICH MARIA REMARQUE
“NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE”
MONDADORI, MILANO, (1931), 2007, pp. 226
Al decimo giorno della guerra russo-ucraina con le trattative che non trovano la via per la pace o almeno per un cessate il fuoco, mentre nessuno dei contendenti vuol assumersi le proprie responsabilità nell’aver contribuito allo scatenarsi della guerra, propongo ai lettori di “Pergamena” questo romanzo.
È considerato una sorta di manifesto pacifista contro la guerra, visto attraverso la vicenda autobiografica dell’autore che ha combattuto nell’esercito tedesco a Verdun durante la Grande Guerra contro i francesi. Quindi da una parte sarebbe un romanzo autobiografico e dall’altra è considerato un romanzo storico, dato che tratta realisticamente della prima guerra mondiale. Si presenta, allora, come una forma trans-genere, che – come i lettori della rubrica ormai sanno – è il segnale di una struttura allegorica. Fu censurato in Italia dal regime fascista e bruciato in piazza dai nazisti in Germania.
La storia racconta di un gruppo di giovani studenti, che sotto l’influsso dei propri insegnanti, veri e propri “cattivi maestri”, sono spinti ad arruolarsi nell’esercito tedesco con l’idea di diventare eroi al servizio della patria. In realtà vengono sterminati uno dietro l’altro compreso il protagonista, Paul Baumer, che muore nelle ultime pagine del romanzo. Devo violare la consegna che lascia la fine del romanzo alla curiosità del lettore, ma la morte di Paul è quella che spiega il titolo del romanzo e del film che ne venne tratto, insignito del Premio Oscar. Il romanzo ebbe un grandissimo successo: è uno dei primi best-seller del Novecento e il suo titolo è passato nel linguaggio comune per antonomasia ad indicare una giornata vuota, in cui non succede niente, eccetto la fatica del vivere o del morire quotidiano. In questo caso Paul cade proprio mentre la guerra volge al termine, la narrazione finzionale ha un finale tragico, diverso dall’esito autobiografico dell’autore che fu ferito gravemente, ma sopravvisse. Nel corsivo della pagina finale la realtà viene fatta irrompere in tutta la sua durezza: “Egli cadde nell’ottobre 1918, in una giornata così calma e silenziosa su tutto il fronte, che il bollettino del Comando Supremo si limitava a queste parole: ‘Niente di nuovo sul fronte occidentale’ “. Lascio al lettore le ultime righe, che confermano il finale nella sua contraddizione stridente: il Comando Supremo è del tutto indifferente alla morte di un singolo soldato, il quale trova nella morte la soluzione di tutte le sofferenze che gli ha riservato la guerra. In questo sta l’allegoria moderna che rappresenta il dominio totale e costrittivo del potere e della sua macchina da guerra estraneo al destino degli individui. Il romanzo è terribile e senza speranza nel modo in cui racconta il grande macello della guerra così esasperato nella guerra di trincea, che caratterizzò per la prima volta nella storia la defatigante guerra di posizione. La guerra è resa senza alcuna retorica, non vi è neppure un retorica in senso pacifista. Quella dei ragazzi che muoiono uno ad uno è la “lost generation”, perduta da più punti di vista secondo la lezione di Hemingway, che combattè dall’altra parte, anche lui come volontario. E’ una generazione chiamata a diventare adulta nel modo più drammatico possibile. Vi è una somiglianza con la scrittura dell’americano: nel linguaggio scabro, nel dialogo scarno e dominante, nel procedere della narrazione e nel montaggio per scene singole. La scelta antiretorica “formula un messaggio pacifista che ai toni vigorosi dell’impegno civile preferisce quelli struggenti della malinconia”, cosa che “enormemente contribuì alla sua fortuna” come dice la quarta di copertina. Dunque si tratta di un romanzo “nichilista”, cioè che non ha una “morale” positiva, anche se con un vena intimista. Allora il “significato secondo”, la morale, il messaggio rivolto al futuro, è negativo nel suo insieme. Come a dire: “così non va, lettore, devi fare tutto in un altro modo, se non vuoi trovarti nella stessa condizione tragica dei personaggi di questa storia”. Il messaggio non è esplicito, si evince da tutta la narrazione, emerge dalla reazione emotiva di ripulsa del lettore, che è portato a rifiutare in blocco ogni guerra ed ogni giustificazione della guerra. La narrazione allegorica fa emergere un rimosso inconscio di tipo ostile, che si opponga radicalmente al potere. Non c’è bisogno di rivelare esplicitamente alcun intento pedagogico dell’autore, basta leggere il romanzo fino in fondo.