GROSSETO – Don Enzo Capitani, in qualità di direttore della Caritas diocesana di Grosseto, ha scritto una lettera aperta alla comunità ucraina e a tutte le altre comunità straniere residenti a Grosseto. Sul numero di questa settimana di Toscana Oggi, il giornale della diocesi, è dedicato un ampio servizio all’angoscia degli ucraini che vivono in Maremma rispetto ai venti di guerra che spirano sul loro Paese.
Gli ucraini in provincia di Grosseto sono poco meno di 1400 su oltre 22mila stranieri. Un piccolo gregge formato perlopiù da donne che hanno lasciato i loro cari in patria per venire qui a lavorare. Dei cattolici ucraini di rito bizantino si occupa don Vitaliy Perih, sacerdote che dal 2017 è in Diocesi, prestando sia questo prezioso servizio che quello di aiuto parrocchiale all’Addolorata (in precedenza a San Giuseppe).
E dal 26 gennaio quasi ogni giorno un gruppo di ucraini si sono ritrovati insieme a don Vitaliy nella chiesa della Misericordia, in piazza martiri d’Istia a Grosseto, dove da novembre 2018 la comunità ucraina cattolica di rito bizantino celebra la Divina Liturgia. Dopo la fine dell’Urss, nei primissimi anni ‘90, è iniziato un vasto fenomeno migratorio che ha portato anche molti ucraini a spostarsi verso l’Europa occidentale e negli Stati Uniti. È emersa, così, l’esigenza di offrire assistenza spirituale a chi, lasciando la propria casa e spesso anche la famiglia, per cercare un futuro più dignitoso altrove, sentiva forte anche la solitudine dalla propria comunità di fede.
Ecco il testo della lettera di don Enzo Capitani
Alla comunità ucraina e alle altre comunità straniere residenti in Grosseto.
Pace! Pace! Pace!
Le notizie di cronaca e la politica internazionale mettono di fronte alla nostra persona ancora una volta immagini che parlano di guerra, di possibili invasioni o rivendicazioni territoriali.
La Caritas vuole esprimere la solidarietà e la vicinanza a voi che siete qui a Grosseto e alle vostre famiglie rimaste nella vostra Patria lontana.
Quanta ben poca cosa sono queste mie parole in confronto a quelle del mio Signore: beati gli operatori di pace…beati i miti…
E insieme a voi voglio esprimere condivisione e appoggio a tutte le altre comunità che sono qui presenti, ma che sono divise dai loro cari.
Vi osservo in silenzio quando venite nei locali della Caritas per usufruire dei vari servizi essenziali: un pasto, una doccia, il cambio di un abito, una bolletta da pagare, un lavoro da trovare, un’abitazione da affittare, che, pur avendo un lavoro fisso, non si riesce a trovare… Vi osservo e vi scopro inevitabilmente persone come me, persone con legami affettivi come i miei, ma i vostri sono lacerati e forse distrutti dalla lontananza, dalla guerra o dalla fame.
E mi dico che come me avete diritto di esistere, perché come me, facciamo parte della stessa storia umana…abbiamo solo bisogno di riconoscerci come persone.
È questo riconoscimento reciproco l’unica strada che porta alla PACE.
Solo allora la pace, da realtà che rasenta l’illusione, può divenire possibile. È una strada faticosa: facciamola insieme. Io ci sono, o come amava dire don Milani: I care!