GROSSETO – “Tre Comuni sono interessati dal territorio del Parco della Maremma: Grosseto, Magliano in Toscana e Orbetello. Tre sindaci se ne disinteressano: Antonfrancesco Vivarelli Colonna, Diego Cinelli e Andrea Casamenti“, a dirlo Valerio Pizzuti, candidato sindaco dei Liberali, riformisti e socialisti.
“Sfruttano quello che può portare loro di buono accontentandosi senza incidere – prosegue -, ma non valorizzano un tesoro storico e ambientale straordinario, soprattutto mancano di una visione”.
“Nel frattempo – va avanti Pizzuti – il Parco vive e subisce l’incoerenza della propria natura a metà con l’Azienda regionale dettata dalla Regione sia in termini di estensione territoriale che di conseguente gestione del sistema e concetto parco. Infatti il Parco così come è, risulta essere un concetto ideale al quale corrisponde nei fatti solo una piccola preziosa realtà di area protetta intesa come Riserva; del Parco rimane solo il titolo e la vincolistica intesa non solo come tutela ma anche come limitazione per la vasta area antropizzata che lo ha sempre tutelato, gestito e preservato (casa propria) e che però alla fine, lo ha anche subito una volta che è stato istituzionalizzato, per causa di politiche gestionali mediocri, poco professionali e lungimiranti, interessate prevalentemente alla spartizione politica della gestione ivi incluso per anni il baronato universitario, più che alla evoluzione vera e propria in Parco con la P maiuscola come è stato invece per il Parco di Domana già gemellato con quello dell’Uccellina”.
“Il Parco avrebbe dovuto includere, sia in termini di proprietà che di gestione, anche il patrimonio e le attività dell’Azienda Regionale – continua il candidato -, per uno statuto e un bilancio unico anziché essere due realtà scisse di una unica condizione di partenza. Oggi lo schema “duale”, Parco e Azienda, continua a essere bloccato dalla politica dei contrasti”.
“Molti grossetani non conoscono neppure la storia (seppur breve) del Parco della Maremma – afferma Pizzuti -. Il Parco della Maremma o Parco dell’Uccellina, area naturale protetta, primo parco della Toscana istituito con la legge regionale 65 nel 1975 ed insignito nel 1992 del Diploma europeo delle aree protette, nasce negli anni ’70 per salvaguardare un prezioso ecosistema da possibili aggressioni e speculazioni edilizie, grazie ad una lungimirante classe politica del tempo”.
“Grazie alle indiscusse capacità dell’allora presidente Vellutini, del direttore Boschi e del responsabile tecnico Ferri e nonostante fosse una loro prima esperienza gestionale, il Parco dell’Uccellina da subito gemellato con il Parco Nazionale di Donana-Coto de Donana sulla foce del Guadquivir riuscì a collocarsi all’avanguardia nelle politiche ambientali Italiane e non solo ; la preziosa attività di didattica ambientale, le pubblicazioni e l’operato scientifico, i rapporti con le scuole e le Istituzioni , …ben presto lo portarono a capofila di un sistema di aree protette di interesse allargato non per ultimo quello dell’informazione pubblica (documentario Rai ) – prosegue il candidato dei Liberali, riformisti e socialisti -. Da quegli anni di avanguardia molte cose sono cambiate. Il Parco della Maremma è oramai un sistema ambientale e un modello consolidato e funzionante seppur con criticità ancora irrisolte dovute forse a una abitudinaria vision amministrativa troppo di settore e conservativa, poco disponibile a tenere conto della quotidianità del contorno, dei suoi bisogni di area antropizzata, dei potenziali di sviluppo”.
“A noi piacerebbe continuare il lavoro di sviluppo che il Parco merita, limare qualche asperità e andare a meta. Noi abbiamo un vero diamante anzi una miniera di diamanti ma lo trattiamo come un corpo estraneo – va avanti Pizzuti -. Chi dei tanti viene oggi a visitare il Parco o a trascorrere una vacanza nel territorio del Parco si innamora, al tempo stesso si chiede però perché con questo ben di Dio a disposizione la Maremma non lo trasformi come un valore aggiunto primario”.
“Eppure la strada è ben chiara – dice il candidato -. Il Parco nasce come un progetto univoco che unisce beni ambientali e culturali, agricoltura e storia sociale. A un certo punto questa idea è stata interrotta e con essa il rapporto Parco-territorio. È giusto ripartire da lì: serve invertire le politiche che evitino di mortificare e danneggiare le attività agricole solo perché è prevista poi la stima-rifusione del danno riconosciuto dal Parco alle aziende agricole produttive; serve ripristinare le zone di coltivo-approvvigionamento nelle zone a esclusiva funzione e all’esterno così da consentire la gestione e il controllo degli ungulati ancora oggi lasciati liberi di incrementarsi a dismisura e di andare a distruggere i coltivi; serve garantire le opere necessarie per la manutenzione e cura del territorio le quali alla fine si riversano, in positivo o negativo, proprio sulle attività agricole e di allevamento”.
“Attualmente le Aziende Agricole sono ridotte a circa 30 unità rispetto alle 102 del fine anni ’90 – va avanti Pizzuti – ; la gran parte hanno deciso di scegliere la strada della trasformazione in agriturismi stufi talvolta della scomparsa delle politiche-azioni agricole da parte delle associazioni di categoria, della Regione e della Comunità del Parco (Provincia, Comune di Grosseto, di Magliano in Toscana e Orbetello). L’agricoltore singolo muore, unito agli altri nei propri raccolti, protetti e valorizzati dal Parco sui mercati può tornare a essere assieme all’allevatore e al buttero, la chiave di volta del Parco. Una azienda da sola non significa nulla in termini produttivi, insieme ad un’altra fa sistema e 1ql di grano +altri ql di grano con un Parco regista sui mercati, fa cartello tenuto conto che è il grano del Parco e non quello, seppur ottimo lo stesso, di Braccagni; il che vuol dire che lo stesso grano anziché valere 30 verrà venduto a 35/40 consentendo di mettere in atto una patrimonializzazione, valorizzazione, arricchimento delle attività agricole del Parco ed il loro sostentamento. Serve che i prossimi nuovi amministratori scelgano sino in fondo le politiche e progettualità agricole-economiche incentivanti e ripaganti i sacrifici delle Aziende”.
“Completiamo le porte del Parco – ancora Pizzuti -, diamo identità e sostanza anche al Collecchio (Magliano), a Rispescia e forse anche a Principina a mare per l’estate (GR), strutturiamo le vie di comunicazione e collegamento interne per rendere tutto il territorio fruibile: Talamone-Collecchio-Alberese; Rispescia-Spergolaia lungo il fiume. Creiamo lo scambiatore su Spergolaia sul quale fare convergere a stella le viabilità da Grosseto e Principina via ponte, da Rispescia lungo il fiume, da Talamone e Collecchio via Alberese. Ripristiniamo la marina di alberese con i posti riservati ai soli residenti pur mantenendo e garantendo i servizi ai turisti purché siano del segmento turismo natura e non Riccione. Recuperiamo e comunichiamo anche nei servizi (controllo a cavallo) – prodotti l’immagine tradizionale per la quale chiunque ha scelto maremma (buttero); scegliamo con forza il recupero della caratterizzazione identitaria dell’epicentro Alberese sin dall’origine legata alla bonifica, all’Opera nazionale dei Combattenti”.
“Pretendiamo la partecipazione alla discussione politica per le scelte del futuro nuovo presidente e Consiglio direttivo che dovranno necessariamente riuscire a far tenere conto, della rappresentanza del territorio che ha il Parco nel proprio DNA e che lo vede insistere oggi che i tempi sono cambiati, nel bene e/o nel male sul proprio quotidiano e futuro; di una Presidenza legata culturalmente al territorio, alla sua storia , ai suoi segreti, capace di Amministrare insieme alle istituzioni, con la Comunità tutta e soprattutto in possesso di vision e rapporti adeguati ai tempi ed agli obbiettivi da raggiungere che devono vedere il Parco come comprovata risorsa ed opportunità anche economica per il territorio ed al tempo stesso valore aggiunto sulle vetrine nature nazionali, europee, internazionali perché sviluppo ed attuazione di valide e capaci azioni manageriali di marketing specifico del settore e della green economy (tramite le Università e le loro reti esperienziali in altre realtà nazionali ed internazionali)”, conclude Pizzuti.