
GROSSETO – Sono nato in via Nazario Sauro pochi mesi prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, secondo figlio insieme a due sorelle.
Inizia così il racconto di un nostro lettore, Gilberto Capanni, che ci riporta alla Grosseto degli anni tra i ’30 e i ’60. Ve lo riproponiamo così come ce l’ha inviato.
I miei genitori, immigrati a Grosseto da una piccola frazione di un comune della provincia di Siena negli anni trenta, abitavano al numero civico 14 in un piccolo appartamento in affitto composto da due stanze, posto in una casetta di due piani, con due ingressi diversi, tra i quali c’era un fondo con un negozio di vendita di generi alimentari, i cui portoni erano adiacenti alla strada polverosa e piena di buche, corredata da una lunga fila di platani, che producevano in primavera ed estate con il loro fogliame verde un’ampia zona di ombra sul marciapiede, che ci proteggeva, sopratutto, nel periodo estivo dalla calura. Per andare al centro della città era semplice: bastava attraversare il passaggio a livello, al di là del quale vi era il viale Giacomo Matteotti, che terminava in piazza della Vasca, in pieno centro.
Naturalmente quando uscivo di casa per andare a scuola in via Mazzini o in piazza della Vasca trovavo, il 90 per cento delle volte, il passaggio a livello chiuso, tanto che ben presto dovetti diventare un profondo conoscitore degli orari dei treni, non solo di quelli passeggeri che arrivavano o partivano dalla Stazione, ma anche di quelli delle locomotive a vapore che facevano manovra , perché proprio davanti a casa mia, al di là della strada, c’era lo scalo merci. Le operazioni di manovra duravano per la maggior parte del giornata ed anche di notte, non favorendo certamente un sonno tranquillo. Queste operazioni erano necessarie per comporre convogli in partenza o per accostare i vagoni al molo in fase di scaricamento.
Il denso fumo prodotto da queste manovre, provocava un grande sconforto a mia madre , la quale era solita stendere i panni lavati ad asciugare alle finestre, che si affacciavano sul “mandriolo”, cioè sullo scalo merci e bestiame , spesso ritrovandoli di color “fumo”, a cui si aggiungeva il classico odore del “carbon coke” bruciato nei forni delle locomotive. Inoltre dovevamo sopportare il polverone della strada causato dai veicoli che vi transitavano in gran numero, poi, stare molto attenti a tenere chiuse le finestre di casa, per non immagazzinare nei nostri polmoni il fumo di forte odore acre, proveniente dai camini delle locomotive nel loro continuo “sbuffare”.
Questi inconvenienti da noi sopportati con serena rassegnazione durarono per molti anni della mia infanzia e finalmente furono in gran parte risolti dalla elettrificazione della linea ferroviaria, ma continuò a persistere il “ tappo” del passaggio a livello, ritenuto anche pericoloso dal fatto che i pedoni, impazienti di aspettare l’alzata delle sbarre, molte volte, presi dalla “furia” tentavano di attraversare i binari, nella speranza di arrivare prima del treno, ma non sempre avevano il sopravvento: qualcuno, saltuariamente, veniva investito dal treno in arrivo o partenza, con conseguenze facilmente immaginabili.
Nel frattempo la città conobbe flussi immigratori provenienti, soprattutto, dal territorio provinciale e via Sauro ne fu coinvolta tanto che riemerse impellente il problema di mettere in sicurezza l’attraversamento dei binari, progettando la costruzione di un sotto-passaggio. La realizzazione ebbe bisogno dei soliti tempi “biblici” della burocrazia ufficiale e finalmente nel periodo 1967-68 fu inaugurato il sottopassaggio con grande gioia dei cittadini del quartiere, anche se, in verità, ben presto si presentarono altri problemi di sicurezza, ma di altro genere rispetto alle locomotive a vapore.
Nel frattempo ero diventato giovanotto, mi ero fidanzato con l’intenzione di sposarmi, come poi ho fatto, trasferendomi in altra parte della città e quindi, per ironia della sorte , non ho potuto godere di una realizzazione così a lungo desiderata. Ci sarebbe da dire: “così è la vita”. Pazienza! Tuttavia via Sauro con il passaggio a livello mi è rimasta nel cuore, poiché mi ha dato la possibilità di conoscere gran parte degli abitanti del quartiere costretti, loro malgrado, a passare sotto le finestre di casa mia per andare in città.