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Disabilità, Pizzuti: «Non si possono dividere le persone in categorie»

Valerio Pizzuti - presentazione 2021

GROSSETO – «Una casa che sappia crescere tutta insieme, è il principio ispiratore della mia idea di governo della città e delle sue frazioni» afferma il candidato sindaco Valerio Pizzuti. «La costruzione dell’edificio/comunità dovrà rendere forti innanzitutto quelle persone che, in una classificazione semplicistica consideriamo “deboli”: i diversamente abili».

«Dividere le persone in categorie è frequentemente un modo rozzo di separare mentre piani educativi di inclusione socializzanti devono, a mio parere, rappresentare una modalità per affrontare la formazione di tutta la popolazione. I servizi sociali di un Comune non sono, infatti, la struttura a cui è delegata l’amministrazione degli sfortunati o dei diversi, ma il cuore centrale che guarda a tutta la popolazione lavorando, innanzitutto, alla sua integrazione».

«I servizi devono essere strettamente connessi con le scuole in modo tale da poter creare la continuità antimeridiana e pomeridiana di accompagnamento alla crescita, ma soprattutto di superamento delle difficoltà, per un inserimento a livello anche di comunità civile del soggetto diversamente abile – prosegue Pizzuti -. La diversa abilità è qualcosa di trasversale e, spesso, interessa una fetta molto vasta della popolazione. Questa universalità della diversità dovrebbe renderla lo stimolo per far evolvere i metodi formativi e di inserimento sociale».

«Serve una complessa e corale organizzazione del benessere umano: l’Asl, gli oratori, le associazioni, le ludoteche, le associazioni sportive, sono tutti strumenti, osservatori, operatori sociali, indispensabili. Bisogna creare servizi per il doposcuola, per i laboratori delle attività agonistiche e creare con la scuola ambienti di apprendimento che vadano a compensare quello che in famiglia purtroppo non c’è, perché non c’è soltanto un ambiente disfunzionante – dove ci sono i bambini con diverse abilità -, ma anche le famiglie cosiddette normali si ritrovano ad avere delle disfunzionalità».

«Un bravo amministratore deve entrare nell’ordine di idee che il doposcuola è servizio scolastico, servizio di recupero, servizio di cultura, perché i servizi sociali sono un albero con tantissimi rami, ché tessono cultura col settore sport, tempo libero; la biblioteca non deve essere staccata dai servizi sociali.
Tutto questo sistema è utile anche per dare alle famiglie gli strumenti giusti per affrontare anche quella che chiamiamo “digitalizzazione dell’infanzia”.  Si scambiano, infatti, le capacità manuali e la curiosità dei bambini per una prematura capacità di gestione degli strumenti digitali. I bambini già dai tre-quattro-cinque anni sono messi davanti al tablet, davanti al cellulare, perché vengono considerati dei geni, ma sono solo bambini che sanno già smanettare; essi tendono a perdere la capacità di gestirsi tempi lunghi e di tessere rapporti empatici».

«La scuola deve essere strettamente collegata con i servizi sociali perché, attraverso la scuola, i servizi sociali possono fare un monitoraggio delle vere problematiche familiari, nei quartieri e nelle periferie: là si vede già l’isolamento delle famiglie, ma famiglie dove all’interno c’è una problematica che la scuola organizza, ma a livello di stabilità anche genitoriale, perché la stabilità genitoriale fragile è alla base della disfunzione della socialità dell’alunno; questo vale anche per i bambini immigrati. Tutto parte dalla conoscenza e dalla cura della propria comunità. Un Comune è anche questo o, forse, dovrebbe essere innanzitutto questo e dovrà essere attivo» prosegue Pizzuti.

«Ragionare in termini integrati consente di avere una piena consapevolezza “pubblica” dei bisogni e di mirare adeguatamente gli interventi. L’inserimento, ad esempio, di  un bambino con handicap in una struttura è possibile e auspicabile, ma la comunità dovrà prendersene cura accompagnandolo nella sua vita e insieme a lui accompagnare la famiglia. Continuità nell’educazione,  continuità nell’accompagnamento, continuità nel monitoraggio di una società che non è immobile, che muta per ragioni fisiche o economiche. Ecco il Comune che vorrei contiene e ha come caratteristica un’attenzione circolare e competente in una spirale che si snoda partendo dal basso».

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