Grosseto

Espansione centri commerciali, Matteo Di Fiore: «Basta cementificazione e sfruttamento»

Matteo Di Fiore

GROSSETO – «Denunciamo da tempo la falsa retorica “green” di cui a parole si ammantano l’amministrazione Vivarelli Colonna e il Partito Democratico, soltanto a parole rispettosi del territorio, dell’ambiente e del clima, ma che nei fatti promuovono quotidianamente un modello di sviluppo predatorio nei confronti dell’ambiente, completamente in linea con la finta transizione ecologica presente nel Pnrr del governo Draghi».

Sono queste le parole di Matteo Di Fiore, candidato sindaco per Potere al Popolo.

«Sempre a parole – afferma – si dicono a favore di una città a misura di cittadino, a basso impatto, quando in pratica favoriscono il contrario: ulteriore consumo del territorio con nuovi impianti, nuove urbanizzazioni e impermeabilizzazioni per la nuova viabilità e parcheggi esagerati. Il tutto progettato per ricevere migliaia di automobili e di abitanti patentati in perenne circolazione nella città, in assenza di un trasporto pubblico che consenta di abbattere l’uso esagerato di mobilità privata con conseguente consumo di carburanti climalteranti».

«Ma non solo l’ambiente viene aggredito – prosegue Di Fiore -: oggi si parla di progetti di massima per altri cinquemila metri quadri al centro commerciale Aurelia Antica e ventimila metri quadri al centro commerciale Maremà, che significa nuova cementificazione e consumo di suolo, ulteriore concorrenza alla distribuzione commerciale dei negozi di quartiere e di vicinato, un colpo mortale al centro storico e una riduzione dei rapporti umani di vicinato. Per non parlare delle forme di lavoro ultraprecario e senza tutele a cui sono sottoposti i lavoratori e le lavoratrici nelle grandi catene, attraverso l’uso massivo di contratti interinali, stage, tirocini, che abbattono salari e tutele di chi lavora e ingrossano i profitti nelle tasche dei grandi marchi presenti nei centri commerciali».

«È a questo modello di città – conclude il candidato sindaco – basato sul sistematico sfruttamento del nostro territorio e di chi ci lavora che contrapponiamo la prospettiva della città pubblica: Stop all’ulteriore consumo di suolo, salario minimo, controllo popolare partecipato sulle scelte di sviluppo della città».

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