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Pergamena ci porta alla scoperta di Jane Austen e della sua Emma

Pergamena

JANE AUSTEN
“EMMA”
BIBLIOTECA IDEALE TASCABILE, MILANO, (1815) 1996, pp. 351

È l’ultimo romanzo pubblicato in vita da Jane Austen, una delle più celebri autrici della letteratura inglese apprezzata da Virginia Woolf. È un libro raccomandato da leggere almeno una volta nella vita da vari “centoni”. Fu pubblicato nel 1815, con dedica al principe ereditario inglese, che ammirava tanto la scrittrice, due anni prima della sua morte, avvenuta a soli 42 anni, trascorsi in un quasi totale isolamento sociale, anche quando ormai era una scrittrice affermata ed amata. Successivamente scrisse solo “Persuasione”, uscito postumo. La Austen visse con la sorella come una delle tante zitelle, sacrificate alla logica del cosiddetto “matrimonio occidentale”, che candidava al nubilato molte ragazze, non dotate di mezzi di fortuna adeguati. Il romanzo è considerato tra i tre capolavori della Austen insieme a “Orgoglio e pregiudizio” e a “L’abbazia di Nortangher”.

A differenza da altri romanzi dedicati fin dal titolo ad un unico personaggio, non racconta tutta la vita dalla nascita alla morte di Miss Emma Whoodhause (casa di legno, dunque), ma ne taglia una tranche, ricca di storie che si concludono più o meno felicemente con un matrimonio (ne ho contato almeno quattro), nell’ambito di un anno dall’inverno all’autunno successivo. La Austen nell’incipit presenta Emma così: “Bella, intelligente, ricca, con una casa fatta per viverci bene e un’indole felice, Emma Woodhaouse sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita”. Sembra il ritratto speculare dell’autrice, figlia di un pastore anglicano, insegnante con poche risorse finanziarie, padre di otto figli. Emma ha un’indole incline alla felicità, per sua fortuna, e tutta presa a combinare i matrimoni degli altri, salvo dichiarare che lei non si sarebbe sposata mai, dedita com’è alla cura dell’anziano padre dalle spiccate tendenze ipocondriache.

La madre è morta. Emma assume sotto la sua tutela una giovane amica, Harriet Smith, figlia naturale di un mercante, prima la sottrae ad un buon matrimonio con un agricoltore, Mr. Martin, non considerato socialmente degno, poi suscita un suo innamoramento per il reverendo Elton, il quale in realtà è un arrivista che punta alla ricchezza di Emma, da cui l’equivoco sulle sue avances; quindi scopre che l’amica è innamorata e si ritiene corrisposta dal solido proprietario terriero, Mr. George Knightly (letteralmente: “cavalleresco”), il fratello maggiore del cognato di Emma. Solo la gelosia, suscitata da questa rivelazione, le fa scoprire i suoi sentimenti verso George (lo chiama per nome una sola volta). Come finisce la storia è facile intuire, ma lascio gli ultimi passaggi alla curiosità del lettore; essa è abilmente costruita con una certa suspense, quasi un giallo, per cui il lettore è spinto a voler sapere come va a finire. Nella edizione, che ho letto, l’allusione troppo esplicita della quarta di copertina rischia di rovinare la suspense.

La Austen è considerata dalla critica maestra del “realismo domestico”: diceva di sé di non saper scrivere altro che “quadri di vita familiare ambientati in centri di campagna”. In effetti Emma è esemplare di questo stile. La critica considera il romanzo centrato sull’incomprensione dei sentimenti, valorizzando tutti gli equivoci suscitati dalle vicende travagliate dei vari matrimoni raccontati con una grande maestria ironica. Il romanzo viene attribuito al genere frequente nel Settecento del “Quixotic Novel”, in cui il personaggio principale, spesso una giovane donna, ha una visione del mondo non corrispondente in pieno alla realtà e viene solitamente redenta da un solido personaggio maschile. Il genere prende il nome dal capostipite di tutti i romanzi, il “Don Quixote”, e il nome attribuito a Mr. Knightly allude al genere cavalleresco e rocambolesco come le avventure matrimoniali raccontate.

Tutto ciò trascura una sorta di ironia seconda: c’è una presa di giro garbata, ma puntuale di tutti i riti della piccola società in cui la vicenda si svolge (in questo la dama presuntuosa che alla fine sposa il reverendo Elton è un capolavoro di personaggio). Si tratta di una meta-ironia perché già di per sé il Don Chisciotte è una messa in ridicolo del genere cavalleresco, da cui si emancipa proprio in via ironica. Personalmente, pur nella difficoltà per un lettore di romanzi moderni di reggere la lunghezza e la sottile abilità dei dialoghi che sostengono tutta la storia, sono di tutt’altro avviso. Vi è una modernità nella scrittura della Austen, che prende in giro se stessa e l’ambiente che l’ha prodotta. Storicamente e sociologicamente sta a cavallo tra due idee del matrimonio: quello tradizionale, di antica ascendenza, come strategia familiare, che punta a costruire le migliori alleanze per la ricchezza e il prestigio sociale secondo i costumi delle famiglie aristocratiche, ripresi dalla borghesia terriera e mercantile emergente contemporanea dell’autrice, e quello moderno centrato sull’amore romantico.

L’attenzione per i sentimenti e i moti più fini del cuore è l’asse portante della scrittura della Austen. L’obbiettivo di tutte le ragazze di buona famiglia è fare un buon matrimonio, ma l’avvertimento è chiaro: “Fai qualunque cosa pur di evitare di sposarti senza sentimento”. Vi è anche qualcosa di più profondo nel romanzo, cioè l’emersione dell’inconscio, anche se tutto il mondo della Austen è remotissimo apparentemente da ogni questione erotica e sessuale. Nel romanzo non c’è nessuna vicinanza fisica, neppure un casto bacio. Che cosa possiamo dire, però, della totale dedizione di Emma al padre fino a farle pensare di non sposarsi mai e della sua astuzia di convincere il padre a prendere in casa il suo promesso? Analogamente che significato ha il fascino del “segreto” che avvolge molti dei legami sentimentali e dei fidanzamenti del romanzo se non nascondere l’intimità tanto desiderata e tanto “caldamente” descritta? Uno dei personaggi comprimari, anch’egli felicemente sposato, quando le cose si chiariscono, afferma: “Queste faccende sono sempre un segreto, finché non si scopre che tutti le conoscono” .

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