L'intervista

A tu per tu con Francesco Donati: alla scoperta di Dante e le sue opere

Francesco Donati 2016
Francesco Donati

GROSSETO – Il 14 settembre di sette secoli fa a Ravenna moriva Dante Alighieri, il “padre” della lingua italiana. Molteplici le iniziative in calendario per celebrare il Sommo Poeta sia in Italia che all’estero. In Maremma, da alcuni mesi, opera il comitato celebrativo “La Maremma per Dante” con sede a Grosseto e la mia intervista di oggi è con Francesco Donati, che ne è il presidente e che ringrazio per aver acconsentito a rispondere alle mie domande.

Francesco, come è nata l’idea di costituire questo “Comitato”?

L’idea nasce dalla volontà di cogliere nella ricorrenza del settimo centenario dalla morte di Dante l’opportunità della Maremma di inserirsi a pieno titolo come il territorio, per i luoghi individuati e i personaggi citati, a cui si fa più riferimento nella Commedia. Quindi non solo ricordare Dante, ma dar vita ad un vero comitato celebrativo la cui attività prevede un calendario di eventi con forte caratterizzazione anche internazionale che si protrarrà fino alla fine di novembre del 2021. Tutto questo per dare slancio culturale, turistico ed economico al territorio.

“Legger Dante è un dovere; rileggerlo è bisogno; sentirlo è presagio di grandezza”, sono parole di Niccolò Tommaseo. Lei, Francesco, come si sente di commentarle?

E’ una frase che racchiude in sé una sollecitazione ad una conoscenza più ampia. Dobbiamo tener conto che colui che l’ha manifestata era personaggio influente ed autorevole dal punto di vista letterario e non solo, vissuto in epoca risorgimentale. Quella in cui Dante viene riscoperto come fonte di valori di libertà. Quindi al di là del significato letterario, a mio parere, ne è individuabile anche uno funzionale agli avvenimenti vissuti dal Tommaseo.

“Se tu segui la tua stella, non puoi fallire a glorioso porto”, scrive Dante nel XV Canto dell’Inferno e a parlare è Brunetto Latini . Francesco, che cosa è la “ stella” di Dante e che cosa è il “glorioso porto”?

In questo canto XV, rispondendo al suo maestro Brunetto Latini, Dante dice che a un certo punto della sua vita stava perdendo quelle certezze e convinzioni che dovevano essere i punti fermi del suo percorso di vita. Ma il maestro gli infonde nuova certezza, stimolandolo a non perdere di vista l’obiettivo che si era prefissato e che lui stesso conosceva già quando ancora era in vita. e lo stimola ancora dicendogli di andare diritto per la sua strada ignorando Bianchi e Neri e i fiorentini tutti, invidiosi delle tue buone azioni. Solo così raggiungerai il “glorioso porto”, la meta prefissata, la realizzazione del tuo pensiero politico.

Ne ”La vita nova” Dante, affronta il tema dell’amore. Secondo lei, quale significato assume oggi questa opera?

Sappiamo che per Dante la vicenda amorosa ricalcava in particolare tre momenti dell’ascesa dell’anima a Dio:  in un primo momento attraverso la riconoscenza per avere i beni materiali, poi dalla gioia di amare Dio per la sua infinita bontà, ed infine per l’anima che si ricongiunge con Dio. Nel nostro tempo, dove si sono sovrapposti tanti modi di pensare e forse un po’ di confusione per tante cose la facciamo, ripassare un po’ la concezione dantesca dell’amore non sarebbe una cattiva cosa. Se non altro per accorgersi che la nostra società sta perdendo la capacità di amare, perché abbiamo introdotto dei surrogati che ne distorgono il senso e ne mortificano la bellezza.

“Filosofia non è altro che amistanza a sapienza” scrive Dante nel “Convivio”. Che cosa è la “ sapienza” per Dante?

Se partiamo dal presupposto che la filosofia prima di tutto è la capacità di porsi delle domande attraverso le quali arrivare ad una conoscenza, questa, intesa come sapienza, è in stretto rapporto con la filosofia. Lo stesso Convivio, per Dante, doveva rappresentare una raccolta del sapere del suo tempo.

Dante scrive in latino il “De vulgari eloquentia” alla ricerca del volgare cosiddetto “illustre”, ma che cosa era per Dante il “volgare illustre”?

Poiché l’opera è dedicata al tema della lingua, dopo aver esaminato i tanti volgari italiani e concludendo che nessuno di questi poteva corrispondere a quello “illustre” capisce che deve darne una definizione. Quello “illustre” è la selezione delle migliori parlate dell’intera Penisola.

La sua dissertazione risulta essere più filosofica che linguistica dal momento che non portò mai a termine questo tipo di lavoro. Il volgare da lui usato fu infatti quello fiorentino da lui stesso tanto criticato.

Prima di lui il nostro Andrea da Grosseto tradusse in volgare i Trattati morali di Albertano da Brescia seguendo il principio “selettivo” delle migliori parlate in volgare; ne uscì fuori un testo che è stato definito il primo in lingua italica.

“A parte tutte le innovazioni, si ama Dante proprio perché parla di noi, di ognuno di noi. Nessuno conosce meglio le passioni umane, il profondo dell’animo umano come lo conosce Dante” (Roberto Benigni).

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