Cgil

Gallotta e D’Onofrio: «Operatori, mezzi e risorse per la sanità. Accelerare sui vaccini»

Salvatore Gallotta

GROSSETO – «Sin dall’inizio della pandemia la Funzione pubblica della Cgil – spiega Salvatore Gallotta, segretario provinciale della Fp Cgil – ha messo in evidenza che solo un’efficiente macchina pubblica avrebbe potuto gestire le difficoltà che sarebbero arrivate. E per questo abbiamo coerentemente chiesto fossero destinati risorse e operatori adeguati, unitamente al nuovo coordinatore regionale  dei medici ospedalieri e dei servizi territoriali della FP Cgil, Pasquale D’Onofrio (direttore dell’Area di Anestesia e Rianimazione dell’Azienda ospedaliero-universitaria senese).  Ora bisogna correre sulle vaccinazioni». Lo spiega Salvatore Gallotta, segretario provinciale della Fp Cgil.

«La situazione della pandemia è ancora complessa – spiega D’Onofrio – e con aumento dei casi e dei ricoveri, la pressione sulle terapie intensive è forte. Capisco la stanchezza, ma non bisogna mollare ora, servono ancora 2-3 mesi, perché la diffusione della vaccinazione e l’arrivo dell’estate ci riporteranno la libertà. Ma bisogna correre con le vaccinazioni: non mancano i professionisti, sia chiaro, mancano i vaccini».

Per D’Onofrio l’esperienza terribile della pandemia «ha visto la bellezza dei comportamenti a tutela reciproca, un meraviglioso senso della comunità che si difende insieme. Ma abbiamo anche capito gli errori che ci hanno messo a dura prova».

Per il sindacalista la fonte di questi errori è che «abbiamo costruito un sistema basato sul culto dell’efficienza che ha abolito ogni ridondanza. Ogni scorta di riserva strategica era stata bruciata, per eventi prevedibili figurarsi per quelli imprevedibili. Negli ultimi dieci anni abbiamo avuto 30 miliardi di sotto finanziamento, abbiamo perso 40mila operatori nella sanità, ridotto ogni 1.000 abitanti i posti letto da 5 a 3. La formazione non è allineata ai bisogni assistenziali, mancano professionisti in diverse specialistiche. Anche la medicina generale è in forte difficoltà e lo sarà ancora di più nei prossimi anni. Su questi punti di debolezza dobbiamo lavorare».

«Un Paese che mentre invecchia, taglia la sanità o indebolisce il territorio, magari per favorire il privato, come può non pagare dazio? Quanto agli operatori, hanno risposto attingendo ai medici ancora in formazione, e soprattutto sacrificando diritti, ferie, riposi non goduti di tutti  gli operatori sanitari, oppure mettendo a rischio la loro vita come all’inizio della pandemia».

Oltre al presente, bisogna guardare anche avanti. E capire come debba essere la sanità toscana del futuro e quali le sue priorità. «Occorre stimare il fabbisogno di personale sulla base dei carichi di lavoro. Far partire i concorsi per assunzioni stabili di tutte le professioni sanitarie. Laddove non ci sono sufficienti specialisti, attingere dagli ultimi anni di formazione e finanziare borse di studio per coprire prima possibile le carenze. È necessario avere servizi coperti h 24 al posto di reperibili chiamati 4-5 volte per notte. È fondamentale che oltre all’ospedale si sviluppi il territorio, in cui misurare il bisogno di cura nei vari setting assistenziali (presidi, cure intermedie, assistenza domiciliare, ecc..) e stratificare l’impiego delle risorse sulla base di questi bisogni».

«Non è pensabile che per avere una risposta bisogna andare sempre al Pronto Soccorso, e non basta aggregare i professionisti territoriali. Occorre dotarli di tecnologia, di una diagnostica di base (Ecg, Rx, ecografo, esami di laboratorio, ecc..) per consentire una risposta di qualità in prossimità. Così come non è pensabile che un paziente venga ospedalizzato o non venga dimesso perché manca sul territorio un adeguato livello di assistenza medico-infermieristica, residenziale o domiciliare. E’ fondamentale seguire in prossimità i pazienti cronici per prevenire riacutizzazioni e supportare il personale addetto alle cure, spesso stremati da situazioni estenuanti. E poi riqualificare i piccoli ospedali facendoli diventare centri di eccellenza dandogli una vocazione, senza rinunciare al primo soccorso. Potenziare la Medicina preventiva e la cura delle fragilità che emergeranno con forza».

D’Onofrio conclude così: «C’è molto da fare insomma ma quella che si presenterà è un’occasione unica che ci obbliga a una visione razionale e completa della sanità del futuro. Essa può nascere solo dal confronto franco, a 360 gradi e senza spirito corporativo, tra professionisti e istituzioni».

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