L'opinione

#tiromancino – Rosso Babbo Natale per tutelare persone ed economia. Ma ci vorrebbe il turismo ospedaliero

GROSSETO – «Consumo, quindi sono» ha definitivamente preso il posto del cartesiano «cogito, ergo sum». Almeno per una fetta non insignificante della popolazione italiana.

Questo Natale disgraziato c’ha messo del suo, esaltando la patologica incapacità di un discreto numero di persone a rinunciare al rito compulsivo dell’acquisto di regali e a quello consolatorio del cenone natalizio. Come se saltare un giro alla routine conformista cui è informata la nostra esistenza, equivalesse al venir meno dell’«ubi consistam» della razza umana. Una questione, insomma, di collocazione esistenziale. D’identità personale.

Le foto pubblicate sui media locali del corso di Grosseto invaso nello scorso fine settimana da una folla di acquirenti in preda all’irrefrenabile libido da acquisto natalizio, costituiscono solo una galleria dell’irragionevole sequela di scatti pubblicati sulle testate nazionali. Il ritorno alla zona arancione aveva evidentemente risvegliato i sensi di troppi orfani del consumo, tombati dallo stigma insostenibile della zona rossa.

Questa incapacità di discernere il bene (stare a casa) dal male (fare shopping contribuendo a propagare il virus) non è semplicemente un comportamento patologico, ma è l’epifenomeno di qualcosa di molto più profondo. Ovverosia di una sottostante crisi morale, per cui si mette nel conto (in molti casi inconsciamente) che contagiare qualcuno, e metterne in pericolo la vita, è un rischio accettabile di fronte alla volontà pervicace di soddisfare un proprio desiderio. Scambiato per un vero e proprio bisogno.

A questo si aggiungono i più marchiani degli errori cognitivi (in forma di “bias” o “euristiche”), per cui in base a pregiudizi o scorciatoie mentali si persevera in comportamenti socialmente pericolosi. Tipo: io non conosco nessuno che sia morto di Covid, quindi la zona rossa è un’esagerazione ideologica. L’imbecillità conclamata che ignora razionalità e prove scientifiche, così dilaga e diventa senso comune. Che è tutt’altra cosa dal buon senso.

Sarebbe facile scomodare le preveggenti analisi sugli effetti del consumismo d’intellettuali del calibro di Pasolini e Bianciardi, che capirono sin dagli anni ‘50 dove saremmo andati a parare. Tuttavia, non basta. Perché ignorare allegramente il rischio di esporre a sofferenze o di causare la morte di persone fragili, mettendole a contatto col Covid per comprare un presente o farsi un cenone, è qualcosa di inedito. E onestamente anche di distopico. Così come ignorare il fatto che la ripresa della pandemia avrebbe un catastrofico riverbero immediato sull’economia, è semplicemente da uomini di Neanderthal calati nei meccanismi capitalistici. Nell’uno e nell’altro caso, infatti, assistiamo a una regressione di civiltà che ci riporta a uno stato di natura prossimo alla bestialità.

Subordinata dell’imbarbarimento indotto da tanta frenesia natalizia, è la forma di utilitarismo d’accatto per cui si argomenta che tanto a morire di Covid sono perlopiù vecchi e persone con patologie gravi. Salvo scoprire con dispiacere di ritrovarsi in una delle due categorie. Che allora il giudizio cambia. Ma d’altra parte, come sosteneva il fondatore dell’utilitarismo filosofico Jeremy Bentham: «il bene è la maggior felicità del maggior numero».

Un’ultima considerazione. Bisognerà pur iniziare a riflettere sul perché in Asia il Covid-19 non ha avuto gli effetti catastrofici prodotti in occidente. Come negli Usa governati da quel fenomeno di Donald Trump, i cui disturbi della personalità, a oggi, hanno già fatto 314.000 morti (19 dicembre), con picchi di 3.650 decessi giornalieri (16 dicembre) e 280.000 contagi (11 dicembre) su un totale di 17,5 milioni di persone contagiate.

In Asia non significa solo in Cina, dove tracciamento e controllo digitale di uno Stato autoritario violano sistematicamente le libertà basilari delle persone. Asia è anche Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore. Tutte democrazie nelle quali la cosiddetta seconda ondata pandemica non c’è stata, e le persone stanno tornando alla normalità. Gli analisti l’hanno spiegato con più metafore: dal fattore X al senso civico, fino alla disciplina orientale figlia di Taoismo e Confucianesimo. Sta di fatto che là, le persone hanno sposato volontariamente e in massa le norme di precauzione che sul piano sociale hanno bloccato il propagarsi della pandemia. Prima dell’arrivo dei vaccini. Mentre Europa e Usa non sanno ancora quando finiranno di leccarsi le ferite.

In proposito, sono oramai in molti a sostenere che l’individualismo e il libertarismo delle società cosiddette liberali, sul piano della morale e dell’etica siano ormai trascesi nel menefreghismo bello e buono. Per manifesta incapacità di mettere paletti ai comportamenti individuali che minaccino convivenza civile e tenuta sociale delle nostre comunità.

I sintomi di questo sgretolamento di civiltà sono sotto gli occhi di chi li vuol vedere: dal “pensiero” a-scientifico dei no-vax e no-mask, alla sesquipedale cialtroneria negazionista di personaggetti come Matteo Salvini. Un capitan fracassa in pollici che guida la folta schiera di nani e ballerine catastroficamente inadeguati alla bisogna. Fuori o dentro il governo e la sua maggioranza. Interpreti esimi dell’Italia casereccia e natalizia che balla spensierata sul Titanic, fino a un secondo prima dell’inabissamento.

Per non parlare dei cacicchi che si ritrovano immeritatamente nel ruolo di presidente di Regione, la cui pochezza è deflagrata alla prima prova di compostezza e serietà alla quale gli eventi li hanno chiamati. O della buffonesca fanfaronaggine di Matteo Renzi, che in un contesto da tregenda non trova di meglio che atteggiarsi a emulo di Phineas Taylor Barnum, quello dell’omonimo circo, inventandosi immaginario salvatore della patria. Ruolo che ostinatamente gl’Italiani si rifiutano di conoscergli. Tributandogli il più basso indice di gradimento fra i politici del Belpaese.

«Noi siamo tutti sulla stessa barca. Che affonda lentamente. E mentr quelli cantano sereni. A voi tocca remare», cantava Dario Fo in “Mistero Buffo”. Ovverosia parlare di regali di Natale e cenoni, evitando di trarre le conseguenze logiche dagli oltre 70.000 morti che tutti vogliono dimenticare. Salvo quelli del comitato civico “Noi denunceremo”, che più che vendetta cercano le testimonianze per capire come tutto questo sia potuto succedere. E allo stesso tempo incoscientemente rimosso, a favor di shopping. Nello stesso momento in cui Angela Merkel, emozionata e tesa, ammonisce i parlamentari tedeschi avvertendoli che «lo scenario di Bergamo è dietro l’angolo»

Forse la «medicina santa» ci sarebbe, a portata di mano. Un bel tour a pagamento per rianimazioni e reparti Covid in giro per l’Italia, da nord a sud. In attesa che lo rendano obbligatorio con finalità pedagogiche. Accontentiamoci di un temporaneo lockdown rosso Babbo Natale. Che tanto le feste passano presto, e tutti potranno correre a comprare indispensabilissimi mini-peemer, forni a microonde, creme idratanti e attrezzi per il bricolage. Che se non altro un indice ha cominciato a risalire: quello di trasmissibilità.

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