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Svolta!: «La sanità toscana rappresenta uno dei migliori modelli italiani, questo è un fatto»

Massimo Baldi

GROSSETO – “La sanità toscana rappresenta uno dei migliori modelli italiani, questo è un fatto. Così come è un fatto che il metodo di governo, che nell’ultimo decennio ha prodotto le scelte politiche e operative, debba essere profondamente rivisto, pena l’impossibilità di continuare a garantire un servizio pubblico di qualità e competenza, effettivamente strutturato per dare risposte ai bisogni concreti di salute dei cittadini”.

A scriverlo, in una nota, Massimo Baldi e Silvia Suglia, candidati maremmani al Consiglio della Regione Toscana per la lista Svolta!, in appoggio a Eugenio Giani.

“Si potrebbero dire molte cose e affrontare molti temi e aspetti tecnici – proseguono -, ma i punti fondamentali, da perseguire senza deviazioni, sono quelli che individuano immediatamente il modello di società che noi vogliamo. Eccoli:

garantire le fondamenta del sistema sanitario pubblico. Questo vuol dire limitare il privato che, inevitabilmente, misura i suoi servizi sugli indicatori economici e di profitto. Vuol dire investire sulle risorse del sistema pubblico, risorse economiche, tecnologiche e umane. Vuol dire garantire la presa in carico di tutti i bisogni di salute dei cittadini, programmando il sistema organizzativo per fornire risposte assistenziali, sociali e socio sanitarie adeguate e innovative. Vuol dire una sanità di qualità garantita a tutti, senza esclusioni. Vuol dire rispetto delle regole e regolare effettuazione dei controlli: solo così si possono garantire i diritti di tutti e limitare i privilegi di pochi;

garantire un modello aperto di governance a tutti i livelli, dall’assessorato regionale, alle direzioni aziendali (Aziende Ospedaliere Universitarie e Aziende Unità Sanitarie Locali). Questo vuol dire limitare la concentrazione di potere decisionale nelle mani di poche persone. Vuol dire evitare la strutturazione di orde di vassalli alla corte del potente di turno, garantendo invece il confronto paritario e scelte partecipate. Infatti la conoscenza è un patrimonio diffuso e non è concentrata mai in singoli uomini. È questa conoscenza diffusa che rappresenta la ricchezza e il motore per organizzare al meglio le risposte ai bisogni di salute dei cittadini. Vuol dire coinvolgere professionisti sanitari ed ascoltare le voci dei territori. Vuol dire selezionare le competenze e non il vassallaggio, a partire dal mondo universitario;

garantire il corretto utilizzo di risorse. Vuol dire seminare e investire sugli esseri umani, per formare e riconoscere competenze. Vuol dire pretendere una corretta programmazione delle risorse umane e tecnologiche su dati certi e bisogni esistenti. Vuol dire arginare l’utilizzo delle cooperative e del personale interinale perché tutti i lavoratori hanno gli stessi diritti e non si può lucrare su di loro. Vuol dire impostare un metodo, chiaro e pubblico, di programmazione e controllo. Vuol dire rendere pubblici i piani di fabbisogno (risorse umane, tecnologiche, investimenti strutturali…) e i dati a corredo, per evitare asimmetrie tra i territori, disuguaglianze tra i cittadini e inaccettabile spreco di risorse pubbliche. Vuol dire esercitare e rendere possibile una continua azione di controllo sull’operato del pubblico. Vuol dire rompere definitivamente la catena delle relazioni improprie che hanno abbassato la qualità del nostro sistema sanitario regionale e che immettono nel sistema sanitario pubblico risorse di dubbia qualità;

garantire l’effettiva partecipazione dei cittadini. Vuol dire rendere aperti e liberi gli strumenti di partecipazione che la normativa regionale Toscana ha ben disegnato. Vuol dire stoppare la comunicazione autoreferenziale delle direzioni delle aziende sanitarie toscane e rivedere completamente gli attuali rapporti con la stampa. Vuol dire comunicare per informare i cittadini, alzandone il livello di conoscenza e consapevolezza. Vuol dire poter declinare sui territori, in base alle diverse esigenze di salute, i principi del sistema sanitario pubblico, riuscendo a fornire adeguate e peculiari risposte. Vuol dire mettersi in posizione di ascolto;

garantire il sistema della rete. Vuol dire rete e comunicazione diretta tra gli operatori sanitari della stessa azienda sanitaria ma anche di aziende sanitarie diverse (ospedale e territorio). Vuol dire rete tra aziende sanitarie per un corretto ascolto ed una conseguente corretta programmazione dei servizi sanitari e socio-sanitari. Vuol dire integrazione tra ospedale e territorio, tra servizi sanitari e servizi sociali, tra direzioni aziendali e propri dipendenti, tra direzioni aziendali e cittadini, tra cittadini. Vuol dire rinunciare ad una fetta del proprio potere a favore della qualità dei servizi sanitari e sociali, a favore della qualità della vita.

Questo nuovo metodo di governo è imprescindibile per realizzare la società in cui vogliamo vivere, in cui le scelte siano effettuate nell’ambito di una cornice culturale che mette al centro la solidarietà sociale, con la sua rete di relazioni e di tutela, la partecipazione e l’ascolto.

Solo così sarà possibile esaminare e rimodulare l’ultima riforma del sistema sanitario toscano (LRT 84/2005) che, di fatto, ha concentrato ancor di più il potere decisionale nelle mani di pochi e allontanato dai cittadini e da tanti professionisti sanitari il luogo e il tempo in cui le decisioni vengono prese.

Questa innovazione nel metodo va portata con forza agli stati generali della salute e della sanità, previsti da Giani per il prossimo autunno/inverno, facendo partecipare tutti i territori e i cittadini.

Se vogliamo evitare la fine dell’Umbria a presidenza leghista – concludono i candidati di Svolta! – che, per assenza di classe dirigente e competenze, è stata costretta a ricorrere all’ex assessore del Veneto per coprire il ruolo di assessore regionale alla Sanità, effettuando un viraggio della politica sanitaria in senso privatistico di libero mercato (l’Umbria, che era ai primi posti della qualità sugli indicatori di performance con il suo modello di stampo pubblico), se vogliamo evitare il rischio di colonizzazioni e smantellamenti, come in Umbria, e la conseguente demolizione delle radici e delle fondamenta del nostro sistema sanitario regionale, verso una deriva privatistica tutta a favore del profitto economico, dobbiamo assolutamente puntare, innanzitutto, sul rinnovamento del metodo di governance”.

 

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