L'opinione

#tiromancino – Così il centro storico di Grosseto non uscirà dal pantano in cui sprofonda

Tiro Mancino

GROSSETO – Il climax dell’assurdità è arrivato poco dopo le dieci di sera. Quando due cialtroni a bordo di un risciò sono stati opportunamente fermati sotto i portici di piazza Dante da un’energica signora, partecipe dell’iniziativa culturale organizzata da Libreria Palomar e associazione culturale “Arte Fran”. Bloccati e rispediti indietro con fare perentorio.

Ma la scala d’intensità del grottesco di una serata che avrebbe potuto essere deliziosa per protagonisti e argomenti oggetto del dialogo, aveva già raggiunto vette notevoli. Con una cacofonia di rumori e suoni di sottofondo che hanno reso un tormento seguire il confronto tra i due scrittori coinvolti. Le loro parole infatti arrivavano attutite e distorte ai circa 150 astanti, in virtù prima del brusio di fondo della piazza, popolata di bimbi vocianti e adulti incontinenti. Poi “impreziosito” dal martellamento coi bassi a palla di una dozzinale compilation rimandata in filodiffusione da più esercizi commerciali, col centro storico tramortito da uno straniante e incongruo effetto ipermercato. Cui è seguito, da un certo momento, l’intervento ostinato e contrario di un grillo che da qualche parte, su un muro, s’era piccato di frinire con invidiabile continuità. Aggiungendo compiaciuto confusione al casino. Dulcis in fundo, il sopravvento degl’inopportuni rintocchi delle campane del duomo, secchi e squillanti. Che hanno dato il colpo di grazia agli estenuati tentativi di seguire il filo logico del discorso da parte di un pubblico encomiabile per tenacia e passione.

L’irruzione improvvisa sotto i portici del risciò coi due energumeni di cui sopra, nel contesto, è stata quasi un diversivo benvenuto. Che ha momentaneamente distratto tutti dalla fatica di Sisifo di ascoltare quel che non si sentiva. Avviluppati in una cacofonia di rumori difficile da decifrare quanto un concerto di free jazz estremo.

La descrizione grottesca ma veritiera di quel che è avvenuto giovedì sera nel cuore del centro storico del capoluogo non ha certo l’obiettivo di ridicolizzare l’iniziativa culturale promossa da Libreria Palomar e associazione Arte Fran, nell’ambito della manifestazione “Atelier delle Arti”. Ma, attraverso il paradosso, il suo esatto contrario. Perché le 150 persone assiepate intorno ai tavolini nell’angolo cieco di piazza Dante, per ascoltare il confronto tra Daniele Mencarelli, vincitore dello “Strega Giovani” con «Tutto chiede salvezza», e il poeta e docente Gianfranco Lauretano, sono la dimostrazione plastica dell’interesse vivo per le iniziative culturali che c’è anche in una città apparentemente amorfa e stordita come Grosseto. Lo hanno dimostrato altre iniziative promosse da Clarisse Arte, Museo Archeologico, libreria Quanto Basta, Bianciardi 2022, Clorofilla film festival, Fondazione Bianciardi, Libreria delle ragazze, le letture pubbliche di “Pagine en plen air”, o la recente esposizione di arte pubblica delle statue di Alberto Inglesi, “Donna in cammino”, organizzata dalla stessa Palomar. Fra le tante altre. Insomma un fermento culturale vivace se non effervescente, che è figlio dello spirito d’iniziativa di alcuni testardi propalatori, in senso lato, di conoscenza e sapere. E attecchisce in un humus d’interessi vasti per quanto forse ancora poco selettivi.

In tutto questo l’aporia – nel suo significato di problema irrisolto, di conflitto almeno apparentemente non componibile – sta nel ruolo inadeguato rivestito dal centro storico cittadino. Più che protagonista consapevole, quinta irresoluta, decadente e disinteressata di una disorganizzazione che sembra accuratamente programmata. Tanta è l’estemporaneità delle iniziative che si sovrappongono. Figlia a sua volta del disinteresse pubblico e degli spiriti animali del commercio. Incapaci di dialogare in modo costruttivo per plasmare, auspicabilmente, un’identità di massima del sempre evocato (a sproposito) «salotto buono della città». Che non mortifichi le legittime aspirazioni di ciascuno, ma le sappia comporre in una cornice d’armonia. O almeno in una sua accettabile approssimazione.

Ecco giovedì scorso la porzione di città circoscritta dalle cinquecentesche Mura medicee, restituiva al visitatore tutta la disarmante ininfluenza rispetto al proprio ruolo d’elezione, di spazio pubblico riconosciuto, condiviso e accogliente. Mostrandosi al peggio di sé, come un piccolo suk balcanizzato in diverse tribù incapaci di dialogare fra loro: il distretto della ristorazione, vivace nonostante il Covid-19. Le saracinesche alzate dei negozi che rilanciavano una stessa insapore “a-melodia”, spettatrici di uno struscio stravaccato e poco entusiasta. I gruppi di sedicenni appollaiati sulle propaggini del ponte Amiata, sovrastati da un Cassero tetro e inanimato. La piazza Dante vivace di bimbi, oramai si trovano solo lì, e ostaggio dei lanciatori di trottole luminose. Le avvisaglie degli appostamenti in vista dello spaccio notturno. Il disperato tentativo di fronte alla libreria Palomar di parlare in mezzo al caos dei rumori, di cose belle quali la poesia, la qualità della scrittura, la patologia psichiatrica come porta d’accesso al dolore e alla comprensione della vita disintermediata dai filtri dell’età e delle convenzioni sociali.

Non si tratta di considerare certe forme d’intrattenimento meno degne delle iniziative a carattere culturale. Sono evidentemente cose diverse, con platee di fruitori diversificate. Ma è evidente che non tutto è sovrapponibile in contemporanea, perché il consumismo commerciale è un’opzione incompatibile con la discussione pubblica di contenuto culturale.

D’altra parte il centro storico di Grosseto non ha il pregio di altre realtà della Toscana. E nelle more di una riqualificazione estetica dai tempi lunghi quanto improcrastinabile, a partire dal rifacimento totale del selciato, possono tranquillamente convivere utilizzi diversi e alternativi degli spazi. Basterebbe avere la voglia, e la lungimiranza, di programmare eventi e occasioni d‘incontro. Magari individuando giorni diversi per ogni tipo di offerta. Ed anche periodi dell’anno che si prestano più a certe iniziative che ad altre.

Una cosa è certa, ad ogni modo. Se non si cominceranno a sciogliere un po’ di nodi e a fare le prime scelte dirimenti, il centro storico di Grosseto continuerà, bene che vada, a barcamenarsi in una mediocrità tendente al ribasso. E nel medio periodo anche i più tenaci ed entusiasti promotori d’iniziative di qualità, non potranno che soccombere agli eventi.

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