L'intervista

A tu per tu con Massimiliano Gracili, l’autore e regista che da 10 anni vive in Maremma

Massimiliano Gracili

MASSA MARITTIMA – Autore, regista, sceneggiatore, collabora al Film “Bimba” di Sabina Guzzanti, ad alcuni progetti per la Disney Italia, nel 2011 vince il premio internazionale “Pro arte” con il progetto “Teatro dei racconta paesi”. Oggi, Massimiliano Gracili, che ringrazio, mi concede gentilmente questa intervista.

Nel 2014 dai il via all’associazione “ Liber pater”, vorresti parlarmene?

Sì, è nata quasi per caso ma se vive e va avanti è soprattutto per l’impegno che ci mette la mia grande amica Sonia Lenzi che con me anima e gestisce l’associazione.

Negli ultimi anni abbiamo organizzato molte cose interessanti e importanti ma il progetto più innovativo e importante è “Teatro on air” che quest’anno si terrà a Follonica dal mese di ottobre. Comunque, la cosa che più mi inorgoglisce del lavoro di Liber pater è il grande lavoro che abbiamo fatto a Massa Marittima sulla lettura a voce alta, che ha messo insieme un gruppo di volontari (quasi cinquanta) che sono impegnati nel leggere agli anziani, malati e bambini. Il grande lavoro fatto da Sonia Lenzi per l’abbattimento le barriere architettoniche in quel territorio sta dando risultati incredibili.

Attualmente sei docente di teatro presso l’Istituto Bernardino Lotti di Massa Marittima. Quanto è difficile insegnare teatro ai ragazzi e quanto invece è semplice?

Amo molto insegnare ai ragazzi, soprattutto agli adolescenti, anche se purtroppo non sono mai in tanti quelli disposti a “provare”. Purtroppo il teatro è ancora visto e percepito come una qualcosa di “elitario”, snob fatto da intellettuali noiosi. E i ragazzi hanno quindi difficoltà ad avvicinarsi. C’è una grande ignoranza di fondo, anche per colpa di noi addetti ai lavori che troppo spesso amiamo presentarci su uno scranno anziché al pari degli altri, ragazzi compresi. Peccato, perché il teatro, oltre ad essere un’occasione di divertimento e socialità, ha il grande pregio di essere un importante e utilissimo “allenamento” alla vita.

Veniamo adesso alla tua esperienza come autore televisivo. Oltre ad aver lavorato ad una serie sulle grandi battaglie del medioevo per History Channel hai scritto e diretto tre documentari sulla figura di San Francesco. Come è stato lavorare su questa figura così importante e amata?

E’ stata un’esperienza fantastica. Il lavoro mi fu commissionato dopo l’elezione di Papa Francesco e mi ha dato la possibilità di conoscere due giganti, Francesco e Chiara,  figure tra le più rivoluzionarie, utopistiche e visionarie di tutti i tempi. Purtroppo il lavoro richiestomi doveva avere un taglio “devozionale”, e quindi ho raccontato le loro figure attraverso la solita chiave mistico-religiosa che li vuole elevati a entità divine e sovrumane, mentre la cosa più bella, interessante e sconvolgente della loro incredibile storia è che tutto quello che hanno fatto, e cioè rivoluzionare la chiesa, la religione e quindi il mondo, l’hanno fatto due giovani amici mossi dal desiderio di opporsi al potere e alle convenzioni dell’epoca. E’ una storia che meriterebbe di essere studiata a scuola nel programma di storia.

“E’ bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare ad una folla” ha detto Cesare Pavese. Come ti sentiresti di commentare queste parole?

Pavese è uno dei miei autori preferiti che meglio di altri ha codificato e spiegato certe emozioni. Ha ragione, è una frase verissima anche se la gioia più grande tra le due, ovviamente, è parlare alla folla. E il primo e vero obiettivo che ci porta a scrivere è spiegato alla perfezione sempre da Pavese in un suo carteggio con Montale, dove gli dice: “Il vostro grande cruccio (che è poi di tutti i poeti) è che per natura potete avere solo un pubblico, mentre in realtà, sognate anime gemelle”. Ecco, credo che questa frase, allargata a tutti e non solo ai poeti, sia la più esatta e meno ipocrita nel descrivere ciò che vuole ottenere chi scrive: essere amato. Suscitare e generare amore.

Da oltre dieci anni vivi in Maremma, qual è la caratteristica di questa terra che più apprezzi?

Questa è la domanda più difficile, perché io sono innamorato della mia terra e l’amore è difficilissimo da definire o spiegare. Una delle cose che amo di più è il nostro essere paesani che per me è un valore e ha un significato positivo che vuol dire conoscersi, sapere chi è l’altro a prescindere poi dall’avere con questo altro un rapporto. Pavese, che abbiamo già tirato in ballo prima, scriveva che “Un paese vuol dire non esser mai soli”. Ecco, per me è così. Io in Maremma mi sento meno solo.

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