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Gessi rossi a Pietratonda, Barocci: «La piana di Grosseto non può finire come Scarlino»

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Gessi rossi a Pietratonda, Barocci: «La piana di Grosseto non può finire come Scarlino»
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CAMPAGNATICO – «Perché la piana di Grosseto deve finire come quella di Scarlino?» a chiederlo Roberto Barocci per il Forum ambientalista di Grosseto . «Se non si rigetta il progetto di scaricare a Pietratonda oltre un milione e mezzo di tonnellate di gessi rossi ex Tioxide, oggi Venatur, c’è il rischio concreto che nella pianura di Grosseto si ripeta quello che è già successo a Scarlino, dove si sono dovuti chiudere i pozzi artesiani di acqua, sia per uso potabile che per l’irrigazione, per inquinamento delle falde idriche».

«A Scarlino la Venator è oggi chiamata a bonificare le falde per la presenza di esagerate concentrazioni di manganese, solfati e cloruri. Questo rischio emerge dalla lettura di diversi contributi scritti da Uffici pubblici alla conferenza dei servizi della Regione Toscana, che avrebbe dovuto autorizzare il progetto per una discarica a Pietratonda e che ha rimandato il tutto per il possibile inquinamento delle acque a contatto del calcare cavernoso. Tale formazione rocciosa che affiora a Pietratonda è la stessa formazione di calcare cavernoso sede dell’acquifero che scende nella pianura grossetana, tutelato nel Piano di gestione delle acque dal distretto idrico dell’appennino settentrionale. Scrive l’Arpat che: “rappresenta un acquifero di importanza strategica per l’approvvigionamento idrico della pianura grossetana”».

«Quel progetto deve essere quindi valutato da tutte le Organizzazioni del mondo agricolo grossetano e da tutti i suoi rappresentanti politici perché il rischio è reale e concreto e non riguarda i soli comuni di Campagnatico e Civitella. Quest’ultimi giustamente hanno rilevato che quel progetto non deriva affatto, come volevano far credere i proponenti, da un’ordinanza del Tribunale di Grosseto. I due Comuni hanno segnalato l’incoerenza del progetto con gli strumenti urbanistici locali e provinciali e mettono in evidenza l’aspetto più preoccupante, che anche altri Uffici pubblici, quali il Genio civile e l’Arpat hanno ben delineato: l’affioramento del calcare cavernoso, le venute d’acqua e la presenza nei terreni, a contatto con la discarica, di sabbie permeabili capaci di infiltrazioni sul calcare cavernoso sottostante» prosegue Barocci.

«Scrive il Genio Civile: “considerato che gli obiettivi del Piano di gestione delle acque sono quelli di mantenere nel tempo lo stato ambientale buono del corpo idrico sotterraneo, si fa notare la estrema vulnerabilità dello stesso dovuta alla presenza nel sito di progetto della Formazione del Calcare Cavernoso; in queste condizioni, non si possono escludere impatti dovuti alla realizzazione della discarica sul suddetto corpo idrico”. E prescrive, nel caso che la Regione voglia autorizzare la discarica che “dovrà essere prevista l’impermeabilizzazione del fondo e delle sponde della discarica; dovrà essere progettato un sistema di monitoraggio quantitativo e qualitativo delle acque superficiali e sotterranee, al fine di monitorare nel tempo l’impatto su di essi della discarica”. Ma perché si deve correre il rischio che l’impermeabilizzazione si laceri e che il successivo monitoraggio segnali l’inquinamento, come a Scarlino? Cosa ne pensa l’assessora all’Ambiente, la geologa Simona Petrucci? E’ informato l’onorevole Mario Lolini, competente imprenditore agricolo? E’ stato informato il consigliere Leonardo Marras delle incertezze che ha espresso a Firenze il responsabile del procedimento autorizzativo?».

Barbara Farnetani
27 Giugno 2020 alle 9:40
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