Scansano

Tollapi esce dalla maggioranza: «Mi dimetto perché credo nella politica, e quella del sindaco è tecnocrazia»

Municipio scansano

SCANSANO – “Mi dimetto da consigliere comunale di maggioranza dell’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Francesco Marchi perché credo ancora nella politica”.

A scriverlo, in una nota, Elisabetta Tollapi, eletta nella lista “Insieme per Scansano Marchi sindaco”.

“Credo nella politica che sta vicino alle persone – prosegue Tollapi -, che ama la propria ‘polis’, che fa il possibile e tenta l’impossibile per mantenere e migliorare servizi, scuole, attività imprenditoriali e commerciali, vivacità, convivialità, associazionismo, sport. Con un’attenzione particolare alle giovani generazioni. E tutto ciò è molto, molto lontano dalla “tecnocrazia” di Marchi e della sua Giunta.

Dopo quattro anni di esperienza amministrativa fortemente travagliata e difficile, è arrivata per me la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che mi ha portato alla decisione irrevocabile di dimettermi: la questione della Polisportiva Scansano.

Non voglio entrare nel merito delle problematiche (di cui ho solo notizie parziali a mezzo social, e questo la dice lunga su come il sindaco Marchi usi coinvolgere i suoi consiglieri nelle questioni più delicate e importanti), ma sono realmente rimasta sbalordita dalle modalità con cui è stata affrontata la vicenda, con modi e toni totalmente inappropriati e inusuali, tipici di un’amministrazione che ha sempre mostrato la totale assenza di empatia con la comunità scansanese, riducendo al minimo il dialogo con il terzo settore (che è il vero motore di speranza delle comunità locali), evitando – anche molto prima del Covid- visite e ‘cure’ costanti alle numerose frazioni del Comune, in un continuo scollamento con la comunità. E con un fil rouge nelle proprie azioni e decisioni: la conclamata volontà di rompere con tutto ciò che c’era in passato di buono, per poterci mettere sopra il cappello. Per poi spesso imbattersi in grandi flop, di cui l’attuale condizione del campo sportivo ne è una immagine significativa, tra le tante.

La mia piccola e travagliata storia amministrativa iniziava però già dal primo mese di mandato, quando Marchi, Gianni Iozzelli ed altri, snobbavano con battute poco ironiche, e in parte offensive, le mie proposte (da assessore alla Cultura quale ero) di gestione mista del Teatro Castagnoli, con il sogno nel cassetto di farne un luogo di cultura e arte a disposizione di attori, pubblico, studenti, anziani cittadini, associazioni, aperto al vento e ai forestieri (citando un grande della letteratura italiana).

Continuava con l’istituzione della commissione cultura – in cui il ruolo dell’assessore, cioè il mio, non era previsto – e il riferimento doveva essere esclusivamente il sindaco – per esautorarmi di fatto da ogni ruolo propositivo e decisionale.

Proseguiva quindi, dato il mio manifesto dissenso, con la ‘cacciata’ alle streghe, fuori dalla giunta con tanto di lettera notificata dalla Polizia Municipale, e neanche una parola pronunciata a voce o per telefono. Evento che ha dato al Pd locale e grossetano l’occasione per mostrarsi in tutta la sua debolezza, e dal quale – colgo l’occasione – per prendere pubbliche distanze (essendomi anche già iscritta al partito di Carlo Calenda, Azione): i cari compagni di Partito democratico hanno fatto a gara per chiedere al signor Marchi di ricoprire – da non eletti – il mio ruolo di assessore, dando la colpa al mio cattivo carattere, e non capendo quale fossero invece le reali motivazioni e quale peso politico avesse la decisione di Marchi, anche a fronte del numero di voti che ho portato alla lista e al Pd, in quanto prima assoluta degli eletti.

Un modo di fare politica neanche da Prima repubblica, ma da ‘restaurazione’, con la volontà esplicita di estromettere chi ‘canta fuori dal coro’ per dare voce a chi ha poca voce e usare favori dozzinali, tra amici di caccia e vicini di casa.

La piccola storia di travaglio amministrativo proseguiva poi con un attivo ruolo di consigliere comunale, cercando sempre di studiare ogni delibera e ponderare ogni voto, con discernimento, anche al fine di evitare il perpetrarsi di una situazione ‘bulgara’, con l’opposizione – nelle due anime di destra e sinistra -, che è sempre stata stampella dell’amministrazione. Ma poco si può fare in una, o meglio – ad onor del vero – in tre, per il bene del nostro paese e dei suoi cittadini.

Scrivo quindi oggi per chiedere scusa alla popolazione tutta di Scansano – e non solo alle tante persone che mi hanno dato fiducia con il proprio voto – che avrei voluto contribuire ad amministrare meglio possibile, ma non mi è stata data l’opportunità per i motivi sopracitati e tanti altri, che allungherebbero il brodo ma non la sostanza.

Mi rammarico perché, anche quando mi sono impegnata e ho proposto, studiato, pensato, valutato, a poco e nulla è servito, difronte ad un sistema politico che, tra tecnicismi, burocrazie e scaricabarili, è rimasto nella più totale immobilità. Un esempio per tutti: la battaglia per la Scuola di Pomonte (fatta, in giunta, per la scuola primaria ma soprattutto per mantenere viva una comunità forte e coesa come quella di Pomonte) che sembrava vinta, con il progetto di ristrutturazione dei locali, ma che a causa dei tempi troppo lunghi con cui è stato portato avanti tutto l’iter di finanziamento, non è stato possibile evitare ripercussioni sul buon nome del plesso e sul numero di bambini iscritti.

E il mio dispiacere più grande è l’aver creduto ad un progetto di amministrazione ‘mista’ (formata da esponenti di destra, civici e del Pd) che chiamavo ‘laboratorio’, viste le diverse estrazioni civili e politiche dei candidati, in cui sembravano intravedersi concrete speranze di miglioramento, se solo fossero stati apprezzati e incentivati i tanti contributi e le diverse peculiarità, ma che invece è stato totalmente disatteso, tra pressapochismo, immobilismo e servilismo, disilludendo gran parte delle persone che – insieme a me – ci avevano creduto.
E che credono ancora nella politica, quella vera.

Piccola digressione finale da insegnante – conclude Tollapi -: ‘politica’ deriva dal termine greco politikḗ , che significa ‘arte’ del governare la città-comunità; tecnocrazia (quella di Marchi) è una parola composta che significa potere/comando dei tecnici. Potere, non arte. Le parole, al pari dei fatti e degli atteggiamenti, contano”.

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