L'opinione

#tiromancino – Trasporto pubblico locale. La vera posta in gioco dietro l’avviso di garanzia a Enrico Rossi

Tiro Mancino

GROSSETO – Quella della gara regionale per il gestore unico del trasporto pubblico locale – il celeberrimo Tpl: bus urbani e autobus extraurbani – non è una storia a lieto fine. Almeno ad oggi. E non lo è per quell’incredibile e folle cultura giuridica da azzeccagarbugli che domina le procedure di gara. Cultura che arzigogola sui codici per conto di interessi costituiti inossidabili nel perseguire i propri fini. Refrattari al buon senso e alla logica.

Per quanto riguarda le province di Grosseto e Siena, co-protagonista di questa telenovela è Tiemme Spa, da qualche anno gestore del Tpl nei due territori.

Anche se è impossibile, e in questa sede inutile, addentrarsi nei meandri di ricorsi e sentenze, è dovuta una brevissima sintesi della grottesca vicenda che dal 2013 tiene in ostaggio il sistema del trasporto pubblico su gomma dell’intero granducato. Quell’anno la Regione Toscana decide di mettere a gara in un unico lotto tutto il trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano. Le truppe si organizzano, com’è ovvio che sia: da una parte il consorzio Mobit, che associa 9 aziende locali di Tpl – tra le quali Tiemme Spa – e Ferrovie dello Stato (tramite BusItalia). Dall’altra Autolinee Toscane, di proprietà dei francesi di Ratp (gestori del Tpl di Parigi).

Nel 2015 vincono a sorpresa quest’ultimi, si dice per i contrasti fra i soci dell’altra cordata incapaci di trovare la quadra sull’offerta. Parte quindi la scontata e sussiegosa disputa sulla “toscanità” da salvaguardare nel Tpl, ché quanto a campanilismi in questa regione siamo cattedratici di fama mondiale. Poi la polemica prosopopea antifrancese di marca patriottarda, anche se la normativa europea sulla concorrenza è rispettata. Indi, come da copione, seguono ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato.

Nei consueti tempi biblici, i nostri borbonici tribunali amministrativi pronunciano tre sentenze che danno ragione agli odiati cugini d’oltralpe. L’ultima delle quali poche settimane fa.

Entro giugno i perdenti dovrebbero consegnare depositi e mezzi agli aggiudicatari. Ma nel frattempo è già scattata la melina, con rilanci e polemiche. Che sfociano in un’inchiesta della magistratura a seguito di un esposto presentato dai soccombenti, che prima coinvolge ovviamente i componenti la commissione aggiudicataria. Poi lo stesso presidente della Regione, Enrico Rossi, chiamato in causa per una dichiarazione fatta alla stampa a buste delle offerte aperte e con aggiudicazione provvisoria della gara. Il quale, a sua volta, da par suo, risponde con quattro denunce: querela per diffamazione; denuncia penale; richiesta di risarcimento danni e segnalazione all’Antitrust.

Chiaro come il sole che sarebbe inutile anche solo provare a capire quale potrà essere l’esito giudiziario di questo mastodontico casino. A voler fare un azzardo, scommetterei sul fatto che Enrico Rossi ne uscirà candido come una maglietta fresca di bucato. Ma la cosa è ininfluente ai fini del nostro ragionamento.

Molto più interessante è constatare come questa kaƒkiana vicenda veda schierata con tetragona compattezza quasi tutta la periferia politica contro la giunta regionale della Toscana, in una contrapposizione frontale e cruenta fra componenti della stessa maggioranza di governo. Ma non solo. Contro i “fiorentini” guidati da Rossi, infatti, in periferia Centrosinistra e Centrodestra sono alleati con sorprendente comunità d’intenti. Almeno apparentemente.

Leggere questo scontro affidandosi agli schemi tradizionali destra-sinistra e centro-periferia, tuttavia, sarebbe fuorviante. La chiave di lettura corretta, infatti, è quella di uno scontro fra élite che molto poco ha a che vedere con le appartenenze politiche di facciata. Non a caso gli amministratori delle piccole società dei trasporti con radicamento territoriale sono tutti sullo stesso fronte, a tutela di una logica di occupazione dei consigli di amministrazione che prescinde la tessera di partito che hanno in tasca. Tiemme Spa (che gestisce il Tpl nelle province di Grosseto e Siena) è oggi egemonizzata dal Centrodestra. Come altre società, a Prato, Firenze o Lucca, hanno nei ruoli chiave uomini del Centrosinistra. Ma in ogni situazione ci sono gli uni e gli altri. Tutti fortemente determinati a resistere. Perché occupare certi ruoli garantisce prebende, pratiche clientelari, riserve di caccia, distribuzioni di incarichi. Insomma il più classico dei metodi di sottogoverno. Che da decenni si perpetra adattandosi alle diverse fasi storiche, economiche e politiche. Nella certezza incrollabile che la ruota gira, e premia tutti.

Questo sistema è stato assecondato negli anni dal meccanismo delle gare regionali per attribuire ai gestori le tratte di Tpl sulla base di bacini provinciali o interprovinciali. All’ombra di un equivoco di fondo: chi assegna le concessioni è l’ente pubblico Regione. Chi concorre alle assegnazioni sono formalmente società di diritto privato, i cui soci di maggioranza, assoluta o relativa, sono però gli Enti locali. Ovverosia sostanzialmente altri soggetti pubblici. Una commistione che, al di là dei formalismi giuridici messi a punto da menti raffinate e pervertite, si basa su una suddivisione delle “sfere di competenza” che stava bene a tutti, “trasversalmente y consociativamente”. Un contesto di “mercato” all’Amatriciana, nel quale l’efficienza dei servizi di trasporto, la soddisfazione dell’utenza e il contenimento dei costi erano variabili dipendenti del quieto vivere sul piano politico-autocratico-istituzionale.

A torto o a ragione – ai posteri l’ardua sentenza – la decisione della Giunta regionale (e del Consiglio) di procedere con una gara internazionale del valore di 4 miliardi di euro per l’affidamento del servizio di Tpl a un gestore unico per tutta la Toscana, è stata la miccia lasciata nella polveriera. La vittoria dei francesi di Ratp-Atolinee Toscane la deflagrazione che sta squassando il vecchio mondo, che reagisce in maniera scomposta e poco razionale di fronte alla nuova fase che ne sancisce il definitivo tramonto. Anche se, contraddizione nelle contraddizioni, Autolinee Toscane è una società detenuta al 100% da una società a sua volta praticamente pubblica. Che a Parigi e nell’Ile-de-France è monopolista del Tpl e della metropolitana.

Come sarà il nuovo mondo, e se i cittadini utenti del Tpl toscano ci guadagneranno o meno in termini di qualità del servizio, ancora non è dato sapere. Nella fase che si apre, tuttavia, una cosa pare apprezzabile. La divisione dei ruoli tra controllore, la Regione Toscana, e gestore, la società specializzata nella gestione dei trasporti. Naturalmente nella speranza che alle inefficienze dei piccoli oligopoli di provincia non si sostituisca la grande inefficienza del monopolista regionale. E con l’auspicio che il sistema pubblico sappia dotarsi di professionalità e strumenti di controllo efficaci rispetto alla verifica della qualità dei servizi, e ai poteri di sanzione.

Sarebbe quantomeno disdicevole, per esser carini, fra un paio d’anni o giù di lì, che la Regione Toscana si trovasse nella stessa imbarazzante situazione in cui s’è trovato lo Stato italiano nei confronti di Autostrade Spa, dopo la tragedia del ponte Morandi. «Come il cane che fa la guardia all’aglio: né lo mangia, né lo fa mangiare».

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