Ambiente

Comitato aria pulita: «Le acque della Diaccia Botrona sono inquinate. Il Comune intervenga»

Aironi Diaccia Botrona

GROSSETO – “Oltre un mese fa, il Comitato Grosseto aria pulita chiedeva al sindaco del capoluogo la convocazione di un consiglio comunale aperto o di una commissione consiliare per un confronto pubblico sulle verifiche compiute dal Comune in merito al funzionamento delle centrali a biogas grossetane, spesso origine di cattivi odori che periodicamente interessano la città di Grosseto”.

A parlare Matteo Della Negra del Comitato Grosseto aria pulita.

“A seguito delle denunce di disagi e malesseri per i miasmi da parte di numerosi cittadini e della conseguente attività di studio dei documenti e delle norme e di sollecitazione delle istituzioni da parte del Comitato – prosegue -, nei mesi scorsi il Comune ha compiuto delle verifiche sugli impianti a biogas grossetani.

Il sindaco di Grosseto, al termine delle verifiche compiute dal suo Tavolo tecnico, nel novembre scorso scrisse: ‘Oggi rassicuriamo pubblicamente i cittadini sulla corrispondenza tra norme esistenti e gestione degli impianti’. Eppure, in alcuni casi, dai nostri accertamenti analitici risulta il contrario.

Dopo aver chiesto inutilmente che il primo cittadino pubblicasse i dati a riprova delle sue affermazioni, il Comitato ha raccolto le analisi che interessano i terreni su cui operano tre impianti a biogas, che documentiamo e che abbiamo oggi inoltrato al sindaco con la richiesta di una sua doverosa verifica.

Si tratta di inquinamento della falda idrica che drena le acque nell’adiacente Diaccia Botrona, zona di altissimo pregio ambientale, e di inquinamento delle acque superficiali di terreni prossimi all’abitato cittadino in località Lago Bernardo.

Per questo – conclude Della Negra – il Comitato Grosseto aria pulita chiede al sindaco di Grosseto che attivi la legislazione sulle bonifiche, verificando l’origine dell’inquinamento documentato e, una volta individuata, facendo bonificare la fonte inquinante”.

 

Segue l’approfondimento di carattere analitico per le due situazioni documentate a cura di  Roberto Barocci.

Punto 1 e 2 – Nei terreni di località Lago Bernardo, in cui viene spanto il digestato proveniente dai due impianti a biogas di San Martino, sono state scaricate quantità eccessive di materiali, e attraverso gli scarichi di quei terreni sono state inquinate le acque pubbliche del fosso Molla 2.

Sono oltre i limiti di legge, inquinando le acque superficiali pubbliche, le concentrazioni di nitrati quantificate, da un laboratorio abilitato di analisi chimiche, su campioni di acqua prelevati dallo stesso laboratorio lungo il fosso Molla 2, in località Lago Bernardo, nei punti dove scaricano delle canalette drenanti i terreni agricoli utilizzati per lo spargimento del digestato proveniente dai due impianti di loc. San Martino.

A monte di tali punti di prelievo ci sono solo i terreni utilizzati dai suddetti impianti, poiché il fosso Molla 2 nasce appunto raccogliendo le acque superficiali scolanti da tali terreni. I suddetti terreni sono stati oggetto di inutili segnalazioni al Comune di Grosseto, con fotografie pubblicate anche dalla stampa locale, da cui si deduceva l’esagerata quantità di digestato depositatovi.

I prelievi e le certificazioni che si allegano con relative coordinate (all. 1) sono state compiute in due tempi e riteniamo che possano indicare un mancato rispetto delle condizioni colturali previste dalle norme e finalizzate al miglioramento della fertilità dei terreni, e dei i limiti previsti dalle leggi ( articoli 14 e 24 del decreto ministeriale 5045/2016 e articolo 23, comma 7, del Dpgr 46/R/2008) per il contenuto massimo di azoto nei digestati depositati. Dai risultati delle analisi si può dedurre che tali pratiche non siano finalizzate al miglioramento delle produzioni agricole e che tali terreni siano di fatto utilizzati come discarica per lo smaltimento dei materiali solidi e liquidi in uscita dagli impianti, come l’intensità dei cattivi odori e le suddette osservazioni dall’esterno lasciavano ipotizzare richiedendo serie verifiche.

Nel caso specifico il controllo dell’utilizzo dei digestati in uscita dagli impianti è per legge tutto in capo al Comune di Grosseto.

Dalle analisi effettuate risultano nei suddetti campioni di acqua forti concentrazioni di nitrati, decine di volte superiori ai limiti sia delle norme che disciplinano gli scarichi in acque superficiali (decreto legislativo 152/06, Parte terza, Titolo III, articolo 101, allegato 5, tabella 3), sia delle norme che disciplinano le bonifiche dei terreni inquinati (decreto legislativo 152/06, Parte quarta, titolo V allegato 1, punto 2. Criteri per la valutazione della qualità delle acque superficiali).

Il rispetto della legalità prevede che il sindaco attivi la legislazione sulle bonifiche al fine della caratterizzazione del sito e, una volta individuata, della bonifica della fonte inquinante.

Punto 3 – Risulta inquinata la falda idrica sottostante i terreni in località Cernaia, in cui sono stati scaricati digestati e liquami dall’adiacente impianto a biogas, con un rischio concreto di inquinamento della Diaccia Botrona.

Nelle Conclusioni della Relazione tecnico-agronomica (all. 2) redatta dal Consulente d’ufficio ausiliario Gino Massimo Detti e fatta propria dal C.T.U, che ha analizzato 30 campioni di terra prelevati a diverse profondità nei terreni adiacenti all’impianto e oggetto di scarico di digestati solidi e liquidi, si evidenzia “un accumulo eccessivo di Azoto nitrico” e si sottolinea “il rischio concreto di inquinamento delle falde idriche”. Il suddetto Consulente d’ufficio, dopo aver rammentato che i valori medi di azoto nitrico nei terreni limitrofi (presi come paragone della condizione preesistente della zona) fanno registrare una concentrazione inferiore ai 10 mg/kg, riporta i valori nei terreni oggetto del deposito del digestato, che sono da 10 a 20 volte superiori a quelli della zona circostante.

Partendo dai dati analitici misurati da Gino Massimo Detti, e disponendo dei dati non contestabili circa il peso specifico di quelle terre (all. 3), si è potuto calcolare che le quantità di azoto scaricate su tali terreni sono pari a centinaia di volte il limite massimo di legge per la distribuzione in un anno dell’azoto.

L’ipotesi di rischio concreto di inquinamento delle falde, indicata dall’agronomo Gino Massimo Detti è stata confermata dal dato analitico certificato nel marzo 2020 dal geologo Massimo Fanti (all. 3), incaricato dal C.T.U. di analizzare le acque della falda sottostante i suddetti terreni, in un punto (piezometro n° 4) collocato a valle idrogeologica dei terreni oggetto negli anni passati della distribuzione del digestato. Il fenomeno d’inquinamento oggi in atto impone al sindaco il rispetto dell’art. 240 e seguenti del decreto legislativo 152/2006 per la fase di caratterizzazione dell’area e per la sua bonifica.

Questi terreni sono stati anche oggetto di scarichi non autorizzati di liquami generati da acque meteoriche dilavanti i digestati solidi stoccati all’interno dell’impianto e percolanti nel piazzale, le cui notevoli concentrazioni di azoto sono state quantificate dal C.T.U. (all. 4).

Particolarmente grave è l’inquinamento registrato presso tali terreni, perché si trovano all’interno del bacino drenante l’area definita “sensibile” della Diaccia Botrona e devono quindi rispettare gli obiettivi di riduzione degli eventuali scarichi autorizzati di cui all’articolo 106, comma 2 del decreto legislativo 152/2006. Tale riduzione del carico in azoto in uscita deve essere almeno pari al 75% del carico complessivo di azoto in entrata degli impianti di trattamento autorizzati, ma l’impianto di Cernaia non è mai stato autorizzato allo scarico e in tal modo, a nostro avviso, si ritengono aggirate decine di norme.

La Diaccia Botrona, già sito di interesse internazionale per effetto della Convenzione di Ramsar, secondo il decreto del 6 febbraio 1991, è inserita per disposizioni comunitarie (Direttiva 2009/147/CE) nella rete Natura 2000 (SIC/ZPS), é inserita tra i siti di interesse Regionale (SIR) ed è classificata “area sensibile” con il relativo bacino drenante nei Piani di Tutela delle Acque(PTA) approvati con Deliberazioni del Consiglio regionale 171/2003 e 6/2005, riconfermati con delibera 11/2017.

L’obiettivo principale di tutela di tutta la normativa internazionale, comunitaria e regionale, relativa alla Diaccia Botrona, è quello delle riduzione degli apporti salini e della conservazione del carattere di ambiente costiero palustre di acqua dolce. I suddetti obiettivi sono pertanto contrastati dagli scarichi in uscita dall’impianto.

 

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