L'intervista

A tu per tu con Gianni Leoni, lo scrittore di Albinia che ama la sua terra

Gianni Leoni

ALBINIA – Sono le 17 e Gianni mi risponde al telefono puntualissimo per parlarmi della sua attività di scrittore, ed io lo ringrazio di cuore.

Come sta la tua “Bluepizer”?

Purtroppo non ce l’ho più.

Ma ormai devi saziare la mia curiosità e dirmi perché l’hai chiamata così.

La Bluepizer è la mia vecchia macchina blu pastello scolorito. L’ho venduta anni fa per comprarmi un’auto di cui adesso mi vergogno. È stato un grande errore vendere quel rottame. La spiegazione del nome è in “1888”, ma ci si può arrivare anche senza leggerlo. È anche l’auto di Tuco Maria nei romanzi “1888” e” La farfalla nel bicchiere”.

Bene Gianni. A questo punto ti chiederei di continuare a parlarmi di te, dicendomi anche chi è Gianni Leoni, chi è Tuco Maria, e come mai hai scelto di usare questo pseudonimo

Gianni Leoni è un quarantenne che cerca di sbarazzarsi di Tuco Maria, il ragazzino che si porta dentro. Tuco avrà sempre vent’anni. È un personaggio letterario e non può invecchiare. Il nome viene da “Il buono, il brutto e il cattivo”. Tutti vorrebbero essere il buono, Clint Eastwood, o almeno io volevo esserlo, poi mi sono reso conto che non essere Lee Van Cleef, ossia il cattivo, era già meglio di niente; alla fine ho accettato di essere quello che sono: Tuco, il brutto. Dopo la decima volta che guardavo il film ho iniziato ad amare Tuco Maria, mi rispecchiava appieno, e da lì è nata la scelta di usare quel nome, per il personaggio e per firmare il mio primo romanzo. Ho sempre sognato di chiamarmi Tuco.

E dimmi, quando è nata la passione per la scrittura e come hai iniziato a scrivere?

Ho iniziato per divertimento, anni fa, ed è ancora quello che mi spinge a scrivere. Eravamo a Marsiglia, stavamo bevendo pastis in bar sulla spiaggia, Pix mi chiese di scrivere una storia. Quando tornai a casa iniziai a scrivere “1888”.

1888 è la tua prima storia: vuoi spiegarmi il significato del titolo e raccontarmi brevemente la trama?

Sulla spiaggia della Giannella c’è una stele di granito con inciso un numero: 1888. Nessuno sa a cosa serve e perché sia lì. Tuco Maria e i suoi amici passano intere giornata bighellonando tra il bar delle Scheggiate e la spiaggia, cercando di risolvere il mistero di 1888. Questa è più o meno la storia, poi succede anche altro.

Ad un certo punto tu scrivi: “Avrei tante cose da dirti ma sai che mi troverai sotto questa stele ad aspettarti” qual è il significato di questa stele?

Il mio romanzo non dà la soluzione, prendo solo spunto, anche se nel libro alla fine c’è una risposta per quel numero inciso sopra, 1888. La stele esiste davvero, ma non ho mai capito a cosa serva e cosa significhi il numero.

Una menzione di merito al Festival Giallo Garda per “Legàmi”: qual è il ricordo che ti porti nel cuore di questa esperienza?

E’ stata un’esperienza bellissima. Con il mio primo romanzo noir, “Legàmi”, sono arrivato sul lago di Garda a ritirare la menzione di merito in uno dei più importanti concorsi letterari di genere noir. Quell’anno nella terzina finale c’era gente del calibro di Piegiorgio Pulxi.

Nel 2019 esce “La farfalla nel bicchiere” dove ritroviamo il personaggio di Tuco Maria, vuoi dirmi perché?

Perché a Tuco era successa una cosa stranissima, una storia che andava assolutamente raccontata. Non mi libererò mai di lui. Poi perché mi piace cambiare genere, alterno il noir al romanzo di formazione.

E attualmente a quali progetti stai lavorando?

Sto lavorando su alcuni manoscritti con la mia editor e amica Costanza Ghezzi, uno di questi dopo l’estate diventerà il mio prossimo libro. Uscirà sempre per Bibibook, la casa editrice che ha pubblicato “La farfalla nel bicchiere”. Con loro mi sono trovato benissimo.

Hai un autore a cui ti ispiri in particolare?

Divido gli scrittori tra vivi e non più. Tra i trapassati, al primo posto c’è Lev Nilolàevic Tolstòj. Tra i vivi quello che preferisco, e a cui mi ispiro, è Gianluca Morozzi. Oltre a essere un grande scrittore, è una bella persona. Anni fa a una presentazione gli detti il manoscritto di “1888”, dove parlo anche di lui. Quando trovai un editore disposto a pubblicarlo lui mi scrisse la prefazione. Il rapporto con Tolstòj è molto diverso. Lo sogno ogni tanto, ma non parla, si accarezza la barba, fuma la pipa e beve il tè versandolo da un samovar.

Le parole di Gianni corrono veloci come il tempo, ahimè inesorabile. Ma prima di terminare la nostra chiacchierata: mi puoi dire com’è vivere ad Albinia (Orbetello) per uno scrittore?

C’è tutto quello che una persona può desiderare: il mare, un bar e una libreria. All’incrocio tra via Pascucci e via Paolieri succedono cose bellissime. Da una parte abbiamo la libreria Periferica, e dall’altra parte della strada L’oca bianca wine bar osteria. La libreria entra nel bar per dei reading e altri eventi culturali, e l’osteria nella libreria per delle cene a tema. Succedono un sacco di cose interessanti. Sempre alla libreria Periferica abbiamo da un anno un gruppo di lettura. D’inverno, quando si riunisce il gruppo, si fatica a trovare due persone in giro, mentre in libreria ce ne sono più di venti a parlare del libro del mese.

E dopo il Coronavirus che cosa è cambiato?

La parentesi non si è ancora chiusa. Quando tutto finirà, torneremo come prima, purtroppo senza aver imparato nulla da questa vicenda.

E per salutare i nostri lettori, quale frase tratta da uno dei tuoi lavori sceglieresti?

Mmm… mi sembra un po’ autocelebrativa questa domanda, però temo di non potermi esimere, quindi, quantomeno sarò breve. È un piccolo pezzo estratto da “La farfalla nel bicchiere”. “Nel silenzio del viaggio verso casa pensai che si moriva lentamente, un giorno dopo l’altro, quando si smetteva di far entrare l’amore nella propria esistenza”.

E a questo punto non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.

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