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Chicche di Maremma: la storia del buttero che è diventato simbolo di una terra

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Chicche di Maremma: la storia del buttero che è diventato simbolo di una terra
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GROSSETO – Niente rappresenta la Maremma più dei butteri: i cowboy della Toscana meridionale sono il simbolo della nostra terra. Pantaloni infilati negli stivali, cosciali di pelle di cinghiale o di capra, camiciotti di flanella, giacche di fustagno alla cacciatora con grandi tasche e larghi cappelli, che fanno da scudo ai rovi, alle piogge battenti e alla polvere: i butteri, o bestiai come si facevano chiamare, in mano tengono la mazzarella, un bastone impiegato per stimolare buoi e cavalli, e si muovono in sella all’inseparabile cavallo di razza maremmana tra la macchia, nella boscaglia popolata dai cinghiali e tra i miasmi degli acquitrini, esposti ai freddi venti invernali o al calore delle torride giornate estive, sopravvivendo di povere zuppe contadine e di scarsi compensi, stando sempre in arcione dall’alba al tramonto, in una terra difficile e selvaggia, in quella che i canti di un tempo definivano “Maremma amara”.

La giornata del buttero inizia all’alba, sia d’estate che d’inverno. Ogni buttero ha a disposizione tre o quattro cavalli tra cui scegliere in base alle mansioni da svolgere. Generalmente il suo lavoro quotidiano consiste nella “richiesta” (giro di ispezione a tutto il bestiame), durante la quale si il buttero controlla le “punte”, ovvero i gruppi di bestiame in cui è diviso l’allevamento a seconda dell’età, del sesso o del periodo di riproduzione. Il controllo riguardava il numero dei capi ed il loro stato di salute, con particolare attenzione ai vitelli ed ai vannini (puledri sotto l’anno di età). Inoltre si controlla gli stecconati e gli abbeveratoi delle serrate.

Il lavoro del buttero aumenta in primavera, quando iniziano a nascere i puledri e i vitelli e si tengono le monte brade di tori e stalloni. Nella seconda decade di febbraio, quando ci si avvicina al periodo delle figliature, inizia la separazione delle vacche prossime al parto (le accorte) dalle “svitellate”. Le prime vengono quindi portate in un pascolo buono e controllate due volte al giorno. Ogni puledro o vitello nato deve essere annotato su un registro, dove vengono indicati i suoi segni caratteristici. Le vacche figliate, 10-15 giorni dopo il parto, sono trasferite in pascoli più ricchi. Qui rimangono fino alla spocciatura (separazione dei vitelli dalle madri), venendo spostate continuamente da un pascolo esaurito ad un ricco per garantire ai vitelli la migliore alimentazione possibile. L’allontanamento dei vitelli dalle madri avviene a inizio dicembre. Una volta separati, il buttero mette i vitelli in un recinto accanto a quello delle madri per rendere meno duro il distacco r li sorveglia nelle ore in cui soliti soliti fare la poppata, così da evitare che si facciano male ammassandosi alla staccionata che li divide dalle madri. Una volta abituati, i vitelli vengono trasferiti in pascoli buoni e, nel mese di marzo, viene effettuata la separazione tra i maschi e le femmine.

Nella prima decade di aprile il buttero è impegnato nello scarto delle vacche vecchie, che vengono lasciate nei pascoli ad ingrassare fino alla metà di giugno, quando vengono mandate al macello. Infine a maggio, generalmente nella seconda quindicina, viene effettuata la merca, ovvero la marchiatura dei vitelli nati nella primavera precedente. La merca, alla quale partecipano almeno tre butteri, è un momento molto importante, tanto che tutt’oggi è celebrato come un momento di festa. All’Alberese, per esempio, nel mese di maggio viene celebrato il momento della marcatura in una festa molto sentita e partecipata sia dai maremmani che dai tanti turisti in vacanza nel grossetano.

La figura del buttero, che andava per la maggiore nei secoli passati tanto da diventare l’icona della Maremma, è in via d’estinzione. Con le nuove tecniche di conduzione agraria, infatti, con la scomparsa dei latifondi e con il declino delle attività legate alla gestione del bestiame a cavallo, l’allevamento allo stato brado degli animali è andato riducendosi anche in Maremma. Nonostante questo, grazie alla lunga e importante tradizione che si è venuta a delineare, lo stile di monta dei cavalieri maremmani, se non praticato come tale, rivive nell’equitazione di campagna, nel turismo equestre e nelle competizioni sportive di cui il territorio grossetano abbonda. Il cavallo maremmano, che non serve quasi più a seguire le greggi durante la transumanza, è impiegato nello sport e nelle molte strutture agrituristiche sorte nella zona a fini turistici. Non solo, per non perdere una tradizione centenaria di stile e di storie rocambolesche, in molti paesi della provincia si celebrano i butteri con feste e eventi dal grande seguito, come quella all’Alberese.

Fonte: Associazione Butteri di Alta Maremma.

Camilla Ferrandi
27 Novembre 2019 alle 8:00
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