L'opinione

#tiromancino – L’economia del mare va. Ma ci sono scogli a pelo d’acqua

Tiro Mancino

GROSSETO «Il cielo è sempre più blu», cantava nell’estate del 1975 Rino Gaetano. Ma anche l’economia della Maremma non se la cava male, con qualche distinguo.

Se non altro l’economia del mare (economia blu) è uno dei motori dello sviluppo reale della Maremma. Un pezzo davvero significativo della capacità complessiva di produrre reddito dell’intero territorio. A pesarla il Centro studi della Camera di commercio che ha redatto il secondo “Rapporto sull’economia del mare”, presentato venerdì scorso a Porto Santo Stefano. Sotto la lente d’ingrandimento le due province gemelle di Grosseto e Livorno.

Il dato macroeconomico più significativo è quello del valore aggiunto, cioè a dire la differenza fra il valore della produzione di beni e servizi, e i costi sostenuti da parte delle singole unità produttive per l’acquisto di input produttivi. Nel periodo 2011-2017 Grosseto ha registrato una modesta crescita del valore aggiunto dell’economia blu del +0,6%, con una stima di 398 milioni di euro, sopra alla media di quello complessivo provinciale. Un giro d‘affari che nei dieci comuni costieri considerati viene generato da 2.278 imprese (+8,2%) per 9.950 addetti (+6,0%). Dato tutto sommato positivo se paragonato ai relativi indici della provincia di Livorno e della Toscana, che con pochissime eccezioni hanno numeri minori o negativi. Soprattutto se si considera che gli anni dal 2011 al 2017 sono stati nel grossetano quelli più duri della crisi iniziata nel 2008.

I sette comparti dell’economia del mare considerati nell’indagine – ittica, estrazioni marine, cantieristica, movimento merci/passeggeri, ricerca/tutela ambientale, servizi di alloggio/ristorazione, attività sportive/ricreative – crescono o calano ovviamente in modo differenziato fra loro. E i dati aggregati di valore aggiunto, numero d’imprese e occupati sono comunque tutti in positivo.

L’economia del mare, in questo quadro, però, pesa circa la metà di quello che pesa nel livornese. È la terza in Toscana per valore aggiunto fra le province costiere, dietro Livorno e Lucca, ed è al 29° posto in Italia. Soprattutto la “blue economy” ha un coefficiente di moltiplicazione elevato – corrispondente a 1,9 – che in Maremma genera 756,2 milioni di euro di valore aggiunto prodotto a monte o a valle da imprese di altri settori. Ad esempio un albergo che produce valore aggiunto per 2 milioni di euro, prima e dopo ne genera 3,8 per altri tipi di aziende.

Chiaro quindi come in una piccola realtà come quella grossetana – con un Pil annuo di circa 4,5 miliardi di Euro – l’economia del mare sia una molla di sviluppo economico determinante. Su questo non c’è dubbio.

Guardando però oltre i numeri nudi e crudi, e mettendoli in relazione con il contesto socioeconomico, si notano alcuni problemi.

Uno di questi è il peso di gran lunga preponderante all’interno del “valore aggiunto blu” di quello delle attività di ristorazione/ricezione, che in Maremma è il 58% del totale, a fronte del 40,1% del livornese, del 38,3% della Toscana e del 30,8% dell’Italia. Un dato, in altre parole, che sta a significare che all’interno dell’economia del mare grossetana, composta di sette comparti, c’è quasi una monocultura produttiva legata a imprese ricettive e di ristorazione. Che non a caso in sette anni crescono più delle altre.

Com’è noto le monoculture produttive non sono mai una buona cosa, perché rendono dipendente il territorio da un unico mercato di riferimento. Mentre la diversificazione mette al riparo dagli inevitabili scostamenti ciclici di un settore preponderante.

Ciò detto, c’è un altro tema da considerare. Il comparto di ricettività e ristorazione non è quello con il moltiplicatore di valore aggiunto più alto. Se alberghi è ristoranti hanno un indice di 1.9, la movimentazione di merci e passeggeri arriva a 2.8, la cantieristica navale a 2.4 e le attività sportive e creative a 2.1. Contribuendo a generare un livello più elevato di valore aggiunto per l’intera economia di un territorio. Se si riuscisse ad incrementare il peso relativo di questi ultimi, ne trarrebbe vantaggio l’intera economia.

Infine un’ultima poco rassicurante considerazione. Il valore aggiunto è anche un indicatore della produttività, che in sette anni nell’economia blu è cresciuto appena dello 0,6%. Evidentemente troppo poco. Numero che va messo in relazione con altri: a fronte di uno striminzito 0,9% di aumento delle presenze turistiche in provincia di Grosseto negli ultimi 10 anni (Irpet) – equivalente a una stagnazione – sono aumentate molto le strutture ricettive e i posti letto. E considerando che la permanenza media dei turisti si è accorciata di un giorno, la spesa media pro capite è perlomeno stazionaria e il tasso di occupazione delle strutture alberghiere è intorno al 23% annuo, ciò significa sostanzialmente che la stessa torta di utili del sistema turistico viene divisa fra un numero crescente di attività economiche. Con una riduzione ei margini e il rischio che prima o poi in molti si trovino a dover chiudere bottega.

Né trionfalismi, né pessimismi dunque. Ma un’attenta valutazione di quel che sta succedendo. Oggi occasione è buona per approfondire. Anche perché la nottata è ancora lunga da passare.

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