Consiglio regionale

La Toscana dice no alla liberalizzazione della prostituzione

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FIRENZE – La Toscana ha respinto una mozione a sostegno del disegno di legge nazionale per la disciplina dell’esercizio della prostituzione. Il Consiglio regionale ha infatti bocciato la mozione, primo firmatario Marco Casucci, che intendeva esprimere una posizione favorevole alla proposta di legge attualmente al vaglio del Senato.

Nel testo si spiegava che il sostegno «doveva essere inteso come esigenza di decoro urbano, come modo per sconfiggere degrado di vaste zone delle nostre città, spesso in mano a una criminalità organizzata colpevole di tratta e riduzione in schiavitù di tante giovani donne». La liberalizzazione,  si sosteneva ancora nel testo della mozione, permetterebbe di combattere la situazione di illegalità, mentre istituzionalizzare la professione porterebbe ingenti introiti allo Stato.

Il consigliere Casucci ha osservato che «la prostituzione resta nel nostro Paese a cavallo tra legittimazione e illegalità: è proibito il favoreggiamento, non la prostituzione. Il disegno di legge nazionale abroga i primi due articoli della legge Merlin, senza toccare le norme che puniscono il reato di sfruttamento della prostituzione. Prevede il via libera all’esercizio nelle abitazioni private, vietandolo in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Prevede inoltre, come si legge nel testo della mozione, “l’istituzione di un vero e proprio registro per tutelare i clienti e le lavoratrici (o i lavoratori) che si troverebbero a svolgere una professione perfettamente a norma e protetta sotto ogni punto di vista”, come avviene già in altre parti del mondo».

Il consigliere Massimo Baldi ha chiesto ai presentatori di «ritirare la mozione per aprire un momento di riflessione. Le argomentazioni sono comprensibili» tanto che lo stesso consigliere ha rivelato come in passato avesse sostenuto anch’egli una posizione analoga, ma oggi si è detto convinto che «la regolarizzazione non funzioni, perché non fa bene i conti con la realtà. Lo sfruttamento – ha spiegato Baldi – non inizia nel paese di destinazione, comincia in quello di origine e il traffico non si interromperebbe se l’attività fosse legalizzata». Particolarmente insopportabile, secondo il parere di Baldi, è l’argomento del decoro, «come se facendolo lontano dagli occhi della buona borghesia italiana, si potesse sfruttare una donna».

Favorevole al ritiro della mozione anche Andrea Quartini, che si è detto propenso a «evitare di affrontare un tema così serio in modo superficiale». Il rischio della regolarizzazione, a suo giudizio, è di ottenere lo stesso risultato con il gioco d’azzardo: «dove il gioco lecito ha incoraggiato quello illecito invece di limitarlo, il sistema diventa più tollerante anche rispetto alle discriminazioni. In caso di messa al voto, il consigliere ha prospettato l’astensione del proprio gruppo».

Serena Spinelli considera pericoloso riaprire la pagina scritta dalla legge Merlin, che le appare oggi più attuale che mai. «Da un lato, la prostituzione è oggetto di potente sfruttamento e vede vittime soprattutto donne provenienti da altri paesi e, altro aspetto, la considerazione della sessualità femminile che è sottesa a queste prese di posizione ci riporta indietro». La consigliera ha contestato fermamente anche l’ipotesi di consentire la prostituzione per portare introiti nelle casse dello Stato.

Contraria anche Monica Pecori, secondo la quale la legge nazionale che si vorrebbe sostenere «non ha né capo né coda: si parte dal presupposto che togliere la prostituzione dalla strada assicuri l’autodeterminazione». Mortificante, ha aggiunto la consigliera, cercare di associare la prostituzione ad atti d’amore, così come considerare rispettato il decoro pubblico, mentre si legalizzerebbe lo sfruttamento. Dietro a ogni essere umano che si prostituisce, citando don Aldo Bonaiuto della comunità Papa Giovanni XXIII, c’è sempre un drammatico stato di bisogno.

Contrario anche Paolo Sarti, secondo il quale «la prostituzione non è mai libera, è quasi sempre violenza o costrizione, poi c’è l’indigenza o il degrado culturale. Il decoro o i proventi dello Stato non possono essere ragioni per sfruttare il corpo della donna, né la prostituzione può mai essere considerata un mestiere».

Il consigliere Casucci ha comunicato l’intenzione di mettere al voto la mozione, rigettando la richiesta di ritirarla e apprezzando, invece, il dibattito che si è sviluppato e lo spirito manifestato dall’intervento del consigliere Baldi, pur nella sua contrarietà. Da respingere al contrario, a suo giudizio, «i toni censori e l’atteggiamento di superiorità morale».

La mozione è stata respinta a larga maggioranza.

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