GROSSETO – Oggi incrociano le braccia per uno sciopero i lavoratori Mediaworld. La mobilitazione è stata indetta da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs nazionali per contrastare le decisioni di Mediamarket, la società che controlla i negozi a marchio Mediaworld. La protesta è rivolta contro le annunciate chiusure dei punti vendita di Grosseto e Milano Stazione Centrale, contro il trasferimento della sede di Curno in provincia di Bergamo a Verano Brianza, contro la cessazione del contratto di solidarietà e contro la decisione unilaterale di eliminare dal 1° maggio 2018 il bonus presenza e la maggiorazione economica del 90% prevista per il lavoro domenicale. Vista la situazione, la preoccupazione è che anche in Toscana (dove in totale i lavoratori Mediaworld sono oltre 300) possa diventare a rischio l’occupazione, e non solo a Grosseto.
E stamattina di fronte all’ingresso principale del centro commerciale Aurelia Antica lavoratori e sindacati si sono mobilitati con un presidio per manifestare contro la decisione di Mediworld. Il negozio di Grosseto infatti chiuderà a fine mese, una soluzione che i sindacati stanno cercando di scongiurare per salvare i posti di lavoro. Intanto si sta lavorando anche per capire se l’azienda che subentrerà, si parla in queste ore della catena Unieuro, possa riassorbire almeno una parte dei lavoratori attualmente inquadrati nel punto vendita grossetano.
«Vogliamo salvare i posti di lavoro – ha detto Massimiliano Stacchini della Filmcams Cgil – questo è quello che vogliamo e quello che chiediamo all’azienda».
“Quello che è accaduto nel capoluogo maremmano– spiega Simone Gobbi, della Fisascat Cisl di Grosseto – è solo la parte di un piano che Mediamarket sta portando avanti da tre anni, come da tempo Fiscascat denuncia, che non ha investito sul miglioramento dei punti vendita, sul potenziamento dell’online e non ha ascoltato le richieste dei lavoratori”. “Dal luglio 2017 – continua Gobbi, l’impresa è scomparsa dal tavolo della trattativa nazionale e non ha dato disponibilità al confronto fino a febbraio, quando ha presentato un piano industriale non credibile. Nel frattempo ha annunciato la chiusura di Grosseto, chiusura peraltro negata con forza a luglio dello scorso anno, e ha annunciato di voler cessare il contratto di solidarietà sulle province dove ancora ci sono esuberi, unica alternativa al trasferimento forzato”. L’impresa ha anche comunicato che dal primo maggio non applicherà più il 90 per cento di maggiorazione domenicale e non riconoscerà più il bonus presenza.
“L’azienda – prosegue Gobbi – ha dichiarato una perdita di 17 milioni di euro che, evidentemente, non può essere attribuita solo ai punti vendita di Grosseto e Milano centrale. I lavoratori hanno diritto di sapere quali sono i negozi non sostenibili, avere informazioni certe e conoscere il loro destino occupazionale”. “Non è accettabile – conclude – ritrovarsi, nell’arco di quaranta giorni, come sta accadendo a Grosseto, senza lavoro. Dietro a ogni dipendente c’è una famiglia, con progetti di vita e spese da sostenere e tutto questo deve essere tenuto in considerazione. Mediamarket si è arricchita nel territorio grossetano, usando le infrastrutture e la forza lavoro maremmana e adesso deve dimostrare la propria responsabilità etica e sociale, concordando con il sindacato delle vere misure di salvaguardia. Trasferire all’improvviso 25 persone su tutto il territorio nazionale è inaccettabile ed è un modo fin troppo palese per nascondere dei licenziamenti collettivi. Non può e non deve passare il messaggio che la chiusura di un punto vendita può essere gestita con lo strumento dei trasferimenti, scavalcando completamente il dettato normativo in materia e il ruolo che dalla legge viene attribuito alle organizzazioni sindacali. Mediamarket si sottrae al confronto, negando qualsiasi dettaglio sui bilanci e sugli obiettivi venendo meno ai diritti di informazione previsti sia dalla legge che dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Per questo stamani siamo stati accanto ai lavoratori in sciopero in tutta Italia e chiediamo a gran voce che quest’azienda torni al tavolo di trattativa nazionale per discutere di forme alternative per la salvaguardia occupazionale”.