GROSSETO – “Un pacco di pasta su tre in Italia è fatto con grano straniero, senza alcuna indicazione per i consumatori e, per fare finalmente chiarezza su quello che è il prodotto simbolo del made in Italy, arriva l’etichetta”. Ad annunciarlo è la Coldiretti che, alla Fieragricola di Verona, ha mostrato in anteprima le confezioni di pasta e di riso con l’indicazione di provenienza, a due settimane dall’entrata in vigore del decreto che fornirà trasparenza al prodotto che i cittadini portano in tavola.
“Una novità – spiega Marco Bruni, presidente provinciale di Coldiretti Grosseto – che è il risultato della guerra del grano lanciata da Coldiretti con i propri agricoltori scesi in piazza, anche dalla Maremma, per difendere il Granaio Italia contro l’invasione di prodotto straniero, spesso di bassa qualità e trattato con sostanze vietate nel nostro paese, e contro le speculazioni, che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione, con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio che ha sempre garantito ettari coltivati, situati spesso in aree marginali”.
“L’etichetta darà ossigeno anche ai risicoltori – prosegue la Coldiretti – “assediati” dagli arrivi di prodotto straniero, spesso favorito dal regime particolarmente favorevole praticato nei confronti dei Paesi Meno Avanzati (accordo EBA), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero. Ciò ha causato una vera e propria invasione di prodotto dai paesi asiatici, da dove proviene ormai la metà del riso importato”. “
“Il risultato – sottolinea la Coldiretti – è che un pacco di riso su quattro venduto contiene prodotto straniero con le quotazioni del riso italiano crollate dal 58% per l’Arborio e il Carnaroli, al 37% per il Vialone nano, senza peraltro avere effetti sui prezzi al consumo”.
“Secondo quanto previsto dal decreto, dal 17 febbraio prossimo le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega il direttore della Coldiretti di Grosseto, Andrea Renna – dovranno avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE”.
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come per esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”. L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso scatta il 16 febbraio e deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.
“Una scelta che riscuote il plauso del 96% dei consumatori, i quali chiedono che venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine degli alimenti – continua la Coldiretti – e confermata in Italia anche dal Tar del Lazio, che ha sottolineato come sia prevalente l’interesse pubblico di informare i consumatori, considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”.
“Sarebbe stato del resto assurdo impedire ai cittadini – nota Coldiretti – di conoscere la verità, privandoli di informazioni importanti come quella sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, considerato cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano”.
“Adesso occorre vigilare affinché la normativa comunitaria risponda realmente agli interessi dei consumatori – conclude Coldiretti – e non alle pressioni esercitate dalle lobbies del falso Made in italy prodotto in Italia che non si arrendono ai pronunciamenti della Giustizia e vogliono continuare a ingannare i cittadini, cercando subdolamente di frenare nel nostro Paese l’entrata in vigore di una norma di trasparenza e grande civiltà”.