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L’ultimo saluto a Lucio Parigi: un lungo applauso al passaggio della bara

di Barbara Farnetni (twitter: @Babi_Farnetani)

GROSSETO – Le bandiere dell’Anpi hanno accompagnato l’ultimo viaggio di Lucio Parigi, pittore, artista e partigiano, ma soprattutto maremmano e patriota. La sua bara è passata tra due ali di folla che, applaudendo, lo hanno accompagnato nel breve viaggio dalla camera ardente allestita in comune al Duomo dove si è svolta la messa funebre.

In prima fila la famiglia, la moglie Franca, le figlie, i nipoti, ma anche le istituzioni: il sindaco Emilio Bonifazi, il presidente del consiglio Paolo Lecci, l’Assessore provinciale Gianfranco Chelini, il consigliere comunale Cristina Citerni e il presidente dell’Anpi Nello Bracalari, ma anche tanti cittadini comuni, che hanno voluto essere presenti per un saluto ad un concittadino che ha contribuito a fare di Grosseto e della Maremma un posto migliore.

«La morte di Lucio Parigi mi commuove e mi rattrista profondamente ed è un lutto che colpisce tutta l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ha affermato Nello Bracalari al nostro giornale -.È difficile trovare parole di commiato da Lucio; io voglio ricordarlo come Gavroche che era il suo nome di battaglia da partigiano, impostogli dal comandante Viro perchè il più giovane della formazione. Lucio fu molto ardimentoso durante la guerra partigiana, e un insostituibile presidente dell’Associazione “Amici dei Garibaldini”. Ha sempre cercato di trasmettere la sua vocazione alla libertà, nelle tante testimonianze pubbliche ai giovani o alle cerimonie, condensando attorno a sè l’interesse e l’affetto di chi lo ascoltava. Ciao Lucio, perenne Gavroche».

«Per me era un amico fraterno e un compaesano – ha ricordato monsignor Franco Cencioni  durante l’omelia ricordando anche l’impegno per la sua terra di Parigi – nella sua bara abbiamo messo un libro su Santa Barbara e i minatori». Sulla copertina del libro dello storico Piero Simonetti è raffigurata la santa con ai piedi i minatori: un dipinto di Lucio Parigi, conservato presso la chiesa di Roccatederighi, «lui che ha amato i minatori – ha proseguito Cencioni – e, pur non essendo minatore, ne ha condiviso la storia».

(per ingrandire cliccare sulle foto)

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