di Barbara Farnetani
GROSSETO – «Le Mura sono un monumento nella città prima ancora che un monumento della città» con queste parole Mauro Carri (al centro nella foto) ha aperto il convegno “Le mura medicee tra passato e futuro” organizzato dall’Associazione libera opinione di cui Carri è presidente. Un incontro che ha ripercorso la storia di uno dei monumenti più importanti della nostra provincia, dalle prime notizie poco dopo l’anno mille, sino ai giorni nostri.
«Nel 1130 avvenne la traslazione della Diocesi da Roselle a Grosseto – ha affermato Mario Ascheri, docente di storia all’università di Roma tre – nei documenti si parla del palazzo aldobrandeschi e delle fortificazioni “castrum munitissimum” castello munitissimo viene definito quello di Grosseto. Una storica ha recentemente ipotizzato che le mura che appaiono nell’affresco del Malgoverno del Lorenzetti (nella foto sotto) a Siena siano proprio quelle di grosseto. La città era infatti retta da un tiranno degli Abati, che fu deposto da Siena, e la cosa ebbe grande eco all’epoca» Ebbene questa sarebbe la prima raffigurazione conosciuta delle mura di Grosseto.
Un centro fortificato importante quello di Grosseto, il suo Cassero era valutato ben 8 mila fiorini, poco meno di Massa Marittima che ne valeva 10 mila. Negli anni la cinta muraria ha subito decine di modifiche, parti sono state abbattute alla fine degli assedi, altre sono state modificate con il mutare delle armi utilizzate, ci sono voluto oltre 30 anni per costruire le mura così come sono adesso. Le case, basse, restavano al di sotto della muraglia. La spesa per questa fortificazione fu enorme e richiamò maestranze da tutta la Toscana. Una struttura imponente perché di confine: dopo Grosseto infatti il Granducato finiva e si passava allo stato dei Presidi, e dunque ai domini spagnoli sempre in guerra con la Francia, di cui i Medici erano alleati. Oltre alla Spagna la costa doveva essere protetta dal pericolo turco nel Mediterraneo. Si trattava di una piazzaforte in cui stazionavano molti militari e una popolazione fluttuante, che scendeva in Maremma durante l’inverno e se ne andava in estate quando caldo e malaria si facevano sentire. Soldati e faccendieri, che arrivavano per i propri affari, il grano o anche il sale che veniva stoccato all’interno della fortezza.
È stata poi la polvere da sparo a cambiare i connotati delle mura fa sapere Pietro Pettini, presidente dell’ordine degli architetti della provincia. «L’invenzione del baluardo a cura di Francesco di Giorgio Martini, non servono più mura alte ma il meno impattanti possibili, devono essere basse e spesse, i torrioni acquistane le punte per garantire meglio la difesa da parte dell’artiglieria: la necessità di difendersi impone forme geometriche perfette»
«Prima fortificazione militare e poi dall’Ottocento parco pubblico, le Mura (accanto una immagine dal Bastione Maiano) hanno perso nel corso degli anni 60 e 70 la loro centralità, man mano che la città cresceva all’esterno, e solo a partire dagli anni 90 si è avuta una inversione di tendenza» Così il sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi ha iniziato a spiegare l’idea che l’amministrazione comunale ha delle Mura e della loro fruizione e manutenzione. «Purtroppo – ha proseguito Bonifazi – viviamo un momento economico difficile, e gli Enti hanno difficoltà a proseguire in progetti importanti, oggi alla politica dei grandi progetti deve affiancarsi una maggiore attenzione per i piccoli interventi e per la manutenzione. Ci siamo attivati con un obiettivo preciso: quello della fruibilità, perché le mura tornino alla loro funzione sociale di parco pubblico, di luogo di socialità. Nella convinzione che il miglior presidio contro il degrado è rappresentato da Mura vissute dalla gente, presenza di iniziative culturali ma anche utilizzate per una semplice passeggiata.»
Una città che si evolve e cambia seguita e a volte anticipata proprio dalle sue Mura che in principio la racchiudono e che poi ne divengono, nel corso degli anni, una sorta di scrigno prezioso da valorizzare e conservare.