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Impianti di biogas e biomasse. Sabatini: «questione che va riaperta per diverse ragioni»

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GROSSETO – Il vicepresidente della Provincia di Grosseto e assessore al governo del territorio ed energie rinnovabili, Marco Sabarini, interviene sulla questione legata agli impianti di biogas e biomasse presenti in provincia di Grosseto. «Le rinnovabili, oltre a contribuire all’abbattimento di emissioni e a ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, rappresentano in molti casi un’opportunità di sviluppo e d’integrazione al reddito per il mondo agricolo. Nella nostra provincia gli impianti connessi all’agricoltura sono numerosi e ben insediati nel paesaggio ambientale e sociale. Tra questi anche le centrali a biomasse e biogas. In una provincia particolare come quella maremmana, dove esistono anche realtà complesse e delicate, la questione delle biomasse e del biogas deve essere affrontata con grande attenzione.

Per questo è necessario riaprire la partita tenendo ben presenti alcune necessità imprescindibili. La pianificazione territoriale della Provincia di Grosseto, in un momento di assenza di regole, ha per prima provato a pianificare il settore puntando su due aspetti: filiera cortissima e impianti piccoli connessi all’attività agricola. Grazie alle regole che ci siamo dati nel Ptc provinciale, lo sviluppo degli impianti a biomasse non ha introdotto nel nostro territorio dinamiche distorte come l’utilizzo di prodotti esogeni e non ha creato i presupposti per la trasformazione in futuro di questi impianti in qualcos’altro. Questi sono elementi di vanto che ci contraddistinguono da altri territori, anche vicini, e che dobbiamo mantenere come nostra peculiarità.

Al tempo stesso la questione va però riaperta per diverse ragioni: i forti e repentini cambiamenti climatici in atto, l’impatto visivo e ambientale in certi contesti più delicati, l’elemento ormai non più solo etico della produzione di colture non finalizzate alla produzione di cibo: problematiche queste molto complesse che rischiano, se non ben pianificate, di avere un effetto controproducente rispetto ad una causa giusta e sacrosanta come lo sviluppo delle rinnovabili e che ci impongono di affrontare il tema con un approccio dinamico e non statico.

La filiera corta delle biomasse deve quindi, come del resto già indicato nel Ptc, prevedere colture non idroesigenti e da coltivazione intensiva, soprattutto a fronte di periodi a forte allarme siccità. Così com’è opportuno non mettere in competizione due modelli di sviluppo agricolo, quello tradizionale per la produzione alimentare e quello emergente per la produzione di agroenergie privilegiando per queste ultime terreni incolti, ad esempio quelli collinari, rispetto a quelli ad oggi già destinati alla produzione alimentare che deve continuare a svolgere una funzione primaria. Maggiore attenzione deve essere rivolta ai piccoli produttori che scelgono di associarsi in forme cooperative e verso l’utilizzo compatibile di quei sottoprodotti agricoli che spesso rappresentano un costo importante per le aziende.

In merito invece agli aspetti sanitari è necessario fare chiarezza, ad esempio, sulla presenza di spore di clostridium botulinum nel digestato del biogas ed i suoi effetti, elemento di discussione scientifica più volte sottolineato da alcune associazioni e comitati. È opportuno infine riaprire la questione dell’inserimento nel contesto territoriale degli impatti: ad oggi manca ancora una programmazione regionale che individui le aree idonee o meno alla realizzazione di centrali elettriche. Sarà, poi, necessario porre questi elementi al centro della discussione che sarà affrontata in collaborazione con la Regione ed i Comuni: fino ad oggi gli impianti autorizzati in provincia sono ben insediati nel contesto paesaggistico, ma quello che sta succedendo a Capalbio riguardo all’impianto a biogas proposto da Sacra Spa è un campanello di allarme non trascurabile. Senza dubbio in quel contesto così particolare – con un sistema di viabilità limitata ed in prossimità di un sito di grande pregio ambientale – era possibile individuare un percorso politico meno tortuoso e più condiviso per giungere a soluzioni migliori. Al di là di ciò e dei singoli atteggiamenti mi pare però che i limiti e le lacune della pianificazione in questa materia siano i maggiori fautori dei problemi e delle incertezze che si registrano in questi casi.

Certamente quello che dobbiamo auspicare è che la provincia di Grosseto continui ad essere luogo di eccellenza per le rinnovabili e non diventi scenario di aspri scontri tra cittadini, amministrazioni locali ed imprenditori. Un po’ di buon senso e la dimostrata attenzione per un territorio unico come quello maremmano dovrebbero indurre tutti ad assumere un atteggiamento più responsabile e dialogante. Nell’interesse generale».

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