L'intervista

A tu per tu con Chiara Casuccio, la maremmana che è volata al Polo Nord per nuotare con le orche

Chiara Casuccio

FOLLONICA – Responsabile del servizio clienti per un noto tour operator, Chiara Casuccio gira il mondo alla scoperta di luoghi ed atmosfere. Spaziando dall’Oriente all’Occidente attraversa il passato e tocca l’ultra moderno per reperire valutazioni che trasferisce poi sul suo “taccuino di bordo”.

Ma la nostra chiacchierata oggi si concentra sulla sua ultima esperienza, un’ impresa che le fa onore e che dà lustro anche alla città di Follonica dove è nata e cresciuta prima di spiccare il volo ed approdare in lidi lontani, fino a raggiungere il Polo Nord.

Contatto Chiara per telefono e le chiedo se può concedermi un po’ di tempo per farle qualche domanda.

“Certo”, mi risponde gentile, ed io la ringrazio di cuore ed inizio così.

Innanzi tutto complimenti per tutto quello che sei riuscita a fare fino ad ora, ed è per questo che se sei d’accordo ti chiederei di farci un breve report sulla tua attività.

Lavoro nel turismo da sempre, è stata una scelta istintiva, la voglia di fare di una passione un lavoro. Ho cominciato come venditore in Costa Crociere e poi sono arrivata in Alidays, ormai 12 anni fa, dove all’inizio mi sono occupata di commerciale e poi da due anni mi occupo di servizio clienti.

Ho avuto una parentesi di lavoro a Dubai, durata un anno, e poi sono rientrata su Milano. Mi piace vendere viaggi: ha a che fare con i sogni, ma soprattutto con la gente, con la scoperta.

Io personalmente sono appassionata di Nord, di quei posti in cui le montagne arrivano al mare, come la Norvegia, il Canada, l’Alaska, perché è in quei luoghi che la natura diventa estrema, assoluta, creando paesaggi ed ecosistemi estremi, nei climi e negli esseri viventi.

Ed ora parlaci di quella attualissima che hai vissuto al Polo Nord. Quale è la molla che ha fatto scattare in te la voglia di fare questo tipo di esperienza?

Sono un’appassionata di cetacei, da sempre. Una parte della mia famiglia vive a Seattle, nello stato di Washington, ed è li che le ho viste la prima volta le orche.

L’orca è un animale particolare: sono il primo anello della catena alimentare in mare. Sono predatori, con strutture sociali molto simili ai lupi e dotate di un sistema emotivo e di socializzazione affascinante e complesso.

Ho passato anni a studiarle, a leggerle, in mezzo c’è stato qualche viaggio in Canada per vederle, e poi due anni fa, durante un viaggio in Norvegia, sono venuta a conoscenza del fatto che era possibile partecipare ad un gruppo di studio in acqua partecipato dall’Università, dal Dipartimento di pesca e sostenuto da uno dei maggiori esperti e fotografi di orche al mondo, Jacques de Vos. Mio marito ha fatto il resto: mi ha detto che non ne poteva più di sentirne parlare e mi ha detto “è il momento che tu vada”.

Un’impresa non da poco, che ha bisogno di una preparazione molto approfondita…

Quando ho scritto a Jacques mi sono spaventata: la preparazione era durissima e l’ambiente estremo. La spedizione è relegata a poche settimane all’anno, le più buie, peraltro, poiché le orche arrivano dall’Islanda dietro alle aringhe che entrano nei fiordi nei mesi tra ottobre e gennaio. Il sole non sorge mai, l’acqua è circa 3 gradi, e fuori meno 8.

In più i requisiti riguardavano la prestazione in acqua. Non si fa osservazione dei cetacei con le bombole, ma in apnea, quindi ho dovuto prendere dei brevetti da apnea profonda e prepararmi a scendere senza respirare in acque gelate.

Mi sono allenata due anni, ho cambiato il mio metabolismo dell’ossigeno, ho imparato ad indossare come fosse un pigiama una muta spessa 7 millimetri, con la quale è quasi impossibile nuotare, ed ho imparato tutto sull’istinto di questi animali, visto ore e ore di film sul loro comportamento in natura e maturato alla fine la decisione di schierarmi anche con un’associazione ambientalista che vuole abolire la cattività di orche e delfini.

Qual è la cosa che più ti ha colpito in tutto questo?

Siamo entrati in acqua che stava nevicando: il paesaggio era bianco, innevato, si vedevano le luci nelle case sul fiordo.

Ho fatto i conti con l’emozione, l’attrezzatura, l’adrenalina e, improvvisamente, accanto al gommone sono spuntate le pinne, una nera enorme di un maschio, e poi delle femmine.

Le orche sono enormi, maestose, nel silenzio della baia tagliavano l’orizzonte.

Jacques ci ha detto “veloci in acqua”. In acqua era tutto nero: stava nevicando, il cielo coperto e non filtrava luce. La regola era meno rumore possibile. E improvvisamente, due metri sotto di me due femmine. Spuntano due strisce bianche all’inizio, poi la sagoma delle code.

Si muovevano insieme, incuriosite dalla mia presenza. Nel buio non le vedi arrivare perché sono nere: spunta improvvisamente il bianco dell’occhio e poi la livrea sulla schiena, anche se i maschi sono quasi totalmente neri.

In acqua si comportano come predatori, sono veloci e guardinghe. L’impatto fisico è enorme: sono possenti, spostano acqua e strattonano.

Al secondo tuffo un maschio di 8 metri, circa 9 tonnellate: mi sono messa 8 kg di zavorra, sono scesa pochi metri ma è impossibile stargli dietro. Sono enormi, potenti, silenziose e velocissime. Incutono timore e rispetto. E all’inizio tutto questo buio, senza sapere da dove arrivano, ti mette addosso una strana inquietudine. Si sentono sibili e schiocchi in acqua: le abbiamo catturati con un Hidrofono. Sono le femmine che modulano un linguaggio perché ci sono nuovi nati.

Quale è la cosa invece che non rifaresti, naturalmente se esiste.

No rifarei tutto. L’essenza del viaggio è questo confronto estremo e assoluto con la natura, il boato che si sente. Ho fatto un’assicurazione sulla vita e mi sono preparata: non dovevo fare altro.

Dal grande caldo al grande freddo: quali sono i tre luoghi che torneresti a visitare come turista?

Io sono legatissima ormai al Nord, alla Norvegia. Farò un altro viaggio, forse in Nuova Zelanda, sempre per uno studio su questi animali.

Chiara prima di salutarci vorrei sapere quale è l’immagine che è più ricorrente nei tuoi ricordi.

La neve addosso, il mare nero, io che piango a vederle nuotare intorno. Io che urlo e ringrazio il cielo per avermi messa proprio li, con 200 metri di acqua sotto i piedi, e tutta la meraviglia del mondo intorno.

E a questo punto basta solo chiudere gli occhi.

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