L'intervista

A tu per tu con Dianora Tinti, la scrittrice maremmana con tanti sogni nel cassetto

dianora tinti

 

FOLLONICA – Scrittrice, giornalista e blogger, dal 2002 organizza concorsi letterari in un crescendo di successi, non ultimo il Concorso letterario Città di Grosseto “Amori sui generis”, il cui tema è l’amore in tutte le sue sfaccettature.

Fa parte di prestigiose giurie nazionali come quella del Premio letterario Milano International e del Città di Cattolica. Cura la segreteria del notissimo Premio Capalbio, fa parte del comitato editoriale della Pegasus Edition ed è direttrice della collana Passion. Lavora in Provincia dove si occupa di cultura, sociale, istruzione e pari opportunità.

Ha ideato e realizzato il blog “Letteratura e dintorni” (www.dianoratinti.it) dove recensisce libri e intervista autori, e su TV9 (canale 16 del digitale) la seguiamo ormai da anni nella trasmissione “Quante storie vuoi”, dedicata a libri e scrittori, in onda ogni venerdì alle 21,15. Recentemente ha affiancato al blog un’associazione culturale che porta lo stesso nome e di cui è presidente.

Un talento innegabile ed una particolare sensibilità verso un mondo, quello della cultura e del sociale, che le ha regalato riconoscimenti importanti, uno tra tutti il premio “Comunicare l’Europa” ricevuto a Roma nel 2018 presso la Biblioteca della Camera dei Deputati.

Ci incontriamo un pomeriggio in cui il vento la fa da padrone e l’intenzione di farci una bella chiacchierata passeggiando con calma lascia ben presto il posto alla consapevolezza che è sicuramente più opportuno scegliere di sederci all’interno di un bar .

Segno zodiacale gemelli: chi è Dianora Tinti? Cerchiamo di conoscerla meglio…

Sì, ma con ascendente scorpione, che mi regala un po’ più di profondità e spiritualità, parti che spesso mancano ai gemellini, eterni Peter Pan. Chi sono? Beh, non è facile riassumersi. Con una certa approssimazione mi ritengo una passionale per natura e (troppo spesso) razionale per necessità. Mio nonno materno mi aveva soprannominato “Una canna pensante”per il mio fisico longilineo, i capelli chiari e gli occhi curiosi affamati di vita. Ma credo anche per il carattere apparentemente docile che in realtà nasconde, invece, una grande forza e capacità di adattamento alle intemperie della vita. Questo mi ha sempre permesso di mantenere una visione positiva delle cose, difficilmente percepisco qualcosa come sconfitta, semmai come esperienza. “Le manovre regolari portano allo scontro, quelle imprevedibili alla vittoria e il miglior condottiero è colui che vince senza combattere!!” disse il filosofo guerriero Tsun, secoli fa, nella sua “L’arte della guerra”. Ho sempre fatto mio questo concetto che per me vuol dire lottare sì, ma con la ragione, il carattere, l’intelligenza, l’astuzia e anche, perché no, la pazienza. E poi sapersi ascoltare. Non è facile lo so, ma forse solo così, facendo tacere la mente, troppo spesso prigioniera di schemi prefissati, possiamo raccogliere le scintille di verità racchiuse nel nostro cuore. Questa è stata la via che ho seguito nella mia vita e anche quando le circostanze mi hanno assediato come un plotone schierato pronto a colpire, non ho mai ceduto. Soltanto chi mi conosce bene, sa cosa c’è dietro ai miei sorrisi.

Da bambina si vedeva già davanti alla macchina per scrivere?

No, mi vedevo piuttosto nei panni di Indiana Jones. Mi sarebbe tanto piaciuto studiare archeologia, poi però la vita mi ha portato altrove.

E che cosa le ha fatto scattate questa passione?

La voglia di scrivere l’ho sempre avuta dentro. Al di là dell’apparenza, sono molto emotiva, e ogni volta che ho avuto necessità di comunicare qualcosa di importante a qualcuno ho preferito scriverlo piuttosto che dirlo a voce: così sono sempre stata sicura di dire tutto quello che volevo senza il pericolo di lasciarmi prendere dalle emozioni.

Lei è toscana ma ha origini pugliesi. Che cosa porta con sé di queste due magnifiche terre?

Ho padre fiorentino e madre leccese. Nonostante mi senta toscana al cento per cento, ami la Maremma, questa terra magica capace di suscitare ancora strane alchimie e oscuri poteri, porto dentro un nocciolo duro che mi lega al sud, al Mediterraneo. Nodi d’amore e affetto per parenti e amici che non si allenteranno mai. Ho sempre pensato che sono proprio gli affetti che legano ai luoghi, ed io sono legatissima al Salento dove torno in continuazione e dove mia madre continua a vivere, chissà sotto quale forma, nelle acque del mar Ionio, per sua volontà.

Il pizzo dell’aspide è stato il suo primo libro, un’emozione che non si dimentica facilmente immagino.

Il primo libro è come il primo amore, non si scorda mai. E poi Il pizzo dell’aspide, lo scoglio a forma di serpente vicino a Gallipoli dove inizia la storia fra gli adolescenti Antonio e Francesca, mi ha portato tanta fortuna. Ne sono state fatte sedici ristampe. Rimarrà sempre nel mio cuore, per molti motivi. Sicuramente perché ci insegna che l’amore non ha tempo e non ha luogo. Poi perché è una storia vera che mi ha raccontato mia nonna, quella salentina. Ricordo ancora con quanta partecipazione la ascoltai: questi due giovani che, per scelta o per destino, non riuscirono a sposarsi, la loro sofferenza, anche le loro debolezze, la loro vita da amanti, il loro incontrarsi per tutta la vita di nascosto, mi ammaliarono subito. Una storia così, non poteva andare perduta, pensai.

In Storia di un manoscritto, Il giardino delle esperidi, Il pizzo dell’aspide, fino ad arrivare all’ultimo Vite sbeccate, troviamo rispettivamente Laura, Egle, Francesca e Viola, quattro donne e quattro storie diverse ma legate forse da un filo comune: quello sei sentimenti…

Sono sempre stata affascinata dai sentimenti umani e dalla potenza degli affetti perché sono i punti chiave dell’esistenza. Ma anche se non è facile parlarne, io continuo nel mio viaggio all’interno dell’animo umano per portare alla luce la dimensione interiore dei miei personaggi. In questi anni di presentazioni in tutta Italia mi sono accorta che quando si vanno a toccare le corde del cuore tutti sono interessati: donne, uomini, giovani, vecchi, ricchi e poveri. I sentimenti sono l’unica cosa che accomuna tutti. I protagonisti delle mie storie, perché non sono soltanto donne, ma anche uomini ai quali riservo sempre molto spazio, sanno vivere di emozioni, di sentimenti, di gioie e dolori. Come molti di noi, come me. Capaci (non senza difficoltà) di accettare il proprio passato e di perdonarsi, trasformando le avversità, che comunque fanno parte della vita, in vere e proprie opportunità e prendendo da queste nuovi slanci e nuovi entusiasmi.

Concentriamoci su Viola e sulla sua scelta finale di liberarsi dal passato e guardare avanti.

Viola è una delle protagoniste del mio ultimo romanzo Vite sbeccate. Anche lei, a dispetto dell’apparente serenità, vive le sue inquietudini. C’è un passato che torna a bruciarle dentro, da qualche tempo più forte, e che un giorno la spinge a salire in macchina e a dirigersi verso un vecchio luogo caro, dove si ritrova a fissare la tomba di Andrea, l’amore mai dimenticato. La memoria a volte può essere una trappola e ci vuole forza per liberarsi dal suo giogo, ma è sicuramente possibile. Questa storia, peraltro vera, lo dimostra.

In Vite sbeccate c’è posto anche per l’amore malato che si fa possesso e violenza…

Ho voluto scrivere su questo argomento che ogni giorno si fa sempre più allarmante: la violenza sule donne. La mia protagonista, Aliènor, è fuggita da Parigi e da un uomo, Roy, di cui si era innamorata e che aveva sposato. È un uomo complicato, e Aliènor si era fatalmente convinta che avesse bisogno di lei. Una tentazione a cui non aveva saputo resistere e di cui sconta le conseguenze. La realtà si è manifestata peggiore delle apparenze. Botte, violenze fisiche e psicologiche l’hanno resa fragile e insicura. Nonostante ciò, continua a dirsi che Roy potrebbe ancora cambiare se lei lo amasse di più. Anche ora che è stata costretta a rifugiarsi a migliaia di chilometri di distanza, presso le protettive zie che attraverso l’amore per lei riescono finalmente a confessarsi i segreti delle loro vite. Solo quando le cose precipitano e quasi viene uccisa dalla furia dell’uomo, riesce a trovare le forze per ribellarsi e desiderare una nuova vita.

Che cosa si sentirebbe di dire alle donne vittime di violenza, e a tutte le altre, che nonostante tutto sono ancora ancorate al passato?

Che devono rimuovere l’ostacolo più grosso: il senso di colpa, il primo grande scoglio da superare per arrivare alla libertà. Il più delle volte, le donne vittima di violenza pensano di essere loro il vero problema. “Se lo amassi di più… se fossi più accondiscendente… se mi arrabbiassi di meno…se…”. E, ostaggio di questi meccanismi perversi, si sottomettono masochisticamente all’uomo, quasi avessero bisogno di essere punite per espiare chissà quali colpe. Alle altre donne invece direi di non dimenticare il passato, ma di non esserne mai ostaggio. E qui vengono in mente le parole di Nietzsche: “Diventa quello che sei”.

Ed alle nuove generazioni?

Che tutti noi ci muoviamo sul filo della memoria, in un presente che affonda le sue radici nel passato, la conoscenza del quale è necessaria per guardare al futuro. La vita è possibile e foriera di novità positive, se riusciamo a riappacificarci con emozioni e debolezze. Con gli errori e le fragilità nostre e degli altri.

Scrittrice di successo, giornalista, critica letteraria, blogger. Ha anche un sogno nel cassetto?

Ne ho tantissimi. E come ho scritto nel mio romanzo Storia di un manoscritto, il segreto della vita sta nella curiosità, ed io sono ancora curiosissima.

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